Il paradosso della Francia barricadera: fame di grandezza e cupio dissolvi

Lo spirito francese oscilla tra la fame di grandezza e l’impellenza di abbattere l'autorità solo per il gusto di contemplare il vuoto

di Lorenzo Farrugio
Le Pen - Bardella  -  Macron
Politica

Il paradosso della Francia barricadera: dalla fame di grandezza al cupio dissolvi

La Francia è una repubblica barricadera a cui di tanto in tanto piace farsi governare da un imperatore. L'animo dei francesi è un pendolo che oscilla tra la volontà di potenza e il cupio dissolvi (il desiderio di autoannientamento), la fame di grandeur e il degagisme, che si traduce nell’abbattere il potere senza ambizione di sostituirlo, solo per il gusto di contemplare il vuoto. I francesi hanno sempre inseguito la forza perché sanno di non possederla, avendola vista all’esercizio con Carlo Magno, il Re Sole, Napoleone e de Gaulle. Ma gli eredi dell’Illuminismo sono avidi anche del brivido della Shadenfreude (il piacere che si prova di fronte alla disgrazia altrui) e inesorabilmente attratti dal richiamo verso il vuoto. La Francia è al contempo la patria dell’assolutismo e la culla della democrazia moderna. Gli annali di questa nazione sono disseminati di rivolte contadine, le jacquerie, avvenute secoli prima della Rivoluzione francese. Il Paese è il primo teatro al mondo in cui le masse irrompono nella Storia e nella scena politica. In meno di un secolo la stessa nazione arride all’apogeo del Re Sole e taglia la testa al suo monarca, Luigi XVI. La Rivoluzione francese sfocia prima nel Regime del terrore di Robespierre e poi nella nascita del bonapartismo.

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Dopo la caduta di Napoleone nel 1815, nell’arco di poco più di cinquanta anni a forza di insurrezioni popolari l’Esagono passa attraverso un Ancien Régime restaurato, una monarchia costituzionale, una repubblica che elegge un imperatore (Luigi Napoleone) per suffragio universale e infine una Comune socialista. Sfumato il piano di tornare alla monarchia, durante la Terza Repubblica (1870 – 1940) per 70 anni cade un governo ogni 7 mesi, mentre durante la Quarta Repubblica (1946 – 1958) uno ogni 5. Infine nel 1958 nasce la V Repubblica dietro la minaccia di un golpe da parte dei generali francesi di stanza in Algeria e a colpi di referendum (anche al limite dell’incostituzionalità). Alle sue origini questo nuovo assetto di governo viene battezzato dal futuro presidente – faraone Mitterand il “Colpo di Stato permanente”. L’architettura istituzionale concepita da de Gaulle attribuisce forti poteri di indirizzo al Presidente della Repubblica e ne separa le sorti dagli esecutivi. Questi ultimi fungono da parafulmine per le tensioni sociali, finendo per essere sostituiti in media ogni anno e mezzo. La Repubblica francese si guadagna così l’epiteto di “monarchia presidenziale”.

Tuttavia la vita deborda sempre dagli argini e dalle forme. La stabilità delle istituzioni della V Repubblica non ha sanato lo scollamento tra popolo e classi dirigenti. I gilet jaunes e le proteste contro la riforma delle pensioni, la polizia e la Politica Agricola Comune dell’UE sono solo le ultime tappe di un’inquietudine sociale che ciclicamente riesplode.

Eppure nei momenti decisivi degli ultimi 66 anni il front républicain contro l’estrema destra, l’effetto bandwagon (con l’allineamento dei mandati del capo dello Stato e dell’Assemblea Nazionale), il rally round the flag effect (in presenza di instabilità interna o guerre) hanno di volta in volta assicurato all’inquilino dell’Eliseo una maggioranza presidenziale. Nelle ultime legislative si è innescato solo il front républicain. Cionondimeno la marea antisistema è qui per restare. Sotto la guida dei Le Pen e Jordan Bardella, la formazione di estrema destra Rassemblement National ha avuto accesso al ballottaggio delle presidenziali già 3 volte ed è arrivata prima nelle ultime 3 elezioni europee. Lo sdoganamento dei partiti antisistema si è pienamente compiuto quando questi al primo turno delle legislative del 2022 hanno ottenuto il 55% dei voti, diventando maggioranza nel Paese. Il tempo può rimescolare gli equilibri interni a questo fronte ma non intaccare l'ammontare complessivo del suo consenso. Lo dimostra il caso dell’Italia dove nel 2022 è salito al potere Fratelli d’Italia, dopo che nei 4 anni precedenti si erano alternati alla guida della nostra nazione il Movimento 5 Stelle e la Lega, in vari assetti di governo insieme ad altre forze parlamentari.

Durante la pandemia e la crisi energetica conseguente all’invasione dell’Ucraina, Macron ha dispiegato una poderosa rete di protezione sociale, al grido di battaglia di eco draghiana “whatever it costs”. Il tasso di disoccupazione alla fine del 2023 ha toccato il suo minimo degli ultimi 40 anni e da quando è in carica l’attuale Presidente della Repubblica sono state create 6 milioni di imprese.

Nel 2022 la spesa statale francese era la 2° più alta al mondo dopo quella della Norvegia (se escludiamo la Libia e una manciata di microstati del Pacifico), assorbendo il 58,4% del PIL. Il rapporto debito/PIL è passato dal 65% del 2004 al 110% del 2024.

Ciò nonostante i francesi si ritrovano oggi con 7100 scuole elementari statali in meno rispetto al 2005 e un numero di posti letto negli ospedali dimezzato nell’ultimo quarantennio. Nel 2022 il 10% più ricco della popolazione deteneva il 57,7 % della ricchezza patrimoniale, più di 10 volte quella in mano al 50% più povero dei francesi. La disintermediazione, l’approccio da leader pigliatutto, l’intransigenza sulle manifestazioni pubbliche della fede islamica sono tendenze già ravvisabili nei predecessori di Macron che Le Pen ha fatto proprie. Per l’aspirante primo ministro Bardella, Parigi sarebbe valsa una messa. Tuttavia Marine Le Pen sa che un’affermazione netta alle legislative sarebbe equivalsa a una vittoria di Pirro in vista delle elezioni presidenziali del 2027. Di fronte a un parlamento uscito dalle urne senza una chiara maggioranza e le difficoltà delle altre forze politiche nel trovare una quadra per formare un esecutivo, la leader del Rassemblement National può ancora paradossalmente presentarsi come l'unica garante della stabilità futura. "Me o il caos" è il bivio che lascia intravedere.

Sapendo di non poter piegare il fato, de Gaulle ammetteva: “Come si può governare un Paese che ha 246 varietà differenti di formaggio?”. Ebbro del suo stile jupiteriano, Macron ha invece scambiato l’Eliseo con l’Olimpo. “Non illuderti che essere sovrano per i mortali sia vera potenza”, ammonisce Euripide ne “Le Baccanti”. In questa tragedia dell’antica Grecia il re di Tebe finisce con la testa mozzata dai seguaci di Dioniso, il dio degli istinti irrazionali nato da quel Giove che Macron si è illuso di poter imitare.

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