Salvini e i legami con l'estrema destra. E la vecchia Lega fa causa alla nuova
Le uscite di Durigon e Santucci su Mussolini e Hitler rientrano in una linea più ampia del Carroccio. Mentre le Lega Nord rivendica il suo ruolo
La Lega di Matteo Salvini va in una direzione, la vecchia Lega va nella direzione opposta. Quella nuova, secondo Repubblica, va verso il fascioleghismo: "un po’ assemblaggio identitario-nazionalista e un po’ interazione tra la Lega di Salvini e le realtà neofasciste". Secondo Repubblica, è dal 2014 che il Carroccio "imbarca figure di estrema destra e i loro elettori" con "strizzate d’occhio ai nostalgici del ventennio, sinergie con gruppi che si ispirano a gerarchi nazisti".
Le uscite su Mussolini e Hitler di Durigon e Santucci
Sotto questo profilo vanno viste le proposte di questi giorni del sottosegretario di Stato, Claudio Durigon, e dell’ex capogruppo a Colleferro, Andrea Santucci, sempre secondo Repubblica. Proposte con cui si vogliono intitolare parchi e piazze a Mussolini e a Hitler. "Più che una sorpresa, pare la conseguenza di una deriva iniziata tempo fa", scrive Repubblica.
La svolta a destra della Lega di Salvini
Quando Salvini nel 2013 è eletto segretario, per resuscitare la Lega travolta dagli scandali guarda a destra. Da qui, elenca il quotidiano, i legami con CasaPound con un'alleanza che però termina ufficialmente nel 2016. Dai "pieni poteri" dal "fascismo finito nel 1945" fino a "in Italia non ci sono fascisti". Tante frasi e tante figure che secondo Repubblica sarebbero invece attigue a quel mondo: per esempio coi nomi vicini ai neonazisti di Lealtà Azione che si ispira a Leon Degrelle e a Corneliu Zelea Codreanu.
Di recente si sono moltiplicati gli episodi di saluti romani e richiami a Mussolini o addirittura a Hitler da esponenti locali o governatici della Lega. Cosa che non piace per niente, invece, agli affezionati del vecchio Carroccio. Sono loro che guidano quella che la Stampa chiama "rivolta antisalviniana", con in testa Gianluca Pini, storico dirigente leghista romagnolo. "Da troppo tempo assistiamo a passaggi opachi, poco trasparenti, di dubbia legittimità. Ci rivolgiamo al giudice perché faccia chiarezza", dice Pini a La Stampa.
La vecchia Lega Nord esiste ancora e fa causa alla Lega di Salvini
Sì, la vicenda finisce davanti a un giudice perché la vecchia Lega, la Lega Nord, rivendica il suo ruolo. Spiega La Stampa: "Tutto inizia quando la Lega si sdoppia, nel 2018. Quella storica, con il Nord nel nome, diventa una specie di “bad company”, che viene commissariato, chiude in pratica bottega, eredita i debiti ma continua a ricevere il 2 per mille dallo Stato. Chi fa politica è il partito nuovo, salviniano e “nazionale”. C’è però chi non ci sta, leghisti della prima ora e del primo partito, che insistono a tesserarsi benché le sezioni non ci siano più".
Pini racconta al quotidiano di Torino che ha "continuato a fare il bonifico perché sono leghista da trent’anni: leghista, non salviniano. Nel ’20 volevamo presentarci con il simbolo della Lega Nord alle amministrative. Il commissario, Igor Iezzi, ci rispose che non era possibile perché la Lega Nord non faceva più attività politica. Ma come può un partito che non fa politica ricevere contributi statali? Secondo lo Statuto, è iscritto alla Lega chi paga la quota associativa entro il 31 marzo di ogni anno. Io l’ho fatto e con me una ventina di persone, a mio giudizio le uniche, oggi, davvero iscritte alla Lega Nord. Abbiamo chiesto che i consiglieri federali e il commissario dimostrassero di essere iscritti, ma non l’hanno mai fatto. Anche se poi nel giugno del ’20, tre mesi dopo la scadenza dei termini, decisero che il tesseramento era gratuito e il rinnovo automatico".
Da qui il ricorso all'avvocato, come spiega Pini: "Stanchi di chiedere spiegazioni e soprattutto di non ottenerle, abbiamo deciso di rivolgersi agli avvocati. Bisogna stabilire perché un partito che non fa attività politica continui a ricevere soldi dallo Stato che usa per pagare il suo debito allo Stato o per distribuirli in generose consulenze". Con l'obiettivo di vedersi assegnare il simbolo di Alberto da Giussano.