Innovare il lavoro e unire i riformisti: la doppia sfida di Marco Bentivogli

Il coordinatore di Base Italia con il suo nuovo libro "Il lavoro che ci salverà" punta in alto: "Serve un nuovo pensiero per distruggere le vecchie retoriche"

Di Lorenzo Zacchetti
Marco Bentivogli
Politica
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Marco Bentivogli è uno dei volti emergenti della politica italiana. Dopo una lunga esperienza come sindacalista (è stato segretario della FIM CISL per cinque anni e mezzo, fino alla scorsa estate), oggi è coordinatore nazionale di Base Italia, associazione che si autodefinisce “una start-up civica” e che si pone l’obiettivo di creare una rete riformista e progressista

Classe ’70, Bentivogli anche sul piano personale ha sempre cercato di spingere la tutela dei lavoratori verso una dimensione più moderna e al passo con i tempi, spingendo su temi non scontati come l’Internet Of Things, l’Industry 4.0 e le blockchain. Una direzione che gli è valsa la definizione di “workitect” e che risulta evidente sia dal titolo del suo penultimo libro "Contrordine Compagni. Manuale di resistenza alla tecnofobia per la riscossa del lavoro e dell’Italia" (Rizzoli, 2019), sia nei suoi numerosi interventi su “La Repubblica”, “Il Foglio” e “Il Riformista Economia”, settimanale che esce come supplemento al quotidiano di Piero Sansonetti. 

Altrettanto ambizioso è l’obiettivo che Bentivogli si pone in politica: riunire i riformisti, da Matteo Renzi a Carlo Calenda, passando per il Pd e Leu, in una sorta di riedizione dell’UIivo, un’operazione che secondo Bentivogli “non è ripetibile in sé ma che ebbe il grande merito di integrare culture diverse e ampliare la partecipazione”. 

Se c’è un modo per centrare il bersaglio, esso passa dai contenuti, a partire ovviamente da quelli legati al lavoro. Con il suo nuovo libro, “Il lavoro che ci salverà. Cura, innovazione e riscatto: una visione prospettica” (San Paolo, 2021), Bentivogli prova ad affrontare le tre grandi trasformazioni del nostro tempo, quella digitale, climatico-ambientale e demografica, partendo dal presupposto che “non bastano politiche economiche efficaci per superare la più grande crisi sociale del dopoguerra, ma serve, come premessa, un nuovo pensiero dal quale nascano politiche e iniziative capaci di distruggere le vecchie retoriche ideologiche sul lavoro, sul mercato, sulla globalizzazione”. 

Inevitabilmente è ancora la tecnologia ad assumere un ruolo-chiave: “Pur con i suoi interrogativi etici, può essere un formidabile alleato nell'umanizzazione del lavoro. La sfida è aperta e proprio un lavoro a umanità aumentata dipende da ciò che sapremo mettere in campo”. 

Bentivogli suggerisce di “reimparare a dire lavoro, con nuove parole, se vogliamo crearne di nuovo e ritrovare un rapporto di reciprocità con esso”. Nella sua prospettiva c’è anche una nuova concezione del tempo: il digitale ci spingerà ad abbandonerà la classica settimana lavorativa di cinque giorni, per abbracciare una filosofia sempre più “a progetto”.

Servono “nuove narrative”, ma non sganciate dalla sostanza: per questo Bentivogli propone, in primo luogo, di mettere mano a una contrattualistica “in cui c’è molto contorno, ma che riguarda sostanzialmente ancora uno scambio tra una prestazione lavorativa e un salario. Il lavoro invece diventerà sempre più una relazione tra un progetto e il benessere del lavoratore”, ha spiegato in un’intervista all’Huffington Post

Bentivogli non risparmia critiche alle aziende, che la cronaca delle ultime settimane dipingono in preda a un “cinismo” dei licenziamenti facili che va superato, anche passando a un’ottica di responsabilità sociale che “non può essere un accessorio da convegnistica: è stato un ambito in cui si è fatto troppo marketing di brand e poche politiche. Nella cultura organizzativa dell’impresa bisogna introdurre l’elemento di cura delle persone. L’efficienza deve coesistere con la cura della comunità del lavoro: questo significa assumersi sempre le responsabilità nei confronti del territorio e delle persone”. 

La prospettiva - che ingaggia allo stesso tempo il lavoratore e il datore di lavoro - è la stessa di Base Italia: “La riscossa civile del Paese potrà passare solo per la ricostruzione dei legami sociali, la riorganizzazione degli spazi di comunità e la riscoperta della partecipazione civile”.