Marco Cappato e le sue battaglie per eutanasia, ambiente e diritti civili

Il diritto alla "dolce morte" conquistato da un paziente marchigiano è un passaggio storico. L'ultimo capitolo di una lunga storia di sfide civiche

Di Lorenzo Zacchetti
Politica
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La vicenda di “Mario”, malato marchigiano che è stato autorizzato a ricorrere all’eutanasia, segna una pietra miliare nella storia del nostro Paese, profondamente cambiata dalle battaglie civiche di Marco Cappato


Chi è Marco Cappato

La sua è decisamente una figura atipica nel pur complesso quadro politico italiano. In primo luogo è capace di cambiare le cose anche stando fuori dalle istituzioni, mentre molti di coloro che ricoprono un ruolo elettivo non lasciano traccia del loro passaggio. Inoltre ha saputo coinvolgere un numero impressionante di nostri connazionali nella battaglia referendaria, in una fase storica di forte disaffezione e astensionismo. In più, è arrivato al massimo della popolarità dopo aver schivato la galera, prospettiva che, comprensibilmente, per qualunque altro politico avrebbe invece rappresentato l’inizio di una tremenda gogna mediatica. Partiamo proprio da qui per tracciare il profilo di un attivista che pare davvero instancabile.

Cappato e DJ Fabo: le lacrime e l’assoluzione

In una successione di eventi davvero incredibile, nel dicembre del 2019 Cappato è stato assolto dall’accusa di aiuto al suicidio di DJ Fabo, per la quale si era autodenunciato due anni prima, proprio nel giorno in cui ha perso la madre, anch’essa radicale e da tempo malata. La corte gli ha concesso giusto qualche minuto di pausa in un processo nel quale rischiava fino a 12 anni di detenzione. Al suo fianco c’era Valeria Imbrogno, la compagna di Fabo, al secolo Fabiano Antoniani. Rimasto tetraplegico in seguito a un incidente, il DJ si era rivolto all’Associazione Luca Coscioni, che da tempo si batte per la libertà di ricerca scientifica e in particolare per la legalizzazione dell’eutanasia. Cappato, segretario dell’Associazione, ha accompagnato Fabo in Svizzera, dove la “dolce morte” è da tempo permessa dalla legge, al contrario dell’Italia, e subito si è autodenunciato. Portando la questione in un’aula giudiziaria, ha ottenuto che l’eutanasia conquistasse il centro del dibattito politico, sottolineando la necessità di colmare le lacune legislative sul punto. La sentenza della Corte Costituzionale infatti stabilisce che, a certe condizioni, l’aiuto al suicidio non è equiparabile all’istigazione al suicidio, punito dall’art. 580 del codice penale. Una conquista fondamentale, che Cappato ha ottenuto mettendo a rischio la propria libertà, a favore della libertà di ogni singolo individuo di scegliere che cosa fare della propria vita. E questo è stato notevolmente apprezzato.

Da +Europa al boom delle firme digitali

Sulla scia di un caso che ha smosso le coscienze come quello di DJ Fabio, lo scorso ottobre Cappato ha chiuso la raccolta firme per il referendum sull’eutanasia legale con l’impressionante totale di un milione e 200.000 firme. Ne sarebbero bastate 500.000 per richiedere la consultazione popolare.
Il merito di questo exploit in parte è certamente della possibilità di firmare digitalmente grazie allo Spid, un’importante innovazione, ma soprattutto nella capacità di occuparsi che temi che realmente incidono nella vita quotidiana delle persone, al contrario delle dinamiche spesso fumose e autoreferenziali della politica-politicante. 
La pregnanza delle battaglie civiche di Cappato è riconosciuta anche da chi non le condivide. Lo si è visto anche nella discussione sugli OGM, nella quale, proprio per la sua fiducia nella scienza, è andato controcorrente assumendo una posizione favorevole sul genome editing. E in effetti è difficile dargli una collocazione precisa, secondo gli schemi classici. Certamente la sua tendenza personale è più verso il centrosinistra, del quale ha fatto parte come consigliere comunale a Milano con Giuliano Pisapia Sindaco, ma i Radicali hanno spesso assunto posizioni trasversali e, soprattutto in campo economico, spesso hanno trovato punti di contatto anche con il centrodestra. Nel gennaio 2019 Cappato ha partecipato al congresso di +Europa candidandosi segretario nazionale contro Benedetto Della Vedova. La sua sconfitta, legata a doppio filo all’accordo tra Della Vedova e Bruno Tabacci, lo ha indotto a fare politica “in un altro modo”, ovvero fuori dai partiti.

