Meloni, dalla manovra al price cap: tutti i successi della premier in Europa

Persino il ministro dell'Economia Giorgetti, ormai molto più in sintonia con la premier che con Salvini, ha ammesso il successo atlantista di Meloni

di Vincenzo Caccioppoli
Giorgia Meloni
Politica

Meloni  deve giocare un ruolo da protagonista vero, e non solo perché è la prima donna premier della storia. L'analisi

Il primo ad ammettere l’importante successo ottenuto dalla premier Giorgia Meloni al suo primo Consiglio europeo di ieri, è stato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che sembra essere ormai molto più in sintonia con lei, che con il suo stesso segretario Matteo Salvini. Il fatto che uno solitamente sempre piuttosto parco in complimenti con sé stesso e con gli altri e certo non proprio propenso all’ottimismo, vuol dire che effettivamente la premiere italiana deve aver segnato il Consiglio Europeo appena chiuso. Il ministro dell’Economia le ha riconosciuto di avere "sbloccato una situazione molto complicata, superando le difficoltà poste da alcuni Paesi”.

Ed in effetti Giorgia Meloni, grazie alla sua carica di presidente dell’Ecr (a cui ha contribuito in maniera determinante il ministro degli Affari Europei, Raffaele Fitto, anche lui al seguito della premier a Bruxelles), dopo un incontro con i leader polacchi e cechi, rispettivamente Mateusz Morawiecki e Petr Fiala ambedue facenti parte del gruppo dei conservatori all'Europarlamento, si è arrivati ad un accordo su due questioni assai dirimenti.

Dopo il colloquio con la premier, infatti, la Polonia ha rimosso il proprio veto sulla “global minimum tax”, la tassazione minima del 15% cui potranno essere sottoposte le multinazionali nel territorio dell’Unione.  Il pacchetto comprendeva anche gli aiuti da 18 miliardi di euro all’Ucraina, e un ruolo decisivo nel convincere Morawiecki lo ha avuto proprio la Meloni, come ha confermato Fitto. Senza contare che il premier italiano sarebbe riuscito anche a portare a più miti consigli (impresa tutt’altro che semplice) il rude Orban sulla questione del veto 8 poi rimosso al nuovo pacchetto di aiuti all’Ucraina.

D’altra parte il fatto che il primo viaggio istituzionale della premier, a pochi giorni dalla fiducia, fosse stato quello di recarsi nella capitale europea, ha voluto plasticamente dimostrare che, al di là di qualche facile battuta da campagna elettorale, Giorgia Meloni sa bene che in Europa attualmente può giocare un ruolo decisivo, nel provare a cambiare una istituzione, a maggior ragione oggi, dopo lo scandalo del cosiddetto Qatargate, che appare, forse mai come ora, caduta in una profonda crisi di identità, di valori, di idee, ma soprattutto di leadership.

Casualmente a Francoforte nello stesso giorno del Consiglio europeo, un'altra donna, la presidente della Bce Christine Lagarde annunciava un ulteriore stretta monetaria e un proseguimento della politica di contenimento dell'inflazione, che, toccando il costo del denaro e la politica di acquisto di titoli di stato, certo non potrà che ritorcersi maggiormente sui paesi molto indebitati, proprio come il nostro. Non è un caso che il differenziale con il bund tedesco del nostro decennale, sia schizzato nuovamente ben sopra i 200 punti base, subito dopo l’annuncio della Lagarde. Solo casualità, ma certo è che quando alla guida del governo c'era Draghi (suo predecessore proprio alla guida della Banca centrale) la Lagarde era sembrata certamente più abbottonata.

Ma la premier sembra non avere di queste preoccupazioni (anche se il carico del debito inevitabilmente avrà ricadute sulle future politiche economiche del governo) e lascia ai suoi fidati consiglieri, in questo caso il ministro della difesa Guido Crosetto, l’onere della risposta piccata. Il suo obiettivo sembra ormai chiaro e lo si è visto anche in occasione del G20 a Bali, e cioè quello di far sì che il suo governo e la sua premiership possano incidere non solo sul piano nazionale, ma anche e soprattutto su quello internazionale.

