Meglio un Sindaco civico o politico? Meglio parlare delle idee per la città!
La distinzione tra "società civile" e "politici di professione" ha ancora senso? Dai casi concreti emergono vari dubbi...
Meglio un candidato Sindaco preso dalla politica, oppure un civico? La scelta del centrodestra, che ha pescato nella società civile per le amministrative di settembre-ottobre, è l'apice di un percorso iniziato da Silvio Berlusconi nel 1994.
La sua famosa “discesa in campo” rappresentava la mobilitazione di un imprenditore di grande successo in vari campi, a fronte del punto più basso toccato dalla politica: lo scandalo di Tangentopoli. Creare una contrapposizione di tipo calcistico tra gli uni e gli altri è una specialità del fondatore di Forza Italia, ma allora c'erano anche solidissime basi di realtà: a fronte dei “politici di professione” chiusi nei Palazzi del Potere e distanti anni luce dai problemi reali del Paese, l'apporto di un “civico” avrebbe potuto essere una svolta storica. E in parte lo è stata.
Oggi il quadro è radicalmente diverso. Si parla di “porte girevoli” tra la politica e il mondo delle professioni e la distinzione tra “politici di professione” e “società civile” è sempre meno netta. Questo non è necessariamente un bene. La disintermediazione portata avanti da molte forze politiche, non solo il M5S, ha fatto sì che personaggi senza arte ne parte giungessero alla politica come ufficio di collocamento decisamente meno esigente di quelli del mondo reale: finché ci sono i voti, si va avanti, a prescindere dai demeriti ampiamente dimostrati.
Una distinzione netta è però complessa. Pensiamo per esempio a Milano, dove il centrodestra ha scelto il pediatra Luca Bernardo: ha colpito molti milanesi il fatto che una delle sue prime uscite fosse contro le piste ciclabili, cosa che - proprio per la sua professione – appare un controsenso evidente. Azzardiamo un'interpretazione: la figura “non politica” è anche meno indipendente nel rapporto con i partiti, che subito gli hanno imposto un tema che sembra anche il principale di questa kafkiana campagna elettorale milanese. D'altronde, quando Salvini ripete più volte al giorno il concetto di “squadra”, dà proprio l'idea di un candidato sindaco molto guidato dai partiti... altro che civismo!
Il suo avversario è il sindaco in carica: Beppe Sala. Civico o politico? Difficile da dire, perché la sua fama nasce dal lavoro come manager e solo poche settimane ha preso una tessera di partito, quella dei Verdi. Ma chi lo conosce bene ne apprezza un fiuto politico non indifferente, che deriva non solo dal quinquennio alla guida della città, ma anche dalle precedenti esperienze come City Manager e Numero 1 di Expo 2015.
Forse è più facile fare distinzioni a Roma, dove Raggi, Gualtieri e Calenda sono sicuramente politici, mentre Michetti è espressione di una città certamente contrariata da diversi errori di gestione. Come personaggio mediatico ha una sua credibilità personale, che però necessariamente diventa una freccia nella faretra del centrodestra, il quale ha deciso di non schierare direttamente i suoi uomini in questa competizione, ma non certo di stare a guardare.
Simile la situazione a Torino, dove per il PD c'è Russo – figura certamente politica – mentre il centrodestra punta sull'imprenditore Paolo Damilano. In questo caso, però, non sarà irrilevante la presenza di altri candidati, dal profilo completamente civico, che sembrano avere la possibilità di dire la loro. Specialmente al ballottaggio.
Il curriculum di un candidato sindaco non è mai un aspetto secondario: in un lavoro difficile e stressante, sono spesso le sue soft skills a fare la differenza. Tuttavia, quando si arriva a rappresentare la propria città, il passato è alle spalle e l'unica cosa che conta sono i fatti, ovvero i progetti concreti per migliorare la vita dei cittadini. E di questi aspetti, purtroppo, non si sta parlando abbastanza.