Inno nazionale: dopo 79 anni, la Repubblica dà finalmente voce a Mameli. E ora si inserisca nella Costituzione

Il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di decreto per regolare l’utilizzo dell’Inno nazionale. Si conclude un iter iniziato con la nascita della Repubblica

di Enrico Passaro*
Bandiera italiana
Politica

Dopo 79 anni, la Repubblica dà finalmente voce a Mameli

Il Consiglio dei Ministri n. 118 del 13 marzo ha approvato lo schema di decreto del Presidente della Repubblica che regola le modalità di esecuzione dell’inno nazionale negli eventi istituzionali e pubblici. Di cosa si tratta precisamente? La vicenda dell’inno nazionale repubblicano è lunga e travagliata.

All’indomani del referendum del 2 giugno 1946 il Regno d’Italia cessò di esistere e il Paese si ritrovò, com’è noto, in una repubblica. Con la monarchia si esaurirono anche le forme simboliche e protocollari affermatesi a partire dal 17 marzo 1861, data in cui un regio decreto del Regno di Sardegna sanciva la nascita del nuovo Stato unitario. Fra queste, la bandiera e l’inno. Per la prima la questione si risolse facilmente: bastò eliminare lo scudo di Casa Savoia dal vessillo e il tricolore a “tre bande verticali di uguali dimensioni” ufficialmente fu adottato anche nella nuova Costituzione (articolo 12).

Per l’inno le cose apparvero più complicate. L’inno del regno era la Marcia reale, che era decisamente improponibile per la nuova forma di Stato; tra l’altro, in una versione cantata non ufficiale esordiva con un solenne “Viva il re” ripetuto più volte. Bisognava quindi scegliere un inno per la repubblica. Cosa decidere? Il dibattito in seno all’Assemblea Costituente e al II Governo De Gasperi risultò abbastanza acceso. Quale scegliere fra “Il Canto degli Italiani” di Goffredo Mameli, “La leggenda del Piave” di E.A. Mario, il “Va pensiero” dal “Nabucco” di Giuseppe Verdi, l’ “Inno di Garibaldi” di Luigi Mercantini (lo stesso autore de “La spigolatrice di Sapri”) o l’ipotesi di un canto completamente nuovo? Una competizione degna del miglior festival di Sanremo!

Come spesso è accaduto nella politica nostrana, il tempo passava senza giungere ad una soluzione. Intanto però si avvicinava una solenne celebrazione da tenersi all’Altare della Patria, la prima della repubblica: la festa delle forze armate, da tenersi il 4 novembre, data rievocativa della fine della Prima Guerra Mondiale. Potevano le nuove istituzioni presentarsi senza un inno ufficiale in una occasione così importante? Certamente no! Bisognava prendere una decisione. Fu così che nel Consiglio dei Ministri del 12 ottobre fu sancito e verbalizzato che “provvisoriamente, si adotti come inno nazionale l'inno di Mameli”. A pochi giorni dal grande evento del Vittoriano, l’Italia repubblicana aveva il suo inno. Decisione evidentemente sofferta e non unanime, se si considera quel “provvisoriamente” riportato nel comunicato ufficiale.

L’inno di Mameli rimase provvisorio negli anni a venire, sebbene regolarmente suonato e cantato nelle cerimonie istituzionali pubbliche, nei raduni militari, nelle manifestazioni sportive, perfino nelle prime delle stagioni concertistiche della Scala. Solo il 4 dicembre del 2017 la Legge n. 181 riconobbe formalmente e definitivamente il “Canto degli italiani” di Goffredo Mameli e lo spartito musicale originale di Michele Novaro quale inno nazionale della repubblica.

Nella stessa legge veniva inoltre precisato che con successivo D.P.R. si sarebbero dovute stabilire le modalità di esecuzione dell’inno. L’iter di fatto non è quindi ancora terminato, ma la decisione del Consiglio dei Ministri del 13 marzo scorso è appunto riferita a questo secondo aspetto e lascia intravedere finalmente la conclusione dell’annosa vicenda. Manca solo la firma del Capo dello Stato e il decreto sancirà anche i contenuti formali dell’esecuzione.

Gli autori dell’inno troveranno finalmente pace e piena soddisfazione per il loro lavoro compiuto nel lontano e risorgimentale 1847. I versi di Mameli e la musica di Novaro sono riconosciuti definitivamente nella normativa della nazione. Una legge e un regolamento ne fanno giustizia. Ma se proprio volessimo adeguatamente onorare uno dei simboli fondamentali dello Stato, l’inno appunto, sarebbe cosa buona e giusta se il Canto degli italiani fosse inserito in Costituzione, magari in un secondo comma dello stesso articolo 12 che cita il Tricolore. Si tratta solo di una riforma costituzionale, quanti anni volete che possano passare? Per completare l’iter di una legge sono occorsi 79 anni, per una modifica della Carta… fate un po’ voi!

*Enrico Passaro, già responsabile dell'Ufficio del Cerimoniale di Stato e per le Onorificenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri che ha visto sfilare a Palazzo Chigi ben sette premier, da Silvio Berlusconi a Mario Draghi, passando per Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte.

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