Raggi-Lombardi, duello rosa nel M5s: Peppiniello Conte disperato

L’ex sindaca di Roma affetta da megalomania calendiana

Di Giuseppe Vatinno
Politica
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M5s, Roberta Lombardi e Virginia Raggi ai ferri corti: un'altra grana per Conte in vista delle liste elettorali per le elezioni politiche 

Roberta Lombardi e Virginia Raggi non si sono mai amate molto, ma ormai sono ai ferri corti, anzi cortissimi. L’ultimo scontro, meglio definirla per quello che realmente è, e cioè una vera e propria rissa, è stata sulle alleanze con il Pd. L’ex sindaca è andata – come suo solito - giù puntuta e ha dichiarato che la stagione delle alleanze con il Partito democratico sia a livello locale che nazionale “è finita”.

Ovviamente la cosa non è andata proprio giù alla collega Lombardi che nel Lazio è in giunta con il Pd di Nicola Zingaretti, anzi la giunta si regge ancora sui voti pentastellati che esprimono –dal marzo 2021- nella Lombardi stessa addirittura un assessorato importante, cioè quello alla “Transizione ecologica e trasformazione digitale”. Per di più i Cinque Stelle hanno nel Lazio anche un altro assessorato e cioè quello di Valentina Corrado al “Turismo, sicurezza urbana, Polizia locale e semplificazione amministrativa”.

La Lombardi non le ha certo mandate a dire e su Facebook ha scritto: “Alla fine sono i fatti che contano. Sono i risultati raggiunti che parlano del nostro operato e per i quali saremo giudicati alle urne. Perché in fin dei conti si può anche governare Roma per cinque anni e mezzo avendo la maggioranza ma se alla fine del mandato i cittadini ti mandano a casa, senza nemmeno farti arrivare al ballottaggio, allora è il caso di farsi una domanda. Non di lanciare proclami dal pulpito, tra l’altro con una doppia morale sulle candidature e sul processo partecipativo dal basso dopo aver riempito in buona parte le liste dei municipi con dei propri “nominati”.

Il che, per inciso, è tutto vero. A parte le tante vicissitudini legali, il governo della Capitale da parte della Raggi è stato pessimo ed è una delle cause dell’enorme perdita di consenso elettorale nazionale del Movimento. L’elenco delle cose non fatte o fatte male è lunghissimo.

Per anni non è stato fatto alcun intervento sulle infrastrutture (salvo poi concentrarle tutte insieme negli ultimi mesi, per motivi di visibilità elettorale), come le strade, che sembrano tuttora quelle di Beirut dopo un bombardamento massiccio, sui rifiuti che hanno letteralmente invaso Roma finendo anche sul New York Times, sui trasporti pubblici con una riduzione massiccia del servizio soprattutto nel quadrante sud della capitale (Eur, Torrino, Mostacciano).

Lasciamo poi perdere la vicenda dello Stadio della Roma a Tor di Valle –in cui sono ancora in corso vicende legali- in cui la sindaca si è rimangiata tutto quello che aveva detto in campagna elettorale e poi lo stadio manco si è fatto. La sua giunta è stata un caotico frullatore in cui si è perso il numero degli assessori e degli alti dirigenti cambiati in continuazione. Lasciamo anche perdere i cinghiali che pascolavano (e in verità pascolano ancora, ma tutto è iniziato con lei) beatamente in città, o i rallentamenti esasperanti della macchina amministrativa, con i tempi per avere una carta di identità dilatati all’infinito.

Ormai Roma è uno zoo all’aperto, con gabbiani, cornacchie, sorci ed affini che l’hanno eletta a domicilio stabile. Ed infine, ciliegina sulla torta, arrivò da Bologna, dopo che fu allontanato da Di Maio da Palazzo Chigi, un “salvatore” e cioè Max Bugani, che divenne capo staff della sindaca che lo accolse con toni trionfalistici: “con lui cambieremo la città”. Il povero Bugani scomparve nel nulla però la sindaca aveva ragione, la città cambiò sicuramente, ma in peggio.

Alle ultime elezioni comunali i romani la punirono severamente non mandandola neppure al ballottaggio (arrivò ultima!), ma per quello strano meccanismo tutto italiota, invece di essere cacciata via è ricicciata nuovamente. Ma la Raggi non si è fermata ad attaccare la Lombardi, in un eccesso di megalomania calendiana ha mirato in alto, ed ha attaccato direttamente Giuseppe Conte – con cui non ha mai legato - che della strategia con il Pd è stato il regista principale. Ed ha quindi scritto: “stop alle decisioni prese nel Palazzo e ai seggi riservati agli amici”.

Da ultimo ha “ricattato” l’ex premier sul doppio mandato: se non mi dai una deroga (lei punta ovviamente al Parlamento) io non ti faccio passare deroghe al principio di territorialità e non ti faccio candidare i tuoi fedelissimi. Un bel modo di fare politica per chi dice di fare della trasparenza e della correttezza il suo cavallo di battaglia. Quindi la Lombardi - che ha lavorato bene in una regione difficile come il Lazio - e soprattutto ha dovuto fare i conti con le paturnie della sindaca ha ragione da vendere. Quello che sta accadendo a Roma, e questo forte attacco a Conte, dovrebbe poi far riflettere visto che la Raggi fa parte anche del Comitato di garanzia ed è una personalità divisiva in un momento in cui i Cinque Stelle hanno solo bisogno di unità.