Meloni, pieni poteri. Premierato e al voto senza Salvini e Tajani. Il piano

Il punto chiave è l'Articolo 3 del disegno di legge della riforma costituzionale

Di Alberto Maggi
Tags:
meloni pieni poteri premierato
Giorgia Meloni 
Politica

E se Lega e Forza Italia non ci stanno? C'è sempre l'arma delle elezioni anticipate...

 

Gelo nella Lega e in Forza Italia. Le parole di stamattina di Giorgia Meloni spazzano via qualsiasi dubbio. "Penso che alla fine arriveremo al referendum", pronostica Meloni che vede estremamente improbabile un accordo sul pacchetto delle riforme (elezione diretta del premier). "Faranno di tutto perché non arrivino in porto", osserva ancora il presidente del Consiglio che conferma che "alla fine decideranno gli italiani". A spaventare gli alleati della premier è l'articolo 3 del premierato, che recita:

(Modifica dell’articolo 92 della Costituzione)
L’articolo 92 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Il Governo della Repubblica è composto dal Presidente del Consiglio e dai Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri. Il Presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto per la durata di cinque anni. Le votazioni per l’elezione del Presidente del Consiglio e delle Camere avvengono tramite un’unica scheda elettorale. La legge disciplina il sistema elettorale delle Camere secondo i principi di rappresentatività e governabilità e in modo che un premio, assegnato su base nazionale, garantisca il 55 per cento dei seggi nelle Camere alle liste e ai candidati collegati al Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Presidente del Consiglio dei Ministri è eletto nella Camera nella quale ha presentato la sua candidatura. Il Presidente della Repubblica conferisce al Presidente del Consiglio dei Ministri eletto l’incarico di formare il Governo e nomina, su proposta del Presidente del Consiglio, i Ministri”.

Il punto chiave è questo: "La legge disciplina il sistema elettorale delle Camere secondo i principi di rappresentatività e governabilità e in modo che un premio, assegnato su base nazionale, garantisca il 55 per cento dei seggi nelle Camere alle liste e ai candidati collegati al Presidente del Consiglio dei Ministri".

Scritta così la norma sembra del tutto incostituzionale visti anche i precedenti della Consulta quando bocciò il Porcellum e l'Italicum. Ma intanto, senza modifiche e con un eventuale via libera al referendum, spiegano fonti qualificate ad Affaritaliani.it, Meloni il giorno dopo la vittoria popolare andrebbe al Quirinale a dimettersi per chiedere nuove elezioni. Correre alle urne senza alleati e con il 28-29% (stando ai sondaggi attuali) arrivare al 55% dei seggi e governare senza Lega e Forza Italia.

La ministra Elisabetta Casellati era perplessa e non voleva inserire il 55% dei seggi nella Costituzione, così come esponenti di spicco della Lega. E' vero che c'è tutto l'iter parlamentare ma la premier ha sempre il ricatto delle elezioni: o il resto del Centrodestra si adegua e vota sì o si va al voto. E quindi la convinzione è che Meloni punti proprio a quest'obiettivo: vincere il referendum, andare alle urne da sola e governare l'Italia senza le grane di Salvini e Tajani. Poi arriverà la bocciatura della Consulta, probabilmente, ma intanto il nuovo Parlamento sarà stato eletto e per cinque anni andrà avanti. Con i pieni poteri a Giorgia.