Meloni fugge dai giornalisti, sicuri che è influenza? Il no al Mes crea guai
Che cosa c'è dietro alla decisione della premier di rinviare la conferenza stampa di fine anno per la seconda volta. Inside
Meloni rinvia per la seconda volta la conferenza stampa di fine anno: il no al Mes porta a una manovra correttiva da 15-20 mld
Ufficialmente Giorgia Meloni ha rinviato ancora la conferenza stampa di fine anno, riprogrammata per domani 28 dicembre dopo il primo rinvio prima di Natale, perché ancora influenzata. Ma, come diceva Giulio Andreotti, a pensare male si fa peccato ma qualche volta ci si azzecca. E così in ambienti politici, sia della maggioranza che delle opposizioni, sono molti i dubbi e le perplessità.
Non è che l'influenza lunghissima sia una scusa per evitare le scomode domande dei giornalisti perché la presidente del Consiglio è in difficoltà? Il primo e principale nodo è certamente quello del rapporto con l'Unione europea. Meloni, per seguire la linea di Matteo Salvini (costretta a farlo altrimenti la Lega avrebbe tolto molti voti di destra a Fratelli d'Italia alle elezioni europee) ha dato ordine di votare contro il Mes.
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Ma questo atteggiamento fa a pugni con la volontà di mantenere buoni rapporti con Ursula von der Leyen che quasi certamente sarà nuovamente presidente della Commissione europea dopo le Europee. E comunque, anche se non sarà lei, sarà un esponente del Partito Popolare Europeo, Roberta Metsola o Manfred Weber. E il no al Mes isola l'Italia. Non solo.
Il combinato disposto con la riforma del Patto di Stabilità, con regole stringenti, mette l'Italia ancora di più con le spalle al muro. Il rientro dall'eccessivo deficit e debito pubblico imporrà a luglio una manovra correttiva da 15-20 miliardi, con nuove tasse o tagli alle spese. Una linea sulla quale le opposizioni si giocheranno tutta la campagna elettorale delle Europee, come confermano fonti Dem e M5S ad Affaritaliani.it.
Se il Parlamento avesse ratificato il Mes l'atteggiamento di Bruxelles sarebbe stato più benevolo con l'Italia, ma così Germania e Francia in testa non faranno sconti. E anche sul Pnrr le maglie saranno molto più strette, i tempi più lunghi e i controlli più stringenti.
Insomma, un profondo imbarazzo alimentato anche dalla posizione di Giancarlo Giorgetti che oggi in Commissione ha affermato di non aver mai detto che il Mes sarebbe stato ratificato - e in effetti ha sempre detto che era una decisione che spettava al Parlamento - ma resta la sua posizione lontana da quella di Lega e Fratelli d'Italia.
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Meloni ha fatto un calcolo politico, non voleva lasciare un'autostrada alla Lega alle Europee temendo un calo di voti a favore di Salvini ma così si è maledettamente complicato il rapporto con l'Unione europea. Il tutto con Antonio Tajani che sul Mes si è astenuto per cercare di tenere aperto un canale con il Ppe.
Una posizione che non è sufficiente a Meloni per evitare ripercussioni da Bruxelles e che mostra le difficoltà del partito fondato da Silvio Berlusconi schiacciato tra l'alleanza europea con il Ppe e un governo dominato da posizioni sovraniste.
Il tutto senza contare il nodo della proroga del Superbonus chiesta a gran voce proprio da Tajani e Forza Italia per le aziende e i condomini che hanno superato il 70% dei lavori ma che non piace affatto al titolare del Mef e alla stessa Fratelli d'Italia. Sarebbe come dar ragione a Giuseppe Conte dopo averlo pubblicamente accusato di aver distrutto i conti pubblici.
Troppi imbarazzi, troppe falle nelle scelte del governo. Troppo rischiose le domande dei giornalisti. Magari sarà anche vero che l'influenza è persistente e questo è il motivo del rinvio-bis della conferenza stampa, ma ci sono tutti gli elementi per far pensare che anche questa volta l'adagio del Divino Giulio fosse accezzato.