L'ecologismo di Greta? Un bluff utile alle multinazionali

L’ambientalismo portato avanti da Greta è uno pseudo ambientalismo di matrice globalista

Politica
Condividi su:

L’ambientalismo vero ha una matrice locale ed è strettamente legato alla difesa del territorio, alla conservazione della natura e dell'armonia paesaggistica



Di Stefania Bonfiglio e Beatrice Mantovani

Il tema ambientale è un tema fondamentale che riguarda tutti. Tuttavia, esso è monopolio di una parte politica che ne sta facendo una propaganda politica eclatante senza però toccarne i veri temi che andrebbero affrontati.

L’ambientalismo portato avanti da Greta è uno pseudo ambientalismo di matrice globalista che cela, dietro la tematica ambientale, il tentativo di imporre valori - o meglio contro valori - che nulla hanno a che fare con la tematica ambientale, per portare avanti la propria agenda universalista. Esempi di questi contro valori includono una visione contraria agli stati nazionali, una visione a favore del multiculturalismo e, soprattutto, una visione di ambientalismo centralizzato per cui entità sovranazionali hanno il diritto di imporre non solo ai singoli stati, ma anche ai singoli cittadini e alle singole comunità, leggi in modo dogmatico.

E sorvoliamo sui costi ambientali della transizione energetica, di cui tanto si parla, i quali necessiterebbero di una trattazione a parte.

L’ambientalismo vero ha una matrice locale ed è strettamente legato alla difesa del territorio, alla conservazione della natura e dell'armonia paesaggistica. L’ambientalismo vero non può fare a meno di prendere in considerazione l’identità, la cultura e la tradizione dei singoli popoli.

Come ci ricorda l’Onorevole Sofo bisogna innanzitutto potenziare l'economia locale: “il contrario di ciò che prevede l'agenda di sinistra. L'ecologismo alla Greta Thunberg propone di andare in giro in monopattino ma non mette minimamente in discussione l'impalcatura complessiva. I veicoli che inquinano di più sono gli aerei e le navi cargo, che a tutt'oggi trasportano ancora gran parte del commercio mondiale. Delocalizzare, ovvero rinunciare alla propria economia locale per andare ogni volta ad acquistare i prodotti dall'altra parte del mondo, è la prima fonte di inquinamento. Ma questo è un tema che la sinistra si guarda bene dal toccare”.

Non essere d’accordo con Greta e i suoi slogans non significa essere un negazionista né tantomeno non avere a cuore i problemi del pianeta.L’ecologismo di Greta è uno dei possibili ecologismi, ma non l’unico ecologismo, come invece il pensiero unico dominante vorrebbe farci credere.Esiste anche un ecologismo più sincero, una versione di ecologismo più vicina al pensiero conservatore che parte dal concetto di comunità e che invece di perseguire gli interessi delle grandi multinazionali si interessa ai piccoli e medi imprenditori e alle esigenze dei ceti sociali più deboli.

Che tipo di ambientalismo è, un ambientalismo che impone a una persona che non ne ha le capacità economiche di cambiare l’auto con una con meno emissioni per il modico prezzo di 50 000 euro? Che tipo di ambientalismo è, un ambientalismo che invece di puntare sulla produzione locale promuove il contrario, ovvero importazioni ed esportazioni attraverso l’uso di cargo (gli stessi cargo che rappresentano una delle più grandi fondi di inquinamento a livello globale) ?

Si tratta di un tipo di ambientalismo ricco di contraddizioni: vai nel negozietto dietro casa e una mela a chilometro zero ti costa 2 euro quando i nostri agricoltori del sud sono costretti a lasciar cadere arance e limoni perché gli costerebbe di più raccoglierli che andare a venderli. Le arance e i limoni, questo pseudo ambientalismo, li fa importare dal nord africa.

Un ambientalismo che se ne frega della difesa del territorio, che non mette in discussione le vere cause dell’inquinamento a livello mondiale, un ecologismo che viene usato come strumento geopolitico e che è asservito agli interessi delle grandi multinazionali.

L’esempio più lampante? L’uso dell’ambientalismo da parte dell’Unione Europea:  “una partita energetica, quindi geopolitica, che va affrontata per definire il posizionamento dell'Europa nello scacchiere internazionale”.Niente altro che un mero strumento geopolitico usato per staccare i Paesi europei dalla dipendenza energetica dalla Russia.Dove sta il problema? Il problema non è optare per un cambio di approvvigionamento energetico per dei fini geopolitici. Il problema è che, se poi prendiamo in Cina le materie prime necessarie per raggiungere gli obbiettivi folli imposti dal Green Deal, finiremo per sottometterci a un'altra potenza straniera, la Cina: “il tutto per fare un favore ad altre potenze, perché la stessa transizione energetica non fa altro che renderci ancora più dipendenti da altri soggetti. Forse meno dalla Russia ma più dalla Cina, per via delle terre rare che servono per costruire le batterie”.

E quali saranno gli effetti del Green Deal sull’occupazione e sulle generazioni future? Già si parla di redistribuzione del lavoro. Ma cosa accadrà?Le nostre piccole e medie aziende non hanno gli strumenti per poter fare questa transizione ecologica energetica nei tempi richiesti (solo le grandi multinazionali possono rispondere a queste attese). Di conseguenza le nostre aziende tradizionali soccomberanno e le produzioni verranno spostate in altre zone generando una disoccupazione aggiuntiva.