Imparato: "Caso Arianna Meloni? Magistratura vittimista. Santalucia, anche le toghe si possono criticare"
Il sostituto procuratore sull'indignazione del presidente dell'Anm: "La magistratura vive male il proprio ridimensionamento". Commento
SANTALUCIA
Caso Arianna Meloni, il pm Imparato: "Magistratura istituzione vittimista. Siamo fallibili anche noi"
Questa mattina ho avuto modo di leggere l’intervista del Presidente dell’A.N.M. Santalucia, il quale esprime la sua indignazione per le accuse rivolte alla Magistratura in merito ad una presunta indagine a carico di Arianna Meloni. Ora voglio condividere una riflessione da cittadina prima e da magistrato poi: il reato di pettegolezzo non è ancora un reato codificato, perché di questo –ad oggi- si sta parlando.
L’aspetto però che non condivido assolutamente è ancora questo atteggiamento di lesa maestà istituzionale che una parte della Magistraura ha stabilmente, di vittimismo. Non è che l’Istituzione Magistratura non si possa criticare perché “altrimenti ci arrabbiamo e chissà …”. La politica viene criticata tutti gli istanti, le Forze di Polizia idem, i Medici tartassati, gli insegnanti peggio che andar di notte, ma la Magistratura attenzione no! Allo stesso modo mi chiedo come mai questa indignazione da parte di alcuni colleghi più anziani non sia stata palesata anche negli anni bui, su fatti emersi solo grazie alle attività d’indagine.
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Ci si indigna di cosa? Come se la Magistratura non avesse storicamente mai avuto condotte da parte di alcuni colleghi, con ruoli di vertice, illecite. Non uno qualunque, ma proprio il predecessore di Santalucia, Luca Palamara. Il quale, riferendosi a Matteo Salvini, asseriva che lo stesso andasse fermato, ed oggi perché dovremmo avere ancora una credibilità illibata? Siamo –giustamente- trattati alla stregua di tutte le altre Istituzioni. Mi chiedo quale Istituzione avrebbe tutta la visibilità che ha la Magistratura sui giornali, in televisione, ricevuta dai vertici stabilmente, presente nella quasi totalità dei dicasteri, l’unica Istituzione che ha un’asprezza dei toni nei confronti del “proprio” Ministro, democraticamente scelto, che, troppo spesso, va ben oltre i toni dovuti.
Guardate non lo dico io, ma Palamara nel corso di un’intervista a Massimo Giletti a “l’Arena” ha dichiarato “ci siamo arroccati, siamo diventati una casta, di cui facevo parte anche io...”, non era uno qualunque, ripeto, era il Presidente dell’Anm, vuol dire il Magistrato con il consenso elettorale personale più alto d’Italia, che parlava di casta, ma per essere una casta ci vogliono più persone, forse gli altri “casti” –che ancora sono verosimilmente in giro - si sono persi… .
La Magistratura è un’Istituzione ricca di intelligenze eccezionali sicuramente, ma poiché composta da esseri umani, come tutte le altre, è fallibile. Ma certamente, come Magistrato, non mi sento minimamente lambita da un articolo giornalistico che può essere più o meno tagliente, perché so bene che non realizzerei mai –almeno io personalmente- una condotta illecita. Siamo spesso per primi Noi Magistrati ad avere la sensazione che alcuni colleghi indirettamente danneggino la categoria, poiché ritengono che la Magistratura sia diventata quasi uno status symbol, dove è "figo" avere la scorta più grande, altrimenti non conti -scorta che quando necessaria è sacrosanta, ma non per andare allo stadio e sedersi in mezzo a 60.000 persone-.
Colleghi apicali che hanno ceduto alle sirene della politica, questioni di opportunità troppo spesso non tenute in debita considerazione. Si pensi che, ad esempio, in una stessa Corte d’Appello, due Procuratori Capi ed un Presidente di Corte d’Appello sono stati candidati nel giro di pochi anni –tutti- dalla stessa autorità politica areale appena sono andati in pensione; che quello stesso Tribunale, su richiesta della locale Procura Distrettuale, emetteva un’ordinanza di custodia cautelare in carcere con isolamento nei confronti di un politico –di area opposta rispetto a quella in cui sono stati candidati gli ex colleghi- che poi sarà dopo 10 anni di processo assolto nei vari gradi di giudizio. Altri ancora che pubblicizzano i loro libri dicendo “Così ho catturato il boss tizio”, vi porto nel bunker, quando in realtà, non essendo il loro ruolo naturale ma della Polizia Giudiziaria, non conoscono neanche quale sia la porta di casa del latitante o che faccia abbia, ma non appena si accende una telecamera si insediano nel bunker, perché fa molto figo.
