Manovra, la minaccia dei "tagli lineari" ai ministeri. Il piano di Mef e Chigi. Esclusivo
Obiettivo della spending review tre miliardi di euro
L'ultima parola spetterà a Via XX Settembre e a Palazzo Chigi, anche se come ha ricordato Tajani alla fine la Legge di Bilancio la approva il Consiglio dei ministri e ovviamente dovrà esserci l'unanimità
"Non credo che per tre miliardi di spending review vedremo i ministri indossare l'elmetto", dichiara il sottosegretario della Lega al Lavoro Claudio Durigon al Corriere della Sera, confermando che "il taglio del cuneo fiscale diventa strutturale" dal 2025 con la prossima Legge di Bilancio. Ormai la manovra per il prossimo anno è in dirittura d'arrivo e, anche se dovrebbe approdare per un primo esame questa settimana in Consiglio dei ministri, una bozza ancora non esiste, nemmeno al Mef, come confermano fonti governative ai massimi livelli.
Ma la struttura è abbastanza chiara: una finanziaria intorno ai 25 miliardi di euro, forse poco più, per ridurre l'Irpef fino a 60mila euro di reddito all'anno, aumentare il tetto del 15% di flat tax per le partite Iva e incrementare le pensioni minime.
Sul fronte delle entrate, quasi certamente, non ci sarà alcuna tassazione degli extra-profitti delle banche ma un contributo, non solo dal sistema del credito, arriverà con il dialogo e la collaborazione già in atto ad esempio tra governo e Abi. E poi, appunto, i tagli ai ministeri. Giancarlo Giorgetti, titolare del dicastero dell'Economia, ha minacciato di fare il "cattivo" se i suoi colleghi non taglieranno e il vicepremier e leader di Forza Italia Antonio Tajani ha risposto che la manovra "non la scrive una persona sola ma la approva tutto il Cdm".
Giorgetti mette le mani avanti, fa la voce grossa - d'intesa con Giorgia Meloni e con Giovanbattista Fazzolari, ovvero Palazzo Chigi - per raggiungere l'obiettivo di ottenere tre miliardi di euro di spending review. Fonti di governo assicurano ad Affaritaliani.it che (in teoria) i "tagli non saranno lineari" cioè non colpiranno in maniera indiscriminata ma punteranno a "ridurre le inefficienze".
Attenzione però, perché ogni titolare del proprio dicastero porterà le proprie proposte al titolare del Mef e alla presidente del Consiglio e solo se il piano andrà bene a Mef e Chigi ci sarà l'ok, altrimenti Giorgetti e Meloni procederanno loro a ulteriori riduzioni della spesa. E a quel punto i tagli potrebbero essere davvero lineari (da parte dell'Economia e della presidenza del Consiglio) nel caso in cui i ministeri non comunichino con precisione e nei dettagli in che settori intendono risparmiare.
Non solo, la domanda che molti si pongono è quali ministeri subiranno la maggior "cura dimagrante"? La risposta che arriva direttamente da un membro dell'esecutivo di Centrodestra è semplice e chiara: "Tutti in quota parte", ovvero in proporzione al bilancio che ogni dicastero (con portafoglio) ha a disposizione dovrà tagliare e quindi far risparmiare allo Stato in percentuale uguale a tutti gli altri che fanno parte dell'esecutivo. Sempre con l'ultima parola che spetterà a Via XX Settembre e a Palazzo Chigi, anche se come ha ricordato Tajani alla fine la Legge di Bilancio la approva il Consiglio dei ministri e ovviamente dovrà esserci l'unanimità.