Migranti in Albania, trattenimento non convalidato: le evidenti incongruenze giuridiche nella sentenza del tribunale di Roma

Qualche dubbio anche sui tempi dell'ordinanza dei giudici di Roma, giunta proprio all’indomani di una importante riunione della premier a Bruxelles con la presidente Von der Leyen

di Vincenzo Caccioppoli
Politica

Migranti in Albania, trattenimento non convalidato: le evidenti incongruenze giuridiche nella sentenza del tribunale di Roma

Come era prevedibile e auspicato da buona parte delle opposizioni al governo, il tribunale di Roma con una sentenza destinata a far discutere a lungo, ha intimato di far tornare in Italia i 12 migranti trasferiti in Albania. Molto dure le reazioni della maggioranza, a cominciare dalla premier Meloni, che ha parlato senza mezzi termini di una decisione dei giudici di Roma anticipata dai dem. 

"Penso che la decisione dei giudici di Roma sia pregiudiziale, lo dimostra che alcuni di questi giudici avevano criticato l'accordo con l'Albania ancora prima di entrare nel merito. E temo che debba anche colpire il fatto che questa decisione dei giudici è stata anticipata ieri da alcuni esponenti del Partito democratico", ha detto la premier in un punto stampa a Beirut, al termine della missione in Giordania e Libano.

Parole certamente forti, a cui si sono aggiunte quelle di molti esponenti del suo partito, che hanno accusato i giudici di volersi sostituire alla politica: “Per l’ennesima volta ci ritroviamo a prendere atto di una decisione di magistrati che di fatto annulla e contrasta le scelte politiche del governo e della maggioranza di centrodestra in tema di gestione dell’immigrazione illegale”, ha detto, per esempio, il capogruppo al Senato Malan.

Secondo alcuni di loro, e la cosa meriterebbe forse un'accurata riflessione, i magistrati di fatto dichiarerebbero, con questa decisione, che non esistono paesi sicuri. La decisione dei giudici si basa, infatti, sulla motivazione che i paesi di provenienza dei migranti in Albania, non sarebbero sicuri e quindi appellandosi ad una sentenza della Corte di giustizia Europea il 4 ottobre, intervenuta su richiesta di un tribunale della Repubblica Ceca, dove un cittadino moldavo aveva presentato domanda di protezione.

La richiesta era stata rifiutata e ne era nato un ricorso; la Corte regionale di Brno ha sottoposto allora alla Corte Ue diverse questioni "concernenti l'interpretazione della direttiva recante le procedure comuni sulla materia”.

La Corte del Lussemburgo ha stabilito alcuni principi. Intanto il diritto dell'Unione non consente attualmente agli Stati membri di designare come Paese sicuro "solo una parte del territorio del Paese terzo interessato". Ma a parte che la sentenza della Corte europea parla di porzioni di territorio insicuro all’interno di uno Stato sicuro, la sentenza di Roma, secondo molti, si potrebbe prestare a una opaca interpretazione della sentenza del 4 ottobre, dal momento che sia Egitto che Bangladesh (paesi di provenienza dei 12 migranti in Albania) sarebbero giudicati paesi sicuri, ai sensi del art.2 del d. Legislativo 25/2008.

A meno che il tribunale non disconosca un provvedimento legislativo, ma qui si entrerebbe allora in tutt'altra questione. Spesso si sente dire, giustamente, che le sentenze non devono essere giudicate ma rispettate, ma in questo caso certamente la decisione del tribunale di Roma potrebbe apparire avere non solo qualche incongruenza dal punto di vista giuridico, come precedentemente detto, ma anche dallo stesso punto formale.

Qualcuno all’interno della maggioranza, ha fatto notare, per esempio, come nel collegio giudicante della sezione migranti del tribunale di Roma che ha ordinato l’immediato rimpatrio dei migranti, sarebbe presente una giudice, protagonista in passato di dichiarazioni assai critiche verso la politica del governo sui migranti. Forse la cosa dal punto di vista sostanziale non sposta di molto la questione ma dal punto di vista formale qualche dubbio lo adombra.

Se, infatti, è assolutamente sacrosanto che, in quanto uomini, i giudici possono e devono avere legittimamente le proprie idee. È altrettanto sacrosanto che proprio per il loro delicatissimo ruolo dovrebbero usare la più assoluta cautela nel renderle pubbliche, per evitare appunto strumentalizzazioni di carattere politico. Come nel caso della giudice Apostolico, chiamata a decidere sulla legittimità delle espulsioni “rapide “dei migranti irregolari in Sicilia, nel 2023, alla luce del decreto Cutro appena varato dal governo Meloni, ordinando l'immediata scarcerazione di 4 di loro rinchiusi nel Cpr.

Nulla da eccepire si potrebbe dire dal punto di vista giuridico, se non fosse che la stessa giudice fu beccata a partecipare, qualche mese prima, ad una accesa manifestazione (condita da pesanti ingiurie contro le forze dell’ordine) proprio contro la politica migratoria del governo in tema migrazione. Insomma, anche in quel caso, come in questo, non è azzardato adombrare un qualche minimo sospetto sulla potenziale esistenza di un “conflitto di interesse” in un giudice che scende in piazza, o comunque critica apertamente alcune decisioni del governo sulla cui legittimità è poi tenuto a giudicare (qualcuno potrebbe parlare del classico caso di legittima suspicione).

Resta poi anche qualche dubbio sui tempi dell'ordinanza dei giudici di Roma, giunta proprio all’indomani di una importante riunione della premier a Bruxelles con la presidente Von der Leyen e alcuni capi di stato europei, che hanno manifestato sincero interesse per quello che alcuni definiscono modello Albania”. Non è un caso allora forse la circostanza che Pd, Cinque stelle e AVS avrebbero inviato, nelle stesse ore dell’ordinanza dei giudici di Roma, un'interrogazione alla Commissione europea, per chiedere se intende aprire una procedura di infrazione contro il nostro paese, per la gestione dei migranti in Albania.

Una cosa francamente che non si è mai vista a nessuna latitudine la cui gravità che è stata giustamente sottolineata dalla stessa premier Meloni. Autoaccusarsi da soli di fronte all’Europa pare davvero troppo, anche al più fantasioso degli oppositori politici. Insomma, un vero e proprio pasticcio che non fa altro che mettere il nostro paese ancora una volta alla berlina del resto d’Europa, proprio nel momento, forse si presenta in una posizione di autorevolezza e forza, come poche altre volte in passato.

E questo danneggia non tanto il governo ma tutto il paese, opposizioni comprese, che sembrano troppo spesso confondere la giusta opposizione che si dovrebbe fare al governo, con il discredito internazionale che ahinoi colpisce tutti indistintamente.

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