Mattarella si dimette? Non è escluso. 'Bomba' premierato dopo La Russa. Inside
Mattarella, moral suasion per cercare di mitigare il premierato. Ma se la maggioranza va avanti...
Premierato, le parole di La Russa sono state la goccia che ha fatto traboccare il vaso
Le parole pesantissime - e non concordate con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni - del presidente del Senato Ignazio La Russa sono state la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Nonostante la stima e la fiducia ribadita nei confronti di Sergio Mattarella, La Russa ha usato parole che in realtà sono macigni dal punto di vista costituzionale. "I poteri costituzionali del presidente della Repubblica non verranno intaccati" dalla riforma, nel senso che "nessuno degli articoli" che li riguardano verrà modificato. Al tempo stesso però, il presidente del Senato, ha aggiunto: “C'è una Costituzione materiale ormai che attribuisce" al Capo dello Stato "poteri più grandi di quelli che originariamente la Carta prevedeva e un'elezione diretta del presidente del Consiglio potrebbe ridimensionare l'utilizzo costante di questi ulteriori poteri, ridimensionarli ma non eliminarli".
In sostanza, la riforma voluta dal governo serve anche per ridurre i poteri del Presidente. Questo il senso delle parole di La Russa. Al di là delle ovvie proteste delle opposizioni, secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, da ieri si è intensificata l'opera e l'azione di moral suasion da parte del Quirinale - l'unico strumento che Mattarella ha a disposizione - per cercare di mitigare, rivedere e modificare il progetto di riforma così come è stato licenziato dal Consiglio dei ministri. In primo luogo verrà certamente tolto il riferimento direttamente in Costituzione al 55% dei seggi in Parlamento a chi vince le elezioni, norma incostituzionale secondo tutti gli esperti non essendo prevista una soglia minima. Il tutto verrà rimandato alla nuova legge elettorale che necessariamente dovrà accompagnare la riforma dell'elezione diretta del premier.
Altro punto che non convince affatto è che se dovesse cadere il premier eletto dal popolo a Palazzo Chigi andrebbe il secondo del primo partito o della prima coalizione o comunque un altro esponente della maggioranza che ha vinto le elezioni. Un nodo che non piace a costituzionalisti e, pare, nemmeno al Quirinale.
Dal Colle, raccontano fonti qualificate, è partita la cosiddetta moral suasion su ambienti della maggiorannza - in particolare Forza Italia ma anche una parte della Lega che fa riferimento al moderato ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti - per tentare di arginare il premierato meloniano. Infatti anche tra gli azzurri ci sono molti dubbi su un testo che, come è scritto oggi, regala pieni poteri a Meloni annientando di fatto gli alleati. E anche l'uscita di Massimiliano Fedriga, Governatore del Friuli-Venezia Giulia e presidente della Conferenza delle regioni, sul fatto che "prima del premierato deve essere approvata l'autonomia" non è affatto un caso. E' un segnale del nervosismo leghista.
Le opposizioni da sole non hanno la forza numerica in Parlamento per fermare la riforma e il referendum popolare rischia di essere una lotteria che potrebbe punire Meloni come accadde con Matteo Renzi ma potrebbe anche incoronarla a leader assoluta. Fonti del Pd parlano di "deriva alla Orban o alla Netanyahu" con la riforma della Giustizia, poi congelata dopo il conflitto scatenato da Hamas in Medio Oriente. Una sorta di autarchia nella quale non c'è più il bilanciamento dei poteri ma il premier eletto dal popolo è un gradino sopra agli altri (Parlamento, presidenza della Repubblica, Corte Costituzionale). E, assicurano i Dem, queste sono anche le preoccupazioni del Quirinale, specialmente dopo le parole di La Russa.
Tanto che fonti centriste, che ben conoscono la storia democristiana e da costituzionalista di Mattarella, non escludono clamorose dimissioni del Capo dello Stato nel caso in cui l'operazione di moral suasion non dovesse funzionare o non fosse sufficiente per cambiare radicalmente una riforma che porta l'Italia ad assomigliare più all'Ungheria che agli altri Paesi europei.