Il nuovo scivolone del garante della Privacy: blocca ChatGpt e ci ridicolizza

Siamo stati i primi al mondo a bloccare il programma e la notizia ha permesso ancora una volta di conquistare per l’Italia il primato della inopportunità

Di Giuseppe Vatinno
chatGPT
Politica

Il garante della privacy colpisce ancora: chiusa ChatGpt

L’Authority per la Privacy colpisce ancora e lo fa nel modo peggiore possibile bloccando la ChatGPT, l’Intelligenza Artificiale di cui parla tutto il mondo. Lo fa con motivi risibili e cioè con la solita favoletta della protezione dei dati dell’utente. L’Autority è quell’Ente più o meno inutile che ci impedisce da decenni di navigare tranquillamente on-line chiedendoci ad ogni piè sospinto di accettare norme sui cookie, restrizioni e codicilli. Un vero flagello informatico nato sulla carta –come al solito- con le migliori intenzioni e cioè proteggere i dati degli utenti e poi trasformatosi nell’esatto suo opposto e cioè uno strumento di intralcio e tortura telematica che impedisce appunto di navigare.

Ma poiché l’Italia ha il primato della negatività mondiale ieri è giunta la notizia che Piazza Venezia ha bloccato l’accesso italiano al sito di Intelligenza Artificiale perché appunto i dati degli utenti non sarebbero al sicuro cioè gli stessi dati che hanno supermercati, negozi, chiese, banche e che permettono di identificare esattamente la composizione tricologica di quelli che gli inglesi definiscono eufemisticamente “buchi di gloria” degli utenti. La misura è anche inutile perché si o può utilizzare un banale VPN, cioè un Virtual Private Network per eluderla, ma teniamo a dire che questo non si fa e non è da bravi cittadini farlo. È quello che però fanno normalmente tutti gli utenti sottoposti a regimi non democratici.

Ma resta l’impatto emotivo. Infatti siamo stati i primi al mondo a bloccare il programma e la notizia ha permesso ancora una volta di conquistare per l’Italia il primato della inopportunità. La società che gestisce la Chat è l’americana OpenAI e non ha potuto fare altro che adeguarsi alle strampalate richieste italiane. Peccato che ChatGPT sia attualmente utilizzata in tutto il mondo e sia lo strumento tecnologico più interessante e promettente per lo sviluppo scientifico. 

Naturalmente la decisione presa sulla gestione dei dati non è la vera causa del blocco, centra poco o niente. Si tratta piuttosto della solita pruderie antitecnologica italiana che tanti danni ha portato al nostro Paese e sta continuando ad apportare facendoci perdere l’ennesimo treno della competitività.
Siamo certe che gli zelanti custodi della nostra identità digitale di Palazzo Venezia abbiano agito non per proteggerla, visto che tutti la conoscono, ma bensì per avere il quarto d’ora di notorietà garantito nella diatriba mondiale sulla opportunità di sviluppare ulteriormente una Intelligenza Artificiale ma questo non autorizza certo a bloccare la ricerca e soprattutto la fruizione utilizzando peraltro i soliti bizantinismi italiani. Non si ha il coraggio di contestare apertamente e allora si usano metodi subdoli.

Non spetta certo all’Authority per la Privacy occuparsi di questi problemi globali che vedono impegnata la comunità scientifica e tecnologica mondiale in un dibattito serrato ed infatti siamo stati il primo e finora unico Paese al mondo a prendere questa decisione che sa molto di antri oscuri e inquisizione medievale, sia pur digitale. Si vuole fermare la ricerca in maniera surrettizia e poco intelligente. Speriamo che il governo intervenga rapidamente a rimettere al posto le cose e visto che siamo in tempi di rinnovamento dell’Alta dirigenza statale si potrebbe pensare a rendere un po’ più moderna una istituzione che non è vista esattamente bene dai milioni di utenti italiani del web e che ora si trova al centro dell’ironia mondiale: i soliti italiani.
 

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