Lega: Salvini non ha alternative autentiche, segreteria blindata
Non basta saper amministratore per essere un leader nazionale
Lega, segreteria Salvini blindata
Si fa un gran parlare delle difficoltà assai evidenti della leadership di Matteo Salvini ma nessuno si sbilancia nell’affermare chiaramente che il Capitano (come si diceva al tempo delle felpe) non ha vere alternative. Anzi, non ne ha affatto!
Certo, le personalità di spicco e di risonanza nazionale -da Luca Zaia a Massimiliano Fedriga, al governatore della Lombardia- nella Lega non mancano, ma nessuno sembra veramente avere, forse l’ambizione né, semplicemente, il carisma del trascinatore di un popolo.
Per essere un “condottiero politico” non servono le caratteristiche o le abilità di un buono, come nel caso del Veneto oppure del Friuli Venezia Giulia, un ottimo amministratore.
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La leadership presuppone altre doti: quella dell’intraprendenza, della scommessa, della visione strategica, della capacità di mediazione ma anche della tenacia di saper condurre le trattative senza arretrare di un passo. Doti alla Bossi (il leader in canottiera) o, più modestamente (e, forse, approssimativamente), alla Salvini.
Insomma qualcosa che va oltre la gestione, la mera conduzione di una istituzione sebbene complessa ed impegnativa come quella di una regione o di una grande città.
Fare politica è un’arte e non c’è dubbio che in questi anni Matteo Salvini è stato un interprete assai vivace della scena politica italiana con punte di consenso inimmaginabili (inimmaginabili neppure dai suoi) e da cadute di stile altrettanto impressionanti (se non, letteralmente, micidiali).
Ma oltre questa apparente (quasi banale) analisi si nasconde una realtà di cui sembra essere difficile prendere atto.
A parte la storica (e mai risolta) diatriba campanilistica tra la Lega Lombarda e la Lega Veneta, non può sfuggire ai più avveduti notisti politici come Matteo Salvini abbia registrato, anche nelle ultime settimane, più vittorie che sconfitte soprattutto all’interno della Lega.
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Se è vero che le elezioni abruzzesi hanno visto un arretramento del Carroccio a terza gamba della coalizione, la situazione registrata in Sardegna descrive tutta un’altra realtà dove ai voti della Lega devono essere necessariamente uniti i voti del Partito Sardo d’Azione il cui leader è il salviniano Christian Solinas.
Ma se questo è il versante esterno, all’interno dei Lumbard, l’affossamento definitivo del terzo mandato per Luca Zaia avvenuto appena 24 ore fa, blinda -pressoché ermeticamente- la segreteria Salvini.
Nel giro di appena 45 giorni Zaia, il più accreditato alla successione di Salvini, ha subito tre clamorose sconfitte: sulla legge del fine vita, sul terzo mandato in commissione al Senato e ieri, in aula.
Ma non è la sconfitta a renderlo meno credibile agli occhi del popolo leghista ma il fatto che la sconfitta è arrivata perché -il poco avveduto Zaia- si sarebbe fidato delle promesse del Pd in Regione come a Roma.
Un peccato che, ad un papabile leader, difficilmente potrà essere perdonato. Per l’ideologia lumbard meglio l’esagerazione della creduloneria!
Infine va detto con estrema chiarezza come il 8-10% sia -da sempre- la vera forza della Lega e come i picchi del 4% (condizione a cui era arrivata la segreteria Bossi) e del 34% siano stati mere accidenti.
Salvini con le sue -talvolta imbarazzanti- stravaganze può dormire ancora molti sogni tranquilli.