Legge Cartabia, mani legate alle procure: boss a rischio scarcerazione

La Procura di Palermo, a causa della nuova riforma, è stata costretta a chiedere la revoca della misura cautelare nei confronti di 3 boss mafiosi

Politica

Legge Cartabia, l'appello dell'Associazione nazionale magistrati: "Modificare subito la riforma"

Il 30 dicembre 2022 è entrata in vigore la Riforma Cartabia del processo penale, per la quale, se manca  la querela delle vittime, la conseguenza naturale della misura è la scarcerazione per l'indagato (o gli indagati) per alcuni reati, come lesioni, furti e sequestri di persona non a scopo di estorsione.

É quello che ha dovuto fare la Procura di Palermo, costretta a chiedere l’inefficacia della misura cautelare per tre boss, imputati di lesioni aggravate dal metodo mafioso. Le vittime, interpellate dal giudice come prevede la norma, si sono rifiutate di querelare i capimafia. Ai pm non è rimasto che chiedere la revoca della misura.

Come fa sapere l'Ansa, la vicenda riguarda i boss del clan Pagliarelli Giuseppe Calvaruso, reggente del mandamento, Giovanni Calvaruso e Silvestre Maniscalco che, oltre ai reati di associazione mafiosa ed estorsione, rispondevano in questo procedimento, a vario titolo, di sequestro di persona e lesioni aggravate dal metodo mafioso.

Per entrambe le ipotesi di reato la riforma Cartabia prevede la querela come condizione per procedere. I tre mafiosi sono stati arrestati prima dell'entrata in vigore della legge, per cui in questo caso prevale il regime transitorio che impone al giudice di verificare la volontà querelatoria delle persone offese. Qualora le vittime non vogliano procedere con la querela, la misura cautelare è inefficace.

Secondo quanto emerso dalle indagini, a seguito delle quali i tre furono arrestati, gli indagati sarebbero responsabili del sequestro e del pestaggio di due persone ritenute dalla cosca responsabili di una rapina non autorizzata da Cosa nostra. Interpellate sulla volontà di querelare i tre mafiosi le vittime si sono rifiutate. I tre boss resteranno comunque in carcere perchè destinatari di altre misure cautelari, ma la questione allarma i magistrati perchè il caso si può riproporre.

In particolare, il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, invoca a gran voce un ripensamento della misura, perchè secondo lui, quando si è in presenza dell'aggravante mafisoa "anche il reato che, in astratto, può sembrare di non particolare gravità, assume una fisionomia incompatibile con l’affidamento alle singole persone offese della possibilità di perseguirlo in concreto, secondo logiche di deflazione del carico giudiziario che sono accettabili soltanto in riferimento a reati autenticamente bagatellari".

Ci sono due anni di tempo per tutti gli eventuali necessari correttivi alla riforma Cartabia. Lo ricordano fonti del ministero di Giustizia, interpellate dall'Ansa sulla vicenda dei tre boss, imputati di lesioni aggravate dal metodo mafioso, per i quali la procura di Palermo ha dovuto chiedere l'inefficacia della misura cautelare perchè le vittime non hanno presentato querela.

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