Magistrati e politica, il problema non è il "dove" ma il "cosa"
Giorgia Meloni ha invitato le toghe a "candidarsi e farsi votare per governare". Ma il problema, che esiste, è altrove. Il commento
"Se volete fare politica, candidatevi e fatevi votare per governare". L'invito di Giorgia Meloni ai magistrati è una provocazione e come tale va presa senza leggerla alla lettera. Innanzitutto perché dal 1948 in ogni legislatura di toghe in Parlamento ce ne sono state per ogni aula, sia Camera che Senato, e per ogni partito. E non pochi, ben 126. È quindi evidente che magistrati "scesi in campo" pronti ad affrontare la campagna elettorale, la gente, i comizi, la notte degli scrutini ce ne sono sempre stati e sempre ce ne saranno. Quello che poi bisogna ammettere è che i giudici non hanno nemmeno bisogno di fare politica in quelli che sono i luoghi prestabiliti del Parlamento; si può tranquillamente farla nell'ufficio della propria procura. Basti pensare, solo per fare l'ultimo esempio, a Iolanda Apostolico, l'ex giudice (si è infatti dimessa da poco) del Tribunale di Catania che aveva di fatto bloccato i decreti sulle espulsioni dei migranti voluti da Matteo Salvini. Un gesto, politico come pochi, fatto stando comodamente seduti sulla poltrona del proprio ufficio.
Il problema quindi non è il dove ma il "cosa" (e questo anche Giorgia Meloni lo sa benissimo).
Cosa possa fare un giudice e cosa non possa fare. Qual è il limite di intervento delle toghe. In sintesi: qual è il confine tra due dei tre poteri dello Stato?
Il potere piace, a tutti, inutile negarlo. E quindi si cerca di averne per sé il più possibile, allargando le proprie competenze e rubando, se possibile, spazio agli altri. Capite però bene come entrare in casa d'altri, togliendogli potere, sia lo smacco più duro da sopportare per un onorevole, figuratevi per Presidente del Consiglio. La battaglia ormai decennale tra politica e magistratura è tutta qui: questione di potere.
Se però siamo in questa situazione di guerra totale, con attacchi quotidiani sempre più duri la colpa non spetta ai magistrati, che fanno il loro gioco, ma alla politica incapace di trovare una soluzione al problema. Abbiamo sentito almeno una dozzina di governi mettere nel proprio programma la "riforma della Giustizia", sappiamo com'è andata a finire: mai fatto nulla. Anche perché ad ogni piccolo passo avanti o solo ad ogni minima dichiarazione d'intenti i magistrati hanno messo in campo tutta la loro forza mediatica fatta di proteste amplificate al massimo solitamente con la Costituzione alla mano. E, diciamo la verità, spesso la politica ha trasformato la guerra subita dalle toghe, in certi casi talmente smaccata da diventare controproducente, in un proprio punto di forza ("Non mi faccio intimidire, vado avanti" ha detto Giorgia Meloni nel famoso video con in mano la comunicazione della Procura di Roma sul caso Almasri, ed oggi sui sondaggi siamo al +0,5% rispetto a settimana scorsa).
Serve quindi coraggio, serve un governo forte ed una opposizione che si renda conto di come la situazione attuale non faccia bene all'Italia e che dei paletti siano necessari per l'esecutivo di oggi e per quelli di domani. Visto però quali sono oggi i leader dei principali partiti siamo propensi a credere che questo muro contro muro continuerà almeno fino alla prossima legislatura. Dove ci saranno i soliti 10 magistrati eletti...