Giornalismo, politica e battaglie civiche

Cappato non avrà tessere in tasca, ma certamente non gli mancano le occasioni per intervenire nel dibattito pubblico. Oltre al ruolo di tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, è promotore del movimento paneuropeo Eumans, nonché giornalista pubblicista dal 2012 e curatore della rassegna stampa domenicale su Radio Radicale, dal titolo “Stampa e regime”. Tra le sue battaglie, ci sono anche quelle per la legalizzazione della cannabis, nonché quelle per il clima: il 23 aprile 2020, in occasione della Giornata della Terra, ha lanciato l’iniziativa “Stop Global Warming” e a metà dello scorso novembre ha promosso “Cittadini per il clima”, sull’onda del successo ottenuto grazie alle firme digitali. Un percorso che dimostra come sia possibile fare politica anche senza ricoprire ruoli istituzionali, cosa che peraltro Cappato in passato ha fatto abbondantemente. Nato a Milano il 25 maggio 1971, negli anni ’90 si è innamorato del progetto dei Radicali, ispirato dalle figure di Marco Pannella ed Emma Bonino. Scelto come assistente al Parlamento Europeo, venne arrestato durante una manifestazione antiproibizionista non autorizzata a Bruxelles: sarebbe stato solo il primo di tanti episodi analoghi di disobbedienza civile. Negli anni seguenti viene eletto parlamentare europeo, parlamentare italiano, consigliere comunale a Milano e della città metropolitana, oltre a candidarsi Presidente della Lombardia nel 2013 (ma senza ottenere le firme necessarie per presentare la lista) e Sindaco del capoluogo nel 2016 (al ballottaggio i Radicali poi sostennero Beppe Sala, ottenendo un posto in Giunta con Lorenzo Lipparini). Eppure sul referendum sulla Giustizia sono sulla stessa linea della Lega di Matteo Salvini.

Sfide pubbliche e vita privata

Sfide pubbliche e vita privata

Pur risultando uno dei politici più presenti nell’attività istituzionale, Cappato è riuscito nel contempo sia a rivestire ruoli di partito che a condurre numerose battaglie per i diritti LGBTQ+, l’ambiente e l’eutanasia. Prima del caso di DJ Fabo, era stato in prima linea nella dolorosa vicenda di Piergiorgio Welby, malato di distrofia e co-presidente dell’Associazione Coscioni, che aveva chiesto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di poter staccare il respiratore che lo manteneva in vita. Anche grazie a un suo sciopero della fame di ben 17 giorni, si è in seguito arrivati all’interruzione delle terapie. Nella sua vita privata, sulla quale Cappato è piuttosto riservato, le figure centrali sono la moglie, la giornalista Simona Voglino Levy (firma de Il Foglio, Libero e Mediaset) e la loro figlia Vittoria Micol, nata nel 2018. A completare il quadro familiare c’è anche un cane, che si chiama Luigi. Chiameremo invece Mario (ma il nome è inventato per ovvie ragioni di privacy) il paziente marchigiano per il quale Cappato ha combattuto la sua ultima battaglia.

Nelle Marche l’ultima sfida (non ancora vinta)

Dopo dieci anni vissuti in una completa paralisi da testa a piedi, anche lui a causa di un incidente, “Mario” ha finalmente ottenuto il via libera da parte del comitato etico dell’Asur (l’azienda sanitaria delle Marche) per accedere al suicidio assistito, proprio sulla base del diritto sancito dalla sentenza della Consulta sul caso di DJ Fabo. Tuttavia, è stato necessario intraprendere una nuova battaglia, perché Asur ritiene esaurito il suo compito e, come spiega Cappato, “le modalità tecniche per l’auto-somministrazione del suicidio non sono state ancora decise. Per l’accompagnamento attivo bisognerà invece aspettare l’esito del referendum per abrogare il reato di omicidio del consenziente che permetterebbe ad un medico di fare ciò che già fanno medici in Olanda, Belgio, Spagna e Lussemburgo”.
C’è ancora molta strada da percorrere, in un Paese che per rispettabilissimi ragioni culturali assimila lentamente certi cambiamenti. Almeno a livelli istituzionali, perché la cosiddetta società civile sembra procedere decisamente più veloce.