Le superpotenze Usa e Cina senza ambasciatore in Italia. E Draghi che dice?

Nel pieno di una profonda crisi geopolitica, nessuno si occupa di un fatto veramente strano, vista anche la nostra collocazione politica e tattica

Di Giuseppe Vatinno
Usa Cina
Politica
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Italia senza ambasciatore Usa (ospitiamo bombe all’idrogeno!) e Cina. Perché Draghi e/o il Parlamento non intervengono?

 

In questi giorni così complessi dal punto di vista geopolitico, con una guerra in corso tra Russia ed Ucraina ed uno stato di grandissima tensione tra Cina e USA per Taiwan, non si è parlato di un fatto strano e importante. Gli USA e la Cina non hanno ancora nominato un ambasciatore in Italia.

Iniziamo dagli americani. Dopo il rientro in patria dell’ambasciatore Lewis Eisenberg, nominato da Donald Trump e che poco ha combinato, l’Ambasciata di via Veneto è stata retta da Thomas Smithham, semplice incaricato d’affari. Da poco è arrivato in Italia Shawn Crowley che lo sostituisce, ma anche lui non è un ambasciatore. La situazione è abbastanza complessa ed imbarazzante perché gli Stati Uniti sono sempre stati un alleato storico dell’Italia e il nostro Paese, che è di fatto una portaerei nel mediterraneo, è un partner assolutamente decisivo dopo lo scoppio della guerra russa.

Il nostro Paese ospita dalla fine della seconda guerra mondiale diversi sedi militari Usa:

Base di Camp Ederle (Veneto): esercito USA.
Base di Aviano (Friuli): aeronautica USA, con bombe atomiche (circa 50 testate B61 all’idrogenovariabili da 45 a 107 chilotoni)
Base di Ghedi (Lombardia): italiana, ma con bombe atomiche (circa 30 testate B61 all’idrogenovariabili da 1 a 340 chilotoni)
Base di Camp Darby (Toscana): esercito USA.
Base di Gaeta (Lazio): marina USA.
Base di Napoli (Campania): esercito USA e sede del comando NATO.
Base di Sigonella (Sicilia): aeronautica e marina USA.

Quindi abbiamo sul nostro territorio due basi in Friuli e in Lombardia che hanno bombe nucleari e che sono strategicamente poste vicino ai confini orientali, retaggio della guerra fredda che ora torna utile, visto le problematiche russe.

Infatti uno dei piani segreti del Patto di Varsavia (resi pubblici nel 2005) prevedevano un attacco all’Italia tramite la neutrale Austria con un bombardamento nucleare preventivo di Vienna, Monaco di Baviera e Innsbruck e poi, passando al territorio italiano, proprio di Ghedi, Verona, Venezia, Padova e Piacenza.

Al che l’Italia avrebbe risposto – secondo quanto dichiarato dall’ex presidente Francesco Cossiga - con un bombardamento nucleare su Praga e Budapest, partendo proprio dalla base di Ghedi.

Oltre il quadrante nord – est c’è poi quello sud, fondamentale e storico sia per il medio oriente che ora per il controllo del passaggio nello stretto dei Dardanelli per il mar Nero. Inoltre c’è il nuovo comando della Sesta flotta a Capodichino (Napoli) che sarà il fulcro delle operazioni di intercettazione delle navi russe che sempre più spesso si trovano nei nostri mari. Insomma, l’Italia è di fatto un teatro di guerra per gli americani.

La presenza di un ambasciatore nella pienezza dei suoi poteri sarebbe quindi quanto mai auspicabile in questo delicato frangente. Tuttavia il presidente Usa Joe Biden tergiversa, nicchia e rimanda e ci si chiede il perché. Certamente non può trattarsi di un semplice caso. Non possiamo credere che la più potente nazione del mondo si sia dimenticata di uno dei suoi più importanti alleati nel pieno di una guerra a due passi da casa, geopoliticamente parlando.

Una spiegazione può essere ricercata nel fatto che anche l’ambasciata cinese in Italia è priva dell’ambasciatore ed è retta da un incaricato d’affari, al pari di quella Usa, il ministro Li Junhua. Da segnalare che in questi giorni le uscite stampa sia dell’ambasciata russa che di quella cinese mostrano un alto tasso di aggressività compatibile con la collocazione italiana nella Nato.

Tentiamo una possibile spiegazione. Inizialmente c’è stato un ritardo, spesso fisiologico, da parte dell’amministrazione Usa a nominare l’ambasciatore dopo il cambio tra Trump e Biden, ma su questo si è innestata la contemporanea mancanza dell’ambasciatore cinese.

Probabilmente ora ogni amministrazione, sia quella degli Usa che quella della Cina, non vuole fare il primo passo e guarda sospettosamente le mosse dell’avversario e soprattutto l’esito delle prossime elezioni politiche italiane del 25 settembre. Infatti a seconda che ci sia un “falco” o una “colomba” ci si può comportare in maniera speculare.

In tutto questo chi ci va di mezzo è l’Italia che non può interloquire su un piano di parità con queste due super potenze mondiali e non risulta che il premier Draghi e/o il Parlamento ne abbiamo mai discusso.