Obbligo vaccino, l'imposizione per decreto-legge è anticostituzionale
Potere legislativo in mano a un direttorio, con questa tipologia di provvedimento il trattamento sanitario obbligatorio è anticostituzionale
Obbligo vaccinale per gli over 50 ma il trattamento sanitario obbligatorio non si può introdurre tramite decreto
Alla fine, è arrivato. Il Consiglio dei ministri, nella seduta del 5 gennaio, ha approvato un decreto-legge con cui introduce l’obbligo vaccinale per tutti coloro che hanno compiuto i 50 anni di età, il cui testo non è ancora stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (sarà pubblicato a breve).
Tutti contenti, tutti d’accordo. Ma l’introduzione di un trattamento sanitario obbligatorio attraverso lo strumento del decreto-legge non è compatibile con la nostra Costituzione. Il secondo comma dell’art. 32 della Costituzione stabilisce che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Occorre dunque una legge, cioè quel provvedimento che presenti i requisiti della generalità ed astrattezza frutto della discussione generale da parte dell’unica istituzione repubblicana titolata ad esercitare la potestà legislativa: il Parlamento.
Si dirà che un decreto-legge, essendo un atto avente forza di legge, è equiparato alla legge. Vero, ma alla sola condizione che si verifichino i presupposti previsti dal secondo comma dell’art. 77 della Costituzione, cioè i “casi straordinari di necessità e di urgenza”, salvo poi la conversione in legge entro sessanta giorni da parte delle Camere, pena la caducazione degli effetti del decreto-legge fin dall’inizio. Dove sono, giunti a questo punto della pandemia (quasi due anni), i casi straordinari di necessità e di urgenza?
Ad oggi la soglia degli over 12 che ha completato il ciclo vaccinale primario è ben oltre l’87%, mentre l’obbligo della vaccinazione per gli over 50 parte solo dal 1° febbraio: quale necessità ed urgenza c’è oggi tale da giustificare l’introduzione di un trattamento sanitario obbligatorio con decreto-legge? La successiva conversione in legge da parte delle Camere è solo un alibi, una giustificazione più politica che costituzionale. L’emergenza esiste se sussiste l’eccezionalità del momento, ma dopo quasi due anni dov’è più questa eccezionalità?
Obbligo vaccinale per gli over 50, c'è una differenza sostanziale tra un decreto-legge e una legge
Non è un caso che l’art. 32 della Costituzione utilizzi il termine “legge” e non “atto avente forza di legge”. Lo stesso motivo per cui il termine “legge” è utilizzato anche agli articoli 13, 14 e 16 della Carta. Il decreto-legge è un atto immediato, privo della discussione generale, emesso da parte del governo in casi eccezionali (il Parlamento ne ha un mero controllo differito, seppur con facoltà di modifica), la legge invece è un atto ponderato, frutto della volontà generale, emanato dal Parlamento con tutte le garanzie costituzionali, compresa la tutela dei diritti sia delle opposizioni che soprattutto delle minoranze.
Il problema fu affrontato anche da Costantino Mortati, che in sede di sottocommissione all’Assemblea costituente ebbe modo di affermare che la decretazione d’urgenza avrebbe potuto causare “il pericolo di estromettere il Parlamento proprio dalla sua funzione caratteristica che è quella di legiferare”. Questione affrontata anche da altri Costituenti del calibro di Einaudi, Tosato, Bozzi, Nobile e Uberti, i quali evidenziarono come la decretazione d’urgenza non potesse in nessun caso violare la intangibilità della titolarità parlamentare del potere legislativo.
Seppur, decreto-legge e legge, producano entrambi i medesimi effetti dell’atto avente forza di legge, il primo non ha il valore della seconda. Non siamo neppure di fronte ad un decreto legislativo, cioè quell’atto avente forza di legge emanato dal governo su delega del Parlamento; dunque, fondato su una forza legiferante ordinaria che promana in via preventiva dalle Camere, che fissano inderogabilmente il perimetro e soprattutto i limiti entro cui il governo svolge la funzione legislativa. Il decreto-legge, invece, è privo di questa forza e non incontra aprioristicamente alcun limite parlamentare proprio per via della sua eccezionalità; esso produce gli effetti di una legge senza essere una legge, salvo la successiva conversione entro sessanta giorni da parte del Parlamento. Ma anche il percorso di conversione, che ripetiamo è solo un alibi, è ormai irrimediabilmente compromesso.
Negli ultimi quaranta giorni l’esecutivo Draghi ha emanato 4 decreti-legge: 26 novembre, 24 dicembre, 30 dicembre e infine quello di ieri. Al momento il Parlamento non ha iniziato l’iter di conversione neppure del primo decreto-legge, che peraltro già oggi è stato superato dalle norme dei decreti-legge successivi. In buona sostanza il potere legislativo è passato – non tanto più solo nella sostanza ma anche nella forma – nelle sole mani di Mario Draghi e del suo governo, che legiferano con decreti-legge a raffica che quando vengono convertiti in legge dal Parlamento sono già superati da nuovi decreti-legge successivi.
Il Parlamento converte dunque decreti che non esistono più, sostituiti da decreti successivi in attesa di conversione, e così via. Non più nei fatti, ma anche nella forma (che in democrazia è sostanza) il potere legislativo è nelle mani di un direttorio, con le Camere che assistono inermi e votano umiliate tutto ciò che il governo presenta.
Così è (se vi pare), avrebbe detto Pirandello.