Lega, Giorgetti ormai è un caso. "Sta giocando una partita tutta sua"

Quei blitz non concordati di Giorgetti a Torino che hanno deluso Salvini (e non solo). Inside

Di Manuele Barni
Giancarlo Giorgetti Lapresse
Politica
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Irritazione. Forte irritazione. E' quanto trapela da fonti parlamentari leghiste per gli ultimi comportamenti del ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, nonché vice-segretario federale. Raccontano che Matteo Salvini sia molto arrabbiato, tanto che diversi suoi più stretti collaboratori hanno considerato fin troppo blanda la replica sul caso Roma, quel "non si riparte dai salotti di Calenda" che è stato considerato in Via Bellerio una risposta da signore.

A scatenare il disappunto del segretario e non solo non è stata tanto la famigerata intervista a La Stampa quanto la visita di domenica scorsa di Giorgetti a Torino. In sostanza, il titolare dello Sviluppo economico, fanno notare in casa Lega, è andato nel capoluogo piemontese a far campagna elettorale insieme al candidato sindaco Paolo Damilano (con tanto di visita al Politecnico), l'unico esponente del Centrodestra che, secondo i sondaggi prima del black out, potrebbe davvero vincere nelle grandi città alle Amministrative del 3-4 ottobre, da ministro ma senza le bandiere del Carroccio pur essendo il vice-segretario del partito. Cosa che si ripeterà questo venerdì, ultimo giorno di campagna elettorale. Sembra quasi che il numero due leghista voglia intestarsi la possibile vittoria all'ombra della Mole, ma non come partito, quando invece altrove, almeno nelle grandi città, il quadro è abbastanza pessimista per il Centrodestra.

Tutto ciò si aggiunge alle uscite su Mario Draghi al Quirinale ("non spetta a lui dirlo, ma al segretario", fanno notare fonti leghiste) e a quell'endorsement a Calenda che, smentite a parte, ha comunque lasciato stupiti in Via Bellerio. Non solo. "Insistere sull'idea del partito modello Csu all'interno del Partito Popolare Europeo non ha senso", sottolinea un senatore salviniano doc, "visto che il segretario ha escluso categoricamente un ingresso nel PPE. Giorgetti lo sa perfettamente e se continua su questa strada, di fatto, si mette contro Salvini".

L'impressione è che Giorgetti stia ormai giocando "una partita tutta sua" diversa da quella ufficiale del partito e del segretario. Anche se a molti sfugge quale sia l'obiettivo, visto che tutti sanno che il titolare dello Sviluppo non ha né la forza né la voglia di sostituire Salvini e prendere in mano il partito. E anche le spiegazioni, classiche, del tipo "sono stato frainteso" e "sono stato strumentalizzato" non reggono più, stando almeno ai parlamentari salviniani.

"Sul Green Pass - spiega un deputato di lungo corso - la linea di Matteo (Salvini, ndr) è stata ondivaga e per certi versi sbagliata, ma pubblicamente tutti lo difendiamo e le critiche gliele diciamo in privato. Se invece i rilievi vengono mossi in pubblico e sui giornali, vuol dire che si vuole indebolire il partito e il segretario". Che cosa potrebbe accadere ora? La parola congresso, vero, sta iniziando a circolare nelle chat dei parlamentari leghisti. Non per mettere in discussione la leadership di Salvini, ma per stabilire quale deve essere la linea politica.

Abbandonare il sovranismo per un partito moderato che strizza l'occhio al PPE? Tornare a un movimento regionalista o insistere con la presenza anche al Centro-Sud? Nodi che stanno venendo al pettine e che il caso Morisi - che nella Lega liquidano come "assolutamente privato", anche se la tempistica fa nascere il sospetto di una manovra per colpire Salvini - altro non fa che rendere sempre più ingarbugliati.