L'effetto Trump sulla destra italiana: può favorire la Lega per le Europee
Inevitabilmente questa vittoria ha conseguenze a livello mondiale, dato il peso politico e militare degli Usa. La posizione di Salvini è più coerente
Gli effetti della vittoria di Trump sulla destra italiana
La vittoria a valanga di Donald Trump alle primarie dello Iowa con il 51%, il cosiddetto caucus, lo designa come il più che probabile sfidante repubblicano di Joe Biden per le elezioni presidenziali Usa di novembre.
Una vittoria non imprevista quella su Ron DeSantis e Nikki Haley, ma non con queste proporzioni.
Il governatore della Florida aveva profuso molte risorse sull’evento e il risultato non è stato eclatante anche contro l’ex ambasciatrice Usa all’Onu, un misero 2%, 21,2% contro 19,1%.
Gli effetti di questa vittoria si riverberano naturalmente a livello mondialo, dato il peso politico e militare degli Usa. Il primo effetto è stato quello di indebolire ulteriormente il leader ucraino Zelensky.
Il perché è presto detto. Biden deve inseguire Trump sulla sua politica congeniale, America First, che significa però anche che la guerra in Ucraina non è certo più una priorità per gli Usa con una opinione pubblica a cui non interessa, ed infatti la prima mossa della Casa Bianca è già stata quella di bloccare gli aiuti facendosi sostituire dal Regno Unito. Una guerra per procura che “rafforza la Russia”, come ha detto Zelensky che dal canto suo non poteva certo immaginare aiuti infiniti dal gigante americano, peraltro ora impegnato a gestire una guerra, quella palestinese, molto più pericolosa.
In questo quadro l’”effetto Trump”, colpisce soprattutto la destra italiana, dove la Lega e Fratelli d’Italia insistono, con poche eccezioni, sostanzialmente sullo stesso elettorato, ma con una differenza notevole.
Mentre Giorgia Meloni ha dovuto necessariamente “atlantizzarsi” e allinearsi con Washington e Bruxelles, Matteo Salvini ha potuto conservare una posizione più defilata sul tema. Il supporto all’Ucraina non è mai venuto formalmente meno ma l’elettorato sa che Salvini aveva fino a prima della guerra ottimi rapporti con Mosca.
E tra gli elettori del centro-destra c’è una cospicua area storicamente filo-putiniana che a giugno di quest’anno deve decidere a chi dare il voto.
Non è difficile immaginare quindi che il leader della Lega abbia più facilità di manovra tattica in questa situazione mentre Giorgia Meloni è più imbrigliata sull’asse Washington-Bruxelles.
La leader di FdI ha storicamente un ottimo rapporto con Donald Trump come lo ha anche Salvini ma con una differenza fondamentale: il leader della Lega ha una posizione anti-Ue che invece non può avere il Presidente del Consiglio nel suo tentativo di intessere legami con il Partito Popolare europeo e la Presidente Ursula von der Leyen, con cui ha anche un ottimo rapporto personale.
E se a questo si aggiunge appunto il già citato effetto Trump si capisce come la posizione di Salvini risulti più coerente per l’elettorato di riferimento.
Finora comunque la leader di FdI è stata brava a rimanere in equilibrio in una posizione indubbiamente difficile da gestire e dopo le Europee il centro-destra potrà ripresentarsi compatto per realizzare il programma di legislatura.