Green pass Sicilia, caos dopo l'ordinanza del presidente Musumeci

L'opinione di Santo Fabiano
Politica
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La questione della “certificazione verde”, più nota come “green pass” provoca malcontenti e divisioni e diventa sempre più un “caso burocratico” in cui si rivela tutta la vocazione italiana della complicazione delle questioni semplici.

Già qualche giorno fa il Ministro dell’Interno aveva esordito affermando che l’accesso ai ristoranti e bar, pur essendo consentito solo a chi fosse in possesso della certificazione, agli esercenti non era consentito chiedere le generalità dei clienti, scatenando l’ilarità di chi immaginava di accedere a qualsiasi locale con un green pass in prestito. Questa affermazione fu corretta e “precisata” qualche giorno dopo con una circolare del Capo di Gabinetto che, in perfetto stile burocratese, non smentisce, ma nella sostanza afferma che la questione non era proprio come era stata presentata e che era già regolata da una norma precedente.

In questi giorni, sullo stesso tema, gli onori della cronaca vanno, invece, alla Regione Sicilia, il cui presidente (che ancora molti, anche tra i giornalisti, si ostinato a chiamare Governatore, come se fossimo negli USA), mosso dal desiderio di fare qualcosa di originale, il 13 agosto, emana una “ordinanza contingibile e urgente” (cioè di quelle di estrema necessità, la cui violazione comporta gravi sanzioni) con la quale si afferma si vieta l’accesso agli uffici pubblici a coloro che non siano in possesso del green pass, prescrivendo che chi non avesse quella certificazione avrebbe dovuto servirsi dei servizi comunali esclusivamente con modalità telematica e/o comunque da remoto.

È inutile dire che la decisione ha generato scompiglio e nuova ilarità. Qualcuno ha osservato che non tutti i servizi si possono prestare in modo telematico. Qualcuno ha rilevato che in una regione la cui popolazione raddoppia in estate per effetto del turismo, il pericolo di contagio non proviene dalla frequentazione degli uffici, ma dagli assembramenti nei concerti e nelle discoteche. Qualcuno ha rilevato dubbi di costituzionalità e sperato in un intervento governativo per mettere ordine e dare certezze alla riapertura degli uffici.

L’unico a intervenire, a sorpresa, è stato il Garante della Privacy che ha inviato una nota manifestando qualche dubbio sull’applicabilità dell’ordinanza. A dire il vero anche questo intervento non trova giustificazioni. In un momento in cui baristi e ristoratori possono chiedere ai clienti di identificarsi e mostrare il green pass, non si comprende perché la stessa richiesta violerebbe la privacy se fatta da un pubblico ufficiale.

Però l’intervento del Garante ha salvato capre e cavoli e ha consentito al Presidente-governatore di emanare un comunicato con il quale ha dichiarato di sospendere l’ordinanza nell’attesa dei chiarimenti, ma la confusione è rimasta perché l’ordinanza, con il suo carico di sanzioni, è rimasta in vigore.

Nel frattempo, nell’assoluto silenzio del governo, il 16 di agosto gli uffici siciliani riaprono, alcuni, fedeli all’ordinanza, solo per chi ha il green pass, altri fidandosi del comunicato, aprono a tutti, altri ancora non aprono affatto, perché così come è scritta l’ordinanza, il divieto riguarda anche i dipendenti e qualche furbetto ne approfitta per negare di essere vaccinato e andare al mare invece che in ufficio.

Ma, nonostante il caos imperante il presidente siciliano non ha alcuna intenzione di tornare sui suoi passi e lo stesso 16 agosto, piuttosto che revocare l’atto incriminato, ordina al dirigente della protezione civile di emanare una “circolare” con la quale, nella sostanza si sospende l’efficacia dell’ordinanza presidenziale, si precisa che il divieto non riguarda i dipendenti e si afferma che se i servizi non sono fruibili da remoto, si potrà andare in Comune.

È inutile dire che la questione aggiunge nuova confusione a chi giustamente si pone una domanda: come può una circolare di un dirigente regionale sospendere l’efficacia di un’ordinanza contingibile e urgente?

Chi vive nell’isola avverte la confusione determinata da quell’ordinanza, che essendo comunque in vigore può prestarsi al rischio di denunce da parte di qualche divertito buontempone.

Ma soprattutto pesa il silenzio assoluto del Governo che avrebbe dovuto esprimersi per chiarire la questione, anche perché gli uffici di cui si tratta prestano servizi pubblici di rilevanza statale.