Pontida 2024, Lega leale con il governo ma autonoma. Patriota in Europa, identitaria in Italia. L'analisi
Pontida 2024, il senso della manifestazione leghista e il nuovo corso del partito di Matteo Salvini
Dall'economia alla sicurezza, dall'immigrazione alle infrastrutture: le sfide del Carroccio. Con un "contributo" da chiedere alle banche nonostante il no di Tajani (e dei figli di Berlusconi)
Nessuno strappo. Nessun Papeete 2. Anzi, Matteo Salvini ribadisce lealtà alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e agli alleati di governo, come ha fatto bacchettando i giovani leghisti che hanno insultato Antonio Tajani sullo Ius Scholae, ma allo stesso il tempo il Carroccio si rilancia con una sua identità. Una sua specificità. Un suo tratto distintivo chiaro e preciso, pur restando nella coalizione di governo con la promessa ribadita che il governo arriverà fino al termine della legislatura.
È il senso della Pontida 2024, il ritorno alle origini, il pratone in provincia di Bergamo che negli ultimi 30 anni, e più, ha visto diverse metamorfosi della Lega, dalla secessione padana al ritorno con Silvio Berlusconi, dallo strappo con Giuseppe Conte e il M5S fino all'alleanza con Fratelli d'Italia e Forza Italia e la vittoria alle elezioni politiche del 2022. Salvini, come detto, non ha alcuna intenzione di fare colpi di testa e il governo è saldo.
Questo è un punto fermo che non si mette in discussione. Ma le differenze con gli alleati ci sono e vengono rimarcate con orgoglio e determinazione. La presenza, ad esempio, delle delegazioni europee dei Patrioti e dei repubblicani Usa trumpiani - a meno di un mese dalle elezioni presidenziali - connotano chiaramente la Lega come forza di opposizione senza sconti alla Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen, anche se quasi certamente i leghisti al Parlamento europeo voteranno a favore del commissario italiano Raffaele Fitto.
Ma mentre FdI tratta con Ursula e Forza Italia la appoggia, Salvini e i suoi sono orgogliosamente all'opposizione di una Unione europea che secondo tutti i sondaggi è per gli italiani nemica del nostro Paese, partendo soprattutto dalle politiche green e ambientaliste a dir poco oltranziste.
Restando sul fronte internazionale, la Lega - pur avendo votato in Parlamento il sostegno militare all'Ucraina - sottolinea con forza come sia ora di dare una svolta e di smettere di parlare solo di invio di armi a Kiev e magari pure con la possibilità di usarle per colpire in territorio russo, come vorrebbero diversi Paesi (Regno Unito in testa). È il momento di ascoltare Papa Francesco e di aprire un canale diplomatico con Mosca, anche perché, oltre alle vittime, la guerra crea un disastro economico che a pagarlo è l'economia europea e soprattutto italiana.
Anche per questo motivo, ma non solo, Salvini e i suoi sono nettamente schierati a favore di Donald Trump in vista del voto Usa, mentre Meloni e Tajani non si sbilanciano. Il ritorno di The Donald alla Casa Bianca, nell'ottica leghista, è la soluzione per risolvere molti problemi in questo mondo pieno di conflitti e per arginare i disastri dei democratici Usa Biden e Harris.
Sul fronte interno grande attenzione ovviamente alla sicurezza e alla lotta all'immigrazione clandestina. E basta leggere lo slogan che campeggia sul palco (anche in inglese) "Non è un reato difendere i confini". D'altronde Salvini rischia a Palermo sei anni di carcere e un milione di euro di multa - la richiesta dei pm - nel processo Open Amrs "per aver difeso i confini dell'Italia e per aver fatto il proprio dovere da ministro dell'Interno" nel governo Conte I. Un motivo di orgoglio, anche questo, per Salvini che non teme la condanna e che va avanti dritto e che ogni volta ribadisce "rifarei tutto".
La Lega è consapevole che la delinquenza dilaga in Italia, nelle grandi città come nei piccoli centri, e serve un forte investimento per aumentare il controllo del territorio, anche con i militari, e inasprire alcune pene - come è già stato fatto con l'ultimo decreto Sicurezza - per garantire certezza della pena e dare maggiore serenità ai cittadini.
Sul piano economico la Lega, avendo il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, non può fare enormi richieste in Legge di Bilancio ma il taglio dell'Irpef fino a 60mila euro per i lavoratori dipendenti e l'estensione della flat tax per le partite Iva (che resta un obiettivo di legislatura per tutti i lavoratori e i pensionati) sono due punti importanti di politica economica e fiscale. Lato pensioni poi si cercherà di limitare ulteriormente i danni della Legge Fornero, pur sapendo che le risorse sono poche. Però a Pontida Giorgetti ha smesso i panni draghiani e montiani ed è tornato leghista doc, al 100%, mandando un segnale forte a Forza Italia: "Io sono figlio di operai e sono che i sacrifici devono farli solo per chi può farli", ha detto il titolare del Mef con un chiaro riferimento alle banche (difese da Forza Italia).
Altro punto, probabilmente, una nuova rottamazione di cartelle esattoriali fino a una certa cifra per cercare di cambiare il rapporto tra Fisco e cittadini. Lo Stato deve essere amico e al fianco di chi produce e non un nemico da temere come è stato finora. Semmai vanno tassati quei giganti del web - vedi Amazon ma non solo - che fatturano miliardi e non pagano quasi nulla. Ma un contributo, con buona pace di Tajani e dei figli di Berlusconi (vedi Mediolanum), va chiesto anche a chi negli ultimi due anni con il giochetto del rialzo dei tassi di interesse ha quasi raddoppiato gli utili (+93%), ovvero le banche. Ora, guarda caso, restie a far scendere le rate dei mutui variabili quando la presidente della Bce Christine Lagarde si è svegliata e finalmente ha iniziato a ridurre il costo del denaro. E il Giorgetti "vero leghista" è stato chiarissimo.
Poi il ministero di Salvini, Infrastrutture e Trasporti. Migliaia e migliaia di cantieri, anche grazie anche al Pnrr, per ammodernare l'Italia da Nord a Sud (nonostante qualche inevitabile disagio) e quindi non unicamente il Ponte sullo Stretto.
E su tutto, essendo a Pontida, la madre delle riforme, che se per Meloni e Fdi è il premierato, per la Lega è l'autonomia regionale differenziata, "che serve per dare maggiore efficienza e più servizi ai cittadini, facendo perdere potere ai burocrati romani, e non spacca affatto il Paese come sostiene la sinistra", come ha spiegato il Governatore lombardo Attilio Fontana. Il Veneto di Luca Zaia ha già iniziato l'interlocuzione con il ministro Roberto Calderoli e almeno sul trasferimento da Roma delle materie non Lep (livelli essenziali delle prestazioni) il Carroccio vuole fare presto. Senza strappi certo, ma senza accettare nemmeno i diktat di chi, come Roberto Occhiuto (presidente della regione Calabria e vice-segretario di Forza Italia) vorrebbe fermare il processo dell'autonomia. Il federalismo è legge e le regioni, come scritto nella Costituzione, che vogliono più competenze hanno tutto il diritto di chiederle e ottenerle.
Insomma, una Pontida che disegna una Lega leale al governo ma orgogliosa della propria diversità. Italiana e patriota in Europa (con il generale Roberto Vannacci come bandiera e punto di riferimento ideologico) e autonomista, come alle origini, in Italia. E tutti al fianco di Salvini nel processo Open Arms, nella speranza che Trump torni alla Casa Bianca.