Omicidio Giulia, per gli italiani serve maggiore disciplina nelle scuole

Non bastano più carcere e psicologi

di Alessandro Amadori, politologo e sondaggista
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Giulia Cecchettin
Politica

Femminicidi, l'analisi dopo il caso della giovane Giulia

 

Il recentissimo caso della giovane Giulia, uccisa dall’ex fidanzato a pochi giorni dalla laurea e gettata in un dirupo vicino a un lago artificiale in Friuli, ha molto colpito l’opinione pubblica italiana. Femminicidi e violenze di genere sono un problema indubbiamente rilevante. Secondo l'Istat, il 31,5% delle donne italiane tra i 16 e i 70 anni ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita. E Il 13,6% delle donne ha subito violenze da parte del partner o dell’ex partner. Il fatto che, nella seconda parte del 2023, alcuni gravi episodi abbiano avuto come protagonisti dei giovanissimi (ragazze come vittime, e ragazzi come autori dei reati), porta a riflettere sul ruolo che la scuola potrebbe avere per contrastare il fenomeno.

Il sito del Forum del Terzo Settore presenta i risultati di un sondaggio condotto dall’Unicef tra gli studenti delle scuole superiori italiane, per conoscere la loro opinione sulla violenza di genere. Il sondaggio rivela che il 75% dei rispondenti ha dichiarato di aver sentito parlare di violenza contro le donne e le ragazze, e di pensare che sia un problema fra le proprie coetanee. Il 95% dei rispondenti sarebbe d’accordo sull’inserimento dell’educazione alla parità di genere e alla prevenzione della violenza di genere nell’ambito dell’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole.

Più in generale, che cosa chiede l’opinione pubblica per affrontare e tentare di risolvere questa grave problematica? I sondaggi svolti sul tema segnalano che, da un lato, si vorrebbe un aumento dell’attività repressiva. Non tanto pene più gravi, quanto assoluta certezza della pena e soprattutto maggiore attenzione alle misure di prevenzione. In troppi casi, infatti, sono state uccise donne che avevano ripetutamente segnalato di essere divenute oggetto di comportamenti persecutori e aggressivi da parte degli ex partner. E che, dall’altro lato, bisognerebbe agire in chiave di prevenzione culturale. Ecco allora che la scuola potrebbe e dovrebbe diventare protagonista.

Come? Innanzitutto, rafforzando il contrasto al bullismo e più in generale a qualsiasi forma di violenza e prevaricazione in ambito scolastico. La richiesta è insomma di reintrodurre un po’ più di disciplina nel sistema scolastico. Infatti, secondo un sondaggio di SWG, il 78% degli intervistati rileva una mancanza di disciplina nelle scuole di oggi, rispetto a quelle del passato. Secondo la percezione generale, il cambiamento sarebbe dovuto principalmente ai genitori, accusati di eccessiva interferenza nel rapporto insegnanti-studenti e di prestare minor attenzione all’educazione dei propri figli.

Inoltre, la metà degli intervistati concorda con la proposta per cui, per gli atti gravi, gli studenti dovrebbero svolgere attività socialmente utili alla scuola; il 36% pensa che dovrebbero essere bocciati; mentre una quota decisamente minoritaria, il 2%, ritiene sufficiente un colloquio con uno psicologo (ma c’è un elevato consenso all’idea che nelle scuole vi sia anche la possibilità di ricevere un vero e proprio supporto psicologico, per affrontare più in generale le tematiche del disagio giovanile).

Insomma, il messaggio che arriva dall’opinione pubblica è che formule semplificatorie come “più carcere” o “più psicologi” non costituiscono la vera soluzione al problema. Piuttosto, si attribuisce molta considerazione al fatto che sia l’educazione dei ragazzi, attraverso la scuola, a poter far declinare i comportamenti aggressivi e in particolare i casi di violenza sulle donne.