Guerra in Ucraina, ma il problema non è Zelensky al Festival di Sanremo
Il “sì” o “no” a Zelensky al Festival di Sanremo accende lo scontro politico e divide persino gli schieramenti disorientando gli italiani, ridotti a fan
Zelensky a Sanremo: si può oggi realisticamente non sostenere il popolo ucraino, pur sapendo quanto ciò costi? Il commento
Il “sì” o “no” a Zelensky al Festival di Sanremo accende lo scontro politico e divide persino gli schieramenti disorientando gli italiani, ridotti a fan. Zelensky non è una star in cerca di audience, è il presidente di una nazione aggredita che si batte per la propria indipendenza anche grazie al sostegno dell’Occidente, Italia compresa. La polemica in corso è una questione di lana caprina che non sposta di un acca il vero problema: come fermare la guerra in Ucraina. Guerra non piovuta dal cielo.
C’è un aggressore, la Russia di Putin. C’è un aggredito, l’Ucraina di Zelensky. Guerra che dopo quasi un anno è già costata migliaia di morti e feriti, distruzioni immani nel paese aggredito, pesanti ripercussioni sull’economia internazionale, rischi per la pace mondiale.
I due minuti concessi dalla Rai al presidente ucraino non modificano la questione di fondo che resta una questione politica, dove al netto dei limiti e degli errori di Zelensky, degli Usa, della Ue, della Nato, c’è la logica di Putin e della sua cricca di voler annientare l’Ucraina per procedere poi a Ovest, fin dove non si sa.
L’Italia, l’Europa, l’Occidente non possono rimanere neutrali e “farsi i fatti propri” magari cercando un accordo farlocco con Putin, escludendo Zelenky. Come non ricordare la conferenza di Monaco del 29-30 settembre 1938 fra i leader di Regno Unito, Francia, Germania e Italia con il patto di non belligeranza con Hitler che prevedeva anche l’assenso all’occupazione militare dei Sudeti da parte della Germania nazista e che sfocerà poi nella tragedia della seconda Guerra mondiale?
Oggi neppure Putin fa più riferimento alla “balla” usata il 24 febbraio 2022 quando tentò di giustificare l’invasione con l’obbligo morale di proteggere le popolazioni russe e russofone della regione orientale del Donbass, a suo dire “vittime di genocidio”. Semplificando al massimo, in Ucraina (44 milioni di abitanti con 8 milioni di russi nell’ultimo sondaggio 2001) nessuno vuole passare sotto Mosca che equivarrebbe tornare alla dittatura post sovietica.
E in occidente chi oggi, vista la situazione economica e lo stato dittatoriale di fatto, vorrebbe passare sotto Putin, al potere con le intimidazioni, la violenza, gli omicidi? Questi i nodi. Da qui si deve partire. Non è vero che se la Russia di Putin conquista l’Ucraina, la pace in Europa e nel mondo sono garantite. La pioggia dei missili russi continua prima dell’arrivo dei nuovi temuti carri armati occidentali che, va ribadito, restano comunque armamenti di difesa. L’Occidente non può andare oltre, passando agli armamenti offensivi, come aerei d’attacco e missili a lunga gittata.
Si va verso la primavera e i russi, pur provati (armamenti tradizionali obsoleti, necessità di acquisto armamenti da Cina e Iran, Corea del Nord), sono decisi a sferrare la controffensiva militare. Altri morti e feriti, altre distruzioni. Nuove ripercussioni negative sull’economia mondiale e nuove tensioni internazionali. Che fare? Non saranno i primi 54 (dei 150) nuovi carri armati occidentali, pur tecnologici e superiori ai tank russi, comunque armamenti difensivi, a cambiare le sorti del conflitto, tanto meno a fermarlo. Ciò significa prosecuzione della guerra.
Senza il sostegno occidentale Putin chiuderebbe la questione in poco tempo con conseguenze pesantissime, ben oltre i confini dell’Ucraina. Far parlare Zelensky al Festival di Sanremo non è cercare audience ma dimostrare anche così al martoriato popolo ucraino che non è solo. Quel popolo è ben più esausto degli italiani, degli europei, degli occidentali, pagando sulla propria pelle, spesso con la propria vita e con la vita dei propri cari, le mire espansionistiche di Putin. Il capo del Cremlino deve sapere, in tutti i modi, anche con il messaggio dal festival di Sanremo, che è isolato e che, continuando così, rischia di portare alla rovina, oltre la Russia, il mondo intero.
Non è questo il momento di essere super partes. Persino la Cina non asseconda le mire espansionistiche del rais del Cremlino ben sapendo che anche cedendo territori Putin non si fermerà. Il tavolo di pace è auspicabile ma oggi non ci sono le condizioni. Ci si può sedere a un tavolo di pace senza Zelensky, da una parte la Russia e dall’altra gli USA?
Sul campo sono gli ucraini che continuano a pagare, anche con la vita, per l’aggressione di Putin che continua a minacciare a voce alta ma che, evidentemente, sente le ondate di dissenso di chi, in primis i suoi amici oligarchi arricchitisi con l’Occidente, capisce che il rischio diventa sempre più alto e che tutto, anche all’interno, può crollare.
Non sappiamo cosa dirà Zelensky a Sanremo nel suo video di due minuti. Di certo non dirà di mettersi nelle fauci di Putin e non chiederà di farlo all’Italia e all’Occidente. Si può, oggi, realisticamente non sostenere Zelensky e il popolo ucraino, pur sapendo quanto ciò costi, non solo economicamente, all’Italia e all’Occidente?