Lei si sta giocando tutto e non può e non vuole rischiare di fare la figura della figurante, deve giocare un ruolo da protagonista vero, e non solo perché è la prima donna premier della storia. E il momento è certamente di quelli propizi, considerando come dopo la conclusione della lunga premiership di Angela Merkel (curiosamente un altra donna) l’Europa stenta a trovare un degno sostituto.

Non è un caso se proprio Macron, che in cuor suo potrebbe aspirare a questo ruolo (stante la manifesta inconsistenza del tedesco Olaf Scholz), che a causa dei suoi problemi interni non riesce ad incarnare, continui nel suo atteggiamento di chiusura sui migranti, che sempre pare il classico casus belli fittizio.

Giorgia Meloni da secchiona quale è (persino un sempre polemico, egocentrico e un pò arrogante Carlo Calenda è rimasto sorpreso giorni fa dalla sua preparazione sulla sua contromanovra presentata a Palazzo chigi qualche settimana fa) sta certamente studiando da tempo i dossier più pressanti e sta costruendo una fitta rete di relazioni non solo in Europa, ma anche, grazie al suo fidato ambasciatore oltreoceano Adolfo Urso, ma anche a Washington, che guarda come sempre maggior interesse alla leader italiana.

I prossimi passi saranno quelli di arrivare alla fissazione di un price cap del gas, grande cruccio dell’ex premier Draghi, e la questione migranti, sulla quale probabilmente si inizierà a discutere il 9 febbraio, ma che vedrà certamente la premier italiana come certa protagonista a guidare il fronte dei paesi del sud ( ieri è stata vista parlare col premier greco Kyriakos Mitsotakis proprio su una strategia da adottare con i paesi maggiormente interessati ai flussi migratori).

Forse solo adesso si può cercare di interpretare in qualche maniera, quella tanto criticata frase, con cui concluse un comizio in campagna elettorale “ E’ finita la pacchia in Europa”. Mentre tutti i suoi tanti detrattori avevano dato un chiaro segnale, in quelle parole, di distanza e di contrasto all’ Unione e alle sue regole, in realtà ora forse può apparire invece come una chiara presa di coscienza di quello che deve e può essere il suo ruolo, e forse anche un sottile e velato rimprovero a coloro che l’hanno preceduta e che non sono stati in grado di assumere quella autorevolezza, che ora invece dopo solo tre mesi, sembra già dimostrare di avere di fronte ai grandi d’Europa.

La crisi delle tangenti all'Europarlamento che sta sconquassando la sinistra europea, può darle una ulteriore spinta in quel suo chiaro sforzo di cambiamento e rinnovamento che vuole portare da dentro l’Unione, per renderla quella entità che era stata pensata dai suoi fondatori e non quella pletora di burocrati (e talvolta pure corrotti) che pensano alla lunghezza degli ortaggi e non ai problemi legati alla politica estera, alla iummigrazione a all economia europea, stretta tra i due colossi, Usa e Cina.

Il suo obiettivo ora potrebbe essere quello (grazie ai buoni uffici del fidatissimo Fitto) di creare una santa alleanza tra conservatori e popolari, approfittando anche della grave crisi di credibilità della sinistra dopo il caso delle tangenti, per creare un’ampia maggioranza di centrodestra al parlamento europeo, proprio come è accaduto in Italia il 25 settembre scorso.

E il collettore di tutto questo potrebbe essere proprio la premier, auspicando una probabile vittoria del centrodestra in Spagna tra un anno (il vantaggio sui socialisti appare difficilmente colmabile) e chissà che la fragilissima e variegata maggioranza in Francia, non possa portare a qualche stravolgimento anche nella patria del “nemico” Macron. Tutto per ora sembra portare verso un cambio di rotta in Europa, alla cui testa sembra sempre più destinata ad esserci proprio Giorgia Meloni.

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