L'ex Pd Borghi silura Schlein & Co: "Campo largo? Apprendisti stregoni"
L'ex deputato di Italia Viva e per tanti anni esponente di primissimo piano del Pd: "Sconfitta dove hanno sbattuto la porta in faccia ai riformisti"
"Sul piano politico, il difetto sta nel manico. E cioè nell’illusione, di bettiniana concezione, che possa esistere un campo largo"
"Sotto lo stesso ombrello generico di una coalizione evocata in modalità da apprendisti stregoni non ci possono stare gli antiNato e i filoccidentali, i filocinesi e i proUe, i forcaioli e i garantisti, quelli che vogliono la patrimoniale e la tassazione sugli immobili e quelli che vogliono la riforma fiscale per abbassare le tasse. E potremmo continuare con gli esempi". E' l'analisi di Enrico Borghi, deputato di Italia Viva e per tanti anni esponente di primissimo piano del Pd, intervistato da Affaritaliani.it dopo la sconfitta elettorale del Centrosinistra al secondo turno delle Amministrative e a Catania.
Come spiega il successo netto del Centrodestra ai ballottaggi?
“Sono elezioni amministrative, e quindi con tutta evidenza a destra hanno saputo interpretare maggiormente i bisogni delle comunità locali rispetto a quello che si è fatto a sinistra. Laddove c’è stata capacità inclusiva su profili riformisti, penso a Vicenza o a Brescia, il centrosinistra ha convinto. Laddove si è sbattuta la porta in faccia ai centristi riformisti immaginandosi autosufficienti, come a Siena, si è pagato pegno. Dopodiché è indubbio che ci sia un fattore politico complessivo, dentro il quale a destra c’è una coalizione omogenea e a sinistra c’è il campo di Agramante, a causa di un evidente deficit politico e di chiarezza sul profilo della coalizione. Se si tirano le somme tra fattori locali e fattori nazionali, abbiamo questo risultato”.
Dove e che cosa hanno sbagliato il Pd e la segretaria Elly Schlein?
“Non voglio dare giudizi su altri, né sottrarre Elly Schlein da un grande classico a sinistra: l’analisi della sconfitta. Vorrei provare a dire qualcosa di politica, che come tale ha le sue regole che tornano puntuali archiviando sondaggi, armocromie e cronache agiografiche con le quali venivano silenziati e salutati gli addii di molte persone, tra cui quello di chi le parla. E sul piano politico, il difetto sta nel manico. E cioè nell’illusione, di bettiniana concezione, che possa esistere un 'campo largo' nel quale associare insieme i populisti di Conte e i riformisti come noi con il Pd a fare da mastice quasi neutro nella dimensione del puro potere. Come se si potesse unire l’olio con l’acqua, per semplice volontà o imposizione delle mani. Quando Schlein dice che farà di tutto per tenere unito il campo, salvo non assumere una iniziativa politica degna di questo nome, rimane confinata nel campo delle buone e generiche volontà. Che non sono una politica. Ora il Pd sarà chiamato a delle scelte. Perchè sotto lo stesso ombrello generico di una coalizione evocata in modalità da apprendisti stregoni non ci possono stare gli antiNato e i filooccidentali, i filocinesi e i proUe, i forcaioli e i garantisti, quelli che vogliono la patrimoniale e la tassazione sugli immobili e quelli che vogliono la riforma fiscale per abbassare le tasse. E potremmo continuare con gli esempi. Infatuati dai modelli esteri, e talvolta anche vittime della sindrome di Stoccolma, al Nazareno hanno enfatizzato il 'modello Sanchez', con il Pd al posto del Psoe e i 5 stelle al posto di Podemos. Seguire questa strada significa condannarsi alla opposizione perenne“.
Ora la minoranza interna del Pd potrebbero esserci altri addii?
“Intanto c’è stato l’arrivederci di molti elettori, come avevamo inutilmente provato a spiegare. Consumate tutte le bottiglie stappate per la nostra partenza, terminato di compulsare i sondaggi all’uopo commissionati per rafforzare la narrazione del ritorno alla purezza, contati finalmente i voti reali e non quelli virtuali, forse a quelle latitudini inizieranno a capire che le questioni poste da chi ha fatto alcune scelte sono reali e non aria fritta. Sul resto, non entro nel dibattito interno del Pd. Ho già abbondantemente dato".
Come costruire un’alternativa al Centrodestra guidato da Giorgia Meloni?
“Facendo politica. Sapendo che il tempo delle scorciatoie e degli effetti speciali è finito, che servirà un lavoro di lunga lena che coinvolga i territori, la società, i corpi intermedi, le comunità. E ponendosi sul piano della coerenza tra le cose che si fanno e quelle che si dicono. Se, per rimanere sul piano europeo, si riterrà alle europee del ‘24 di operare per una sintesi tra popolari, riformisti, liberali, socialisti e ambientalisti per dare un governo in tal senso alla nuova Commissione Europea, sventando il tentativo di spostamento a destra che unisca conservatori e sovranisti come vorrebbe la Meloni, questo deve trovare una sua corrispondenza in Italia. E qui si torna la nodo politico, col Pd che dovrà scegliere tra il populismo e il riformismo. Per quel che ci riguarda, non resteremo certamente fermi nel rimirare le altrui contemplazioni delle illusioni. C’è uno spazio politico reale per chi non vuole arrendersi alla restrizione dello spazio politico in un finto duopolio Meloni-Schlein, e che pensa ad un paese moderno ed europeo. La ricostruzione di quello spazio è il nostro compito di riformisti”.