Migranti e asse con Berlino, perchè Macron non può fare a meno della Meloni

Il pragmatismo e l’attivismo della Meloni in politica estera hanno certamente piacevolmente sorpreso mezza Europa e non solo. L'analisi

di Vincenzo Caccioppoli
Emmanuel Macron e Giorgia Meloni
Politica

Macron e Meloni, dopo le tensioni la distanza s'accorcia: la premier centrale nella politica estera Ue 

"Non leggerei la politica estera come materia di due ragazzini che litigano e fanno pace. Ci sono interessi delle nazioni che vengono prima di tutto e mi pare che ci siano diversi punti comuni tra Italia e Francia", dice Giorgia Meloni all’ambasciata d’Italia a Parigi, la sera, durante il ricevimento per la candidatura di Roma a Expo 2030. Poco prima la premier italiana aveva incontrato all’Eliseo il presidente francese Emmanuel Macron per un colloquio durato un’ora e 40 minuti, molto più del previsto.

Dopo mesi di scaramucce diplomatiche tra i due paesi, soprattutto per opera delle inopportune accuse da parte dei francesi sul tema migranti, alla fine il presidente francese ha evidentemente capito che occorreva un cambio di strategia. I tentativi di indebolirla non hanno sortito nessun effetto, se non forse quello di avvicinare ulteriormente Italia e Germania, anche in chiave anti francese.

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Il pragmatismo e l’attivismo della Meloni in politica estera hanno certamente piacevolmente sorpreso mezza Europa e non solo. E Macron, che mestamente da tempo ha dovuto tenere a freno le sue ambizioni di sostituire la leadership della Merkel in Europa, evidentemente lo deve aver capito ed ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco. “I rapporti con Roma sono migliori di quelli con Berlino”, ha sottolineato un esponente della presidenza francese, evidenziando plasticamente la crisi dell’asse franco tedesco, di cui la Meloni ha saputo approfittare con grande maestria, inserendosi nella contesa e diventando come una sorta di terzo polo tra le due grandi potenze.

Una dimostrazione tangibile di questo nuovo ruolo centrale del nostro paese e del suo peso negoziale, si è avuta sulla riforma del mercato elettrico, nell’ultimo consiglio dei ministri dell’Energia, che si è tenuto due giorni fa a Lussemburgo, la Germania ha cercato l’appoggio dell’Italia in opposizione alla Francia, e lo ha ottenuto, col risultato di schierare Roma al suo fianco isolando Parigi.

D’altra parte la visita di Scholz la settimana scorsa a Roma, poco tempo dopo quella della Meloni a Berlino, rappresenta un chiaro segnale che anche Berlino tiene molto in conto la vicinanza e l’alleanza con la nuova premier italiana. Dopo i rapporti basati sui convenevoli e sulla confidenzialità da parte del compianto Berlusconi, il sostanziale servilismo ed irrilevanza di Letta e Renzi verso le due grandi superpotenze, la sostanziale sudditanza di Conte, e la bonaria amicizia da parte di Draghi con i due grandi, ora sembra arrivato il momento del sano pragmatismo che la Meloni sta adottando sia con la Francia che con la Germania.

La sua intraprendenza in Tunisia e Libia è piaciuta a Scholz, ma non ha infastidito nemmeno troppo Macron, dal momento che la Francia ormai in quella parte del mondo sembra ormai aver perso gran parte della sua influenza storica. "Non c’è una buona politica migratoria europea se non c’è una difesa delle nostre frontiere comuni”, ha detto il presidente francese riconoscendo gli sforzi in questo senso dell’Italia e della sua premier. Anche qui insomma a prevalere è stata la realpolitik e il riconoscimento che Parigi ha bisogno di Roma, come e più di quello che Roma ha bisogno di Parigi, soprattutto in tema di migranti.

Certo le distanze sul tema migranti rimangono, ma anche Macron capisce bene che senza lo sforzo di Roma, i rischi per la Francia sono enormi, considerando come la sua rivale di sempre Marine le Pen, che è in vantaggio nei sondaggi, potrebbe avere buon gioco nell’attaccare il presidente, in caso di nuove invasioni migratorie in suolo francese. Ma proprio l'avanzata della Le Pen, potrebbe suggerire un nuovo scenario da parte della Francia e del suo presidente, in vista delle prossime importanti elezioni europee del 2024.

L’avanzata di Fratelli d’Italia e di molti partiti di destra in Europa, potrebbe portare l’Ecr, il gruppo dei conservatori, di cui proprio la Meloni è presidente, a diventare la terza forza in Europa, relegando ai margini porprio Renew di Macron, Rutte, Calenda e Renzi. Il nuovo corso dei rapporti tra Italia e Olanda, mai, nell’ultimo ventennio almeno, così buoni come adesso (alla faccia dei catastrofismi che la sinistra prevedeva in politica estera con la destra al governo del paese), plasticamente dimostrati dalla presenza di Rutte insieme alla stessa Meloni e alla Von der Leyen, nell'ultima missione in Tunisia, potrebbe suggerire un nuovo, forse inaspettato e per certi versi, sorprendente scenario.

L’ipotesi che comincia a serpeggiare, nemmeno troppo surrettiziamente, e quella che Renew +punterebbe a diventare nuovamente centrale, proprio inserendosi nel nuovo progetto a cui la Meloni sta lavorando da tempo, cioè quello di creare un'alleanza tra popolari e conservatori. La maggioranza in parlamento potrebbe a quel punto diventare concreta e gli equilibri spostarsi inevitabilmente verso il centrodestra. La presidente italiana sta giocando molto bene le sue carte, senza lasciare troppo spazio a manovre sottobanco e studiando attentamente le mosse da assumere sullo scenario europeo.

Anche per questo, molto probabilmente, nei mesi scorsi, molto intelligentemente, non ha voluto replicare alle pesanti accuse piovute dalla Francia, derubricando il tutto a semplici rese dei conti interne con l’opposizione della Le Pen. Ora però Macron sembra essere, e già questa potrebbe essere una notizia, in una posizione di sostanziale debolezza, nei confronti della sua omologa italiana, che evidentemente è stata sottovalutata (errore che molti in passato hanno colpevolmente commesso nei confronti della leader di Fratelli d’Italia) ed ora sembra voler correre ai ripari, con il minor danno possibile.

La strada verso le europee del giugno prossimo, è appena cominciata e certamente si assisterà ancora a colpi bassi e tensioni, ma la forza e l’autorevolezza della premier in politica estera sembra ormai consolidata e pronta ad affrontare, da una posizione di forza, la delicata e fondamentale sfida delle prossime europee.

Anche perché, mai forse come questa volta, negli ultimi decenni, un presidente italiano sembra essere in una posizione di sostanziale vantaggio, sia nei confronti del cancelliere tedesco (alle prese con una maggioranza litigiosa e con una estrema destra in grande ascesa in patria) e del presidente francese ( in crisi di consensi in patria e con il peso di potere essere ricordato come il primo presidente della storia ad avere consegnato il paese alla destra della le Pen). E questo per la tanto bistrattata italietta è certamente una gran bella notizia, alla luce anche delle prossime delicatissime questioni che dovranno decidersi in Europa, a cominciare dal Pnnr per finire con le regole di bilancio e con la politica migratoria.

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