Liguria, Schlein è la vera grande sconfitta delle elezioni. Il Pd prima forza regionale? Inutile
Ora occhi puntati sul voto in Umbria ed Emilia Romagna
Si tratta di una delle peggiori sconfitte per il centrosinistra e per la segretaria Elly Schlein, sicuri, fino a qualche settimana, di strappare la Regione al centrodestra, dopo le inchieste giudiziarie che hanno travolto l’ex governatore Toti
La Liguria anche se per una incollatura (ma in Sardegna, nello scorso marzo, considerato come il vero trionfo del centrosinistra, la differenza tra i due contendenti era stata ancora inferiore) resta la centrodestra. Si tratta forse a ben vedere di una delle peggiori sconfitte per il centrosinistra e per la segretaria Elly Schlein, sicuri, fino a qualche settimana, di strappare la Regione al centro destra, dopo le inchieste giudiziarie che hanno travolto l’ex governatore Toti. Ed invece il sindaco di Genova Marco Bucci, fortemente voluto dalla premier Giorgia Meloni (e caldeggiato da Edoardo Rixi, della Lega, il vero grande stratega del centro destra in Liguria) ha stravolto i pronostici vincendo su Andrea Orlando.
La sconfitta è pesante, sia perché ha rovesciato un pronostico che sembrava scontato (qualcuno parla addirittura di un rigore fallito a porta vuota), sia perché ha mostrato tutte le contraddizioni irrisolte ( e che rischiano di restare tali) all’interno del cosiddetto campo largo, che non riesce proprio a decollare, e che rimane solo e sempre ancora nella sua fase progettuale. Certo si dirà il Pd ha preso il doppio dei voti di Fdi. Ma questo non può che essere una magrissima consolazione, per rendere la sconfitta un poco meno amara, ma il risultato non cambia, perché facendo una attenta analisi del voto, il successo del pd è solo il risultato di un travaso di voti all’interno della coalizione, che in sostanza non cambia il senso delle cose.
Nel 2020 il Pd aveva preso il 19%, ma il Movimento 5 Stelle e la lista Sansa ad esso collegato insieme avevano raccolto il 15 %. Facendo due rapidi calcoli con il misero 4,5% raccolto da Conte e di quel che resta del movimento, si arriva con una precisione quasi matematica al 28,8% ottenuto dal partito di Elly Schlein. Certo le polemiche a due giorni dal voto tra Conte e Grillo non hanno aiutato e sono sembrate quasi strumentali. Inutile poi prendersela con il mancato accordo con Matteo Renzi, che fino a qualche mese fa era visto dai vertici del Pd come il nemico da sconfiggere e non come l’alleato decisivo.
Ed ecco che anche questa è la classica prova che mostra come il centro sinistra come coalizione ad oggi non esiste e non ha la capacità e la forza di proporre un’alternativa valida al centro destra. In casi cime questi ci vorrebbe un leader forte e capace che sia in grado di mettere insieme una coalizione di fronte ad un programma comune, proprio come ha saputo fare Giorgia Meloni nel centro destra e prima di lei Silvio Berlusconi per vent’anni. Elly Schlein, invece, sembra ripercorrere quella che è la parabola di Kamala Harris nel voto in Usa, dopo un momento iniziale di entusiasmo tra i simpatizzanti, dettato anche dalla novità della donna “sola” al comando, pare ora mostrare tutti i suoi limiti di leadership.
È indubbio che la sua figura non riesce ad esser quel collante per allargare la coalizione e sopire i tanti contrasti al suo interno. Il leader è tale quando, come sta facendo la Meloni nel centrodestra, riesce a limare ed appianare, pur tra mille difficoltà, le differenze che sempre esistono in una coalizione. Il centro destra ha vinto perché appare una colazione, malgrado tutto, alla fine unita, intorno ad un progetto comune e ad un leader forte e convincente, proprio le due cose che mancano specularmente nel campo avverso. Certo sul voto ligure ha sicuramente inciso la forza del candidato del centrodestra, l’unico forse in grado di compiere quello che fino a qualche settimana fa sembrava davvero una mission impossible.
Ma anche questo rischia di diventare paradossalmente un alibi per Schlein e compagni, perché mai come in questo caso forse, anche a livello locale, la componente nazionale ha avuto il suo indiscutibile peso per due motivi. Primo perché Orlando, il candidato del centro sinistra, è un big del partito, a livello nazionale, la cui carriera politica ha preso avvio proprio dalla Liguria (a La Spezia sua citta natale), e sia perché Bucci ha perso proprio a Genova, dove invece avrebbe dovuto essere più forte il consenso nei suoi confronti. Il vero capolavoro di Edoardo Rixi nume tutelare in Liguria di Salvini e della Lega (il talent scout di Marco Bucci, strappato dal plenipotenziario di Salvini a Genova ad una brillante carriera manageriale per candidarlo a sindaco di Genova sette anni fa), è stato quello di accordarsi con quella vecchia volpe della politica di Claudio Scajola.
La vittoria del centro destra probabilmente è stata resa possibile dal trionfo proprio nel feudo dell’ex ministro berlusconiano nel suo eremo di Imperia, dove Bucci ha prevalso su Orlando con uno scarto di oltre 15000 voti. Ma anche questo fa parte del gioco della politica e su questi giochi di alleanza ed accordi più o meno alla luce del sole, la sinistra ha costruito per un decennio governi locali e nazionali (anche se vincere mai le elezioni). Il centro destra e il governo ora si rafforzano, le polemiche create anche un po’ ad arte sul ministero della cultura, ulteriormente alimentate da quel furbone di Ranucci di Report (record di ascolti domenica scorsa) non hanno prodotto gli effetti sperati dalle opposizioni sull’elettorato ligure.
Adesso il centrosinistra si indebolisce ulteriormente, e deve fare i conti ancora una volta con le sue difficoltà a trovare una sintesi tra i suoi troppo litigiosi componenti. Come nel gioco dell’oca tutte le volte il centro sinistra ritorna al punto di partenza, in attesa del suo Godot, che ormai manca dai tempi gloriosi ( si fa per dire ) di Romano Prodi ( che comunque fu poi costretto anche lui ad arrendersi di fronte alle contraddizioni di una coalizione tenuta insieme con il mastice). Elly Schlein per ora non riesce ad avere quella forza che sappia prendere decisioni anche difficili ma necessarie per superare quegli ostacoli, dettati da particolarismi invidie e reciproche ambizioni personali, per poter creare una alternativa credibile per il governo del paese. Forse qualcuno al vertice del partito a questo punto si starà domandando se la scelta di puntare su di lei, invece che sul più compassato Bonaccini, sia stata quella giusta, e questa dura sconfitta non può non ripercuotersi sulla stessa credibilità e forza della segretaria.
Non è un caso se la scelta di candidare in Europa i più pericolosi rivali all’interno del suo stesso partito, sia certamente l’ennesima prova di debolezza della Schlein. Adesso sarà la volta di Umbria ed Emilia-Romagna al voto tra un mese. Una vittoria per parte lascerebbe probabilmente le cose così come stanno. La vittoria del centrosinistra in tutte e due le regioni probabilmente anche, mentre una eventuale, anche se difficilmente prevedibile, vittoria del centrodestra sia in Umbria che in Emilia-Romagna, non potrebbe non portare ad una serissima riflessione all’interno del partito sul nome della segretaria stessa.