Ma il P.M. non fa questo: vogliamo dire che indirizza sì le investigazioni, ed anche qui ci sarebbe da parlare, ma in realtà “controlla” la legittimità giuridica dell’operato delle Polizie Giudiziarie curandone le successive fasi dibattimentali. Questo va detto, altrimenti i futuri giovani colleghi, “truffati” dalle comparsate televisive dei volti noti della magistratura, potrebbero rimanere delusi del futuro lavoro.
Mi ha fatto riflettere anche un altro aspetto: che l’Anm si sia lamentata della Riforma Nordio, dello svincolo della Polizia Giudiziaria. Personalmente ritengo che questa potrebbe rappresentare una salvezza per la Nostra Nazione e mi spiego. Come giustamente era emerso nel caso Palamara, il connubio Forza di Polizia – Magistratura, se impropriamente correlato, può essere letale. Vedete, è inutile che si neghi: la verità dello stato dell’arte è questo. Alcuni colleghi, per lunga permanenza nei territori e per influenza, diventano dei Ras nei territori, talmente forti per storia e per entrature, che sono in grado –molte volte - di incidere finanche nella scelta dei vertici locali che investigano.
Si creano delle vere e proprie cordate che ne decretano spesso gli avanzamenti di carriera, la possibilità di approdare ai Reparti ritenuti elitari nelle investigazioni. E che dire - si sarà vistao la notizia di pochi mesi fa - di che cosa è venuto fuori a Perugia, con il presunto dossieraggio a danno di politici. Per cui si possono creare –spesse volte- dei legami troppo forti che, a mio avviso, non sempre assicurano il buon andamento delle Pubbliche Amministrazioni e credo che, non a caso, il Legislatore questo lo abbia capito e voglia –giustamente- interrompere questo legame.
La mia analisi circa le frizioni di questi ultimi anni tra politica e magistratura è semplice: la Magistratura sta vivendo male il ridimensionamento del proprio potere. Un Magistrato assicura una permanenza di decenni ai vertici, la politica è volubile, i Governi si alternano molto rapidamente, e questa circostanza nel corso del tempo ha sedimentato nella Magistratura il vero potere, quello stabile (l’unico realmente stabile), motivo per cui ritengo che i vertici delle altre Istituzioni –storicamente- abbiano avuto “maggiore sensibilità” nei confronti del Potere Giudiziario piuttosto che del vertice politico. Oggi il potere politico, verosimilmente, si sta riappropriando del potere Costituzionalmente previsto. E questo cambiamento, come tutti i cambiamenti, ha scosso gli animi.
Non comprendo perché si alzino le barricate contro il potere Esecutivo, qualunque esso sia, allorquando quest’ultimo provi a portare avanti la propria linea di Governo per cui ha avuto l’investitura diplomatica. Mi sembra che in alcuni colleghi sia rimasto l’animus del movimento studentesco che occupava scuola per protestare contro le direttive della Preside di turno. Noi Magistrati siamo i primi a dire che le leggi si applicano ed anche per Noi –ovviamente- vale la stessa regola.
Per cui, in conclusione, dopo questa breve disamina, storicamente parlando, così come piace dire alla parte “acculturata” della Magistratura, non credo che sia proprio una follia che un leader politico, un capo segreteria di partito, dello stesso partito che ha varato la riforma tanto osteggiata dall’Anm, si possa preoccupare, ma non perché accadrà –ovviamente- nuovamente, ma per conoscenza dei fatti storici, perché già un Magistrato, che aveva ai tempi lo stesso ruolo e la stessa legittimazione del Presidente Santalucia, ci aveva pur solamente pensato.
E poi, non si può negare che non tutte le attività investigative hanno lo stesso peso, la stessa importanza, e l’importanza –sfido chiunque a negarlo- è data si dal reato contestato ma soprattutto dal nome dell’indagato, per cui è ovvio che il Presidente Santalucia debba negare, dall’alto del suo ruolo, i fatti, ma quest’ultimo lo può sostenere unicamente come un normale cittadino, perché non credo che lo stesso possa mai, per legge, avere cognizione di cosa sia pendente nelle Procure Italiane. Tradotto: se esista o meno un fascicolo su Arianna Meloni.
*Sostituto Procuratore della Repubblica, Consulente Commissione Parlamentare Ecomafie presso la Camera dei Deputati, Consulente Giuridico Ministero della Difesa e docente presso il Centro Alti Studi della Difesa e Covi.