La fine del campo largo è una bella notizia per il PD

Pensi Schlein a un nuovo Piano Industria 4.0 e non ai cortei, pensi a come far diventare le nostre aziende di caratura almeno europea

di Simone Rosti
da sinistra a destra: Elly Schlein, Giuseppe Conte, Matteo Renzi, Carlo Calenda
Politica

La fine del campo largo è una bella notizia per il PD

Renzi avrà pure il due per cento dei voti però è in grado incidere sulla politica italiana con un peso specifico molto superiore mutuando il motto di Cuccia (“le azioni si pesano e non si contano”). La sua mossa di entrare nel campo largo ha causato lo sfascio definitivo del campo largo stesso dal quale Conte si è tirato fuori (che a breve probabilmente sarà seguito anche dalla sinistra più radicale). Questa è un’ottima notizia per il PD perché potrà finalmente agire senza gli isterismi degli ex grillini che registrano al loro attivo solo iniziative sgangherate, dal reddito di cittadinanza al superbonus allo stendere tappeti rossi a Putin. Forse il PD capirà una buona volta che per governare servono i voti del centro e dei moderati e che non ci sono spazi per estremismi e populismi. Se Schlein non capirà questo sarà destinata al tramonto anche perché si è spesa molto per il campo largo.

Se non prende subito atto che Conte è stato meglio perderlo che trovarlo ricostruendo un asse, non solo con Renzi, ma anche con Calenda e altri centristi (e perché no Tajani sempre più insofferente ai Vannacci e ai Salvini), meglio che si faccia da parte dichiarando la propria sconfitta politica. Non si governa con i centri sociali, le mobilitazioni civili fine a sé stesse, i sindacati che fanno politica, si governa invece con una chiara linea in politica estera, con il rigore sui conti pubblici, con la consapevolezza che senza crescita non si può distribuire nulla, insomma una politica che si ispiri alla sinistra inglese e non a quella francese. Il PD, a differenza di gran parte della destra, ha una classe dirigente di buon livello (includendo anche e soprattutto chi ha lasciato il PD per incompatibilità con Schlein), la metta al servizio di una alternativa di governo che non sia un solo contraltare alla destra ma una vera alternativa di governo. Perderà le prossime elezioni? Probabile, perché Meloni si sta barcamenando bene fra una sua classe dirigente poco presentabile e una sua personale abilità che le ha consentito di far digerire alla coalizione di centro destra cose impensabili fino a pochi anni fa (vendita Alitalia, vendita rete TIM, la Fornero ancora viva e vegeta, ecc.). Tuttavia, appena la bonaccia economica finirà (e finirà), Meloni rischia molto se non avvierà significative riforme strutturali anziché aumentare i reati o aprire centri in Albania, ecc.

Pensi Schlein a un nuovo Piano Industria 4.0 e non ai cortei, pensi a come far diventare le nostre aziende di caratura almeno europea, parli di produttività, vedrà che il consenso arriva e potrà governare con una prospettiva non mediata con chi sa solo solleticare la pancia del popolo. Questo non vuol dire ignorare le rivendicazioni della sinistra più radicale (le cui battaglie libertarie su diritti civili e aborto sono sacrosante), ma non esserne condizionati a ogni piè sospinto (vedi il fallimentare governo Parodi del 1996 caduto nel 1998). Conte? Gli rendiamo gli onori delle armi per aver governato nel periodo più difficile del dopoguerra nel bel mezzo di una pandemia mondiale, ma ora lo lasciamo alla sua irrilevanza politica fra i lettori de Il Fatto Quotidiano.

Tags: