Il legame con Musk un segnale a Trump (e a Salvini). Il senso politico del viaggio di Meloni negli States
Dall'America Latina all'Africa, così la premier tesse la tela dei rapporti internazionali
Elon Musk - Giorgia Meloni -
Per la premier è già tempo di rientrare per tornare a occuparsi di legge di bilancio, extraprofitti bancari, assicurazioni contro gli eventi atmosferici e le altre grane della maggioranza di governo
È visibilmente soddisfatta Giorgia Meloni al termine della sua missione di tre giorni a New York. Un programma intenso, che l’ha vista dapprima incontrare i vertici di alcune delle più grandi multinazionali delle telecomunicazioni per valutare loro possibilità di investimento in Italia, poi ricevere dalle mani di Elon Musk il prestigioso premio annuale dell’Atlantic Council e infine intervenire (in più occasioni) all’Assemblea generale dell’ONU per ribadire i capisaldi della politica estera italiana.
Chi la conosce bene scommette che la premier della destra si stia persino gustando la reazione oggettivamente scomposta della sinistra televisiva davanti a quello che è oggettivamente stato un punto - l’ennesimo - a favore di Meloni nella sua capacità di tessere relazioni internazionali. Tra le fila dei meloniani non è passata inosservata la “mostrificazione” di Musk andata in onda nelle scorse ore in vari salotti tv.
La premier però è convinta di essere riuscita a ribadire la coerenza del suo impegno a favore dell’Ucraina, nonostante la posizione contraria del governo italiano alla fine delle restrizioni sull’utilizzo delle armi occidentali in territorio russo. E a farlo proprio mentre si faceva premiare da Elon Musk, il magnate americano assurto a testimonial del trumpismo 2024.
Per quanto i due possano aver più o meno parlato a margine di possibili investimenti in Italia delle società di Musk nel campo della comunicazione satellitare (che peraltro Musk fornisce proprio all’Ucraina) e dello spazio, non c’è dubbio che il connubio Meloni-Musk serva anche a dare un messaggio chiaro a destra: a Donald Trump, la cui vittoria Meloni non vedrebbe di cattivo occhio nonostante i buoni rapporti costruiti con Joe Biden; a Salvini, i cui scambi di amorosi sensi con il patron di Tesla, SpaceX e Starlink si sono fatti sempre più frequenti; a Viktor Orban, che punta a ritagliarsi il ruolo di referente europeo di Trump. Meloni si copre a destra dunque, perché la vittoria di The Donald il prossimo 5 novembre rimane un’opzione più che possibile e la leader di FdI non intende farsi trovare in fuorigioco ; ma lo fa nel nome del “nazionalismo occidentale”, dei valori di libertà, democrazia e sovranità minacciati dalle autocrazie come Russia e Cina.
E lo fa non dimenticando la vicinanza alla causa dell’opposizione venezuelana anti-Maduro, perché anche l’America Latina rientra in quella guerra ibrida che l’Occidente rischia di perdere. Non a caso filtra la possibilità che in occasione del prossimo G20 in Brasile Meloni possa fare tappa in Argentina al fianco del vulcanico Javier Milei (incontrato anche a New York), considerato l’altro astro nascente della destra globale. Insomma, Meloni - che fino a fine anno presiederà il G7 - continua a coltivare il profilo di una destra di governo, conservatrice ma senza alcuna ambiguità verso i regimi non democratici.
Lo fa anche portando i suoi Fratelli ad aderire all’IDU (International Democratic Union), l’organizzazione internazionale che raggruppa 80 partiti popolari e conservatori in tutto il mondo. Lo fa interloquendo col presidente turco Erdogan su Medio Oriente e Ucraina, con quello bengalese e premio Nobel Yunus e con molti altri. E lo fa non rinunciando ai suoi cavalli di battaglia: la lotta globale contro i trafficanti di esseri umani, il Piano Mattei per l’Africa, la regolamentazione dell’intelligenza artificiale. E mentre i social ancora rimbalzano l’intervento di Meloni in perfetto inglese davanti alla esigente platea dell’Atlantic Council, per la premier è già tempo di rientrare per tornare a occuparsi di legge di bilancio, extraprofitti bancari, assicurazioni contro gli eventi atmosferici e le altre grane della maggioranza di governo.
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