La cancel culture avanza e fa soldi: ora tirano in mezzo Re Carlo III

Re Carlo III vittima della cancel culture, una moda radical chic che..

Di Giuseppe Vatinno
Re Carlo
Politica

Cancel Culture, nel mirino Re Carlo III

La “cancel culture” avanza e fa un’altra vittima blasonata: Re Carlo III, da poco sovrano britannico. La cc, come noto, è una moda radical chic che trova suo fondamento nella perniciosa ideologia Woke per cui bisogna riscrivere la Storia che non piace e lo si fa con qualsiasi mezzo. Ad esempio, nei Paesi anglosassoni che in genere sono sempre in prima linea in queste stupidate, le statue di Cristoforo Colombo vengono abbattute, perché a loro dire la sua scoperta dell’America ha poi portato alla schiavitù. E’ il noto fenomeno del “mondo alla rovescia”. Premesso che la Storia è piena di tante brutture da condannare, e una di queste è certamente la schiavitù, non ha senso cancellarla abbattendo statue oppure impedendo la pubblicazione di libri sull’argomento.

E così ora è toccato alla monarchia inglese.

Laura Trevelyan, l'affondo legato all'incoronazione di Re Carlo III

La radical chic Laura Trevelyan, giornalista ora in pensione della Bbc, ha pensato bene di farsi un po’ di pubblicità agganciandosi all’evento della incoronazione di Carlo, prevista a breve, e così ha tirato fuori la storia del passato coloniale (sai che scoperta) della monarchia britannica. Pare che la ricca frequentatrice di atticucci dei centri storici, discendente di una celebre dinastia, abbia improvvisamente scoperto che parte delle sterline con cui pasteggia a caviale e champagne le derivino dal passato schiavista della famiglia che nell’isola caraibica di Granada era arrivata a possedere oltre 1.000 schiavi con cui si è arricchita.

Ora la Trevelyan è stata colta dai rimorsi e non riesce più a dormire perché la sua coscienza le rimorde e così ha annunciato la creazione di un fondo di 100 mila sterline, cioè il 25% della sua liquidazione da giornalista, per una istituzione educativa proprio sull’isola di Grenada. Un caso di un nuovo “slavewashing” dopo il più noto, ma usurato, “greenwashing”. Insomma ci si ripulisce con l’antischiavismo come attività pubblicitaria. Ma la donzella si è chiesta in una intervista al Times: se mi lavo io negli schiavi perché non lo deve fare Re Carlo e tutta la sua schiatta che tramite re William III possedeva una quota nella Royal African Company, una compagnia schiavista?

«Se lo abbiamo fatto noi, perché non lo può fare Carlo? È l’ora di una resa dei conti», ha tuonato Laura infocata dallo sacro spirto di giustizia e legalità. E così l’operazione pubblicitaria prende forma. L’ex giornalista, non versando ancora un euro, pardon una sterlina, già sta facendo parlare di se mezzo mondo perché ora Re Carlo deve stare molto attento alla sua immagine pubblica e così è stato costretto a dire che lui si è giù mosso per tempo e coopererà ad una ricerca sulle possibili compromissioni del trono britannico con la schiavitù. Nel frattempo, poiché i Paesi colonialisti Occidentali sono stati molti, si aspetta la comparsa di altre Trevelyan pronte ai loro 5 minuti di gloria a prezzo quasi nullo. Ma Re Carlo e i Windsor non sono allocchi e comunque non vogliono certo mollare una sterlina. Infatti nel 2022 il figlio William andò in Giamaica e il babbo pensò bene di mettere le mani avanti con il fantomatico studio di cui naturalmente si persero subito le tracce. Il Principe di Galles comunque allora non andò oltre che esprimere “profondo cordoglio per le atrocità della schiavitù”, ma non scucì una sterlina.

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