Orlando, ‘o Ministro capocorrente protetto da Napolitano e rivale di Calenda
Come ha fatto un dirigente comunista, senza né arte né parte, scalare il Pci, poi Pds, poi Ds ed infine Pd fino a diventare per tre volte ministro? Mistero...
Il ministro Andrea Orlando? Tra i più grandi misteri della Repubblica Italiana. Protetto da Napolitano, ora prospera anche sotto Letta...
Lo scenario è quello mitico di quelle che ancora si chiamano “Feste dell’Unità”. Siamo a Caracalla, una atmosfera che sa di secoli, immersa nell’afa soffocante delle notti agostane romane. Girando tra i tavoli puoi ancora vedere le carbonare e le salsicce, il vino bianco dei Castelli, le olive piccanti, il pane casereccio e quella atmosfera strapaesana da gita ad Ostia dei film in bianco e nero degli anni ’50 con Alberto Sordi (che tra l’altro aveva una bellissima villa proprio qui).
All’improvviso però la gente ferma le ganasce e alza attonita lo sguardo. Parla Lui. Parla Andrea Orlando. Un’eco olimpica, da cinegiornale dell’Istituto Luce, riverbera dai gracchianti