Letta riciccia Ddl Zan e sostenibilità: il programma è il solito "polpettone"

Il Pd le sta provando letteralmente tutte per cercare di ammorbidire i numeri di una sconfitta

Di Giuseppe Vatinno
Politica
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Programma elettorale del Pd: sostenibilità, lavoro e digitale sono i "pilastri" del minestrone ben noto

Il Pd le sta provando letteralmente tutte per cercare di ammorbidire i numeri di una sconfitta che si presenta non solo inevitabile ma pure pesante, capace sicuramente di affossare definitivamente un segretario come Enrico Letta, già ampiamente usurato dal pacco che si è fatto rifilare da Carlo Calenda, giusto una settimana fa.

Dunque in queste ore si discuterà del programma -44 cartelle tematiche a “rilascio lento” per l’intera campagna elettorale - e se ne voterà l’approvazione. Scontato il solito esito plebiscitario si può ragionare già adesso come approvato.

Cosa c’è nel libro dei sogni del Partito democratico? I tre “pilastri” sono i soliti del minestrone ben noto: “Sviluppo sostenibile e transizioni ecologica e digitale; lavoro, conoscenza e giustizia sociale; diritti e cittadinanza“. A dire di Letta Nipote sarebbero appunto quello che al Pd si contesta di non aver fatto o di non aver fatto abbastanza. Appunto. Quindi smettetela di riproporlo ogni volta.

Infatti riproporre ad ogni elezione, pure quella condominiale, “lo sviluppo sostenibile e transizioni ecologica e digitale” è indisponente, avvilente, snervante e anche abbastanza sciocco.

Sono più di venti anni che il Pd chiacchera di “sviluppo sostenibile”, ma lo fa come un pugile suonato che ormai barcolla sul ring per i troppi pugni presi e da un momento all’altro si sta per schiantare al suolo.

C’è chi su questa storia dello sviluppo sostenibile c’ha fatto una lunga e prospera carriera nel Pd. Si pensi solo all’area Ecodem, con Ermete Realacci, che da anni si è prestato ideologicamente a coprire il fianco ad un partito che da un lato parlava di ambiente e dall’altro ci andava giù duro con rigassificatori di vecchia generazione e idrocarburi, in primis il carbone. Come non ricordare ad esempio Pierluigi Bersani ministro dello Sviluppo economico che è stato una sorta di Attila ambientale ed ha intortato per decenni gli ambientalisti veri del centro – sinistra.

Poi ad ogni elezione c’era la fregatura. Una volta che si facevano eleggere i deputati Pd mediavano con l’industria e le aziende. Significativo il caso del Giovane Turco Andrea Orlando, ministro dell’ambiente del Pd che fece di tutto per contribuire ad affossarlo ostacolando attivamente, ad esempio, la fondamentale Commissione Via (Valutazione impatto ambientale) che si occupa di tutela ambientale.

Poi c’è stata la scelta storica compiuta ai tempi di Romano Prodi del gas come fonte energetica primaria dell’Italia che ci ha legati mani e piedi alla Russia, con l’avallo di un suo consigliere del tempo, Davide Tabarelli, ora capo di Nomisma Energia e che ci dice ogni giorno che dipendiamo dal gas russo. E certo è colpa sua!

Poi c’è la solita “cittadinanza digitale” che ormai i politici appioppano in automatico alla transizione ecologica per papparsi più facilmente i soldi del Pnrr. Siamo sicuri che Letta proporrà un super Spid che ci proietterà in salone direttamente l’ologramma di Renato Brunetta. La Fascina è avvertita. Nessuno è più al sicuro.

Poi abbiamo nell’ordine: 500mila alloggi popolari in 10 anni, Ius Scholae e legge fine vita, difesa comune Ue, legge elettorale su liste bloccate (tra parentesi fatta proprio da Ettore Rosato, uno del Pd), rigassificatori necessari ma transitori (intortata in vista), trasporto pubblico gratis per adulti e piccini e ci manca Cchiù pilu pe' tutti di Cetto La Qualunque e siamo a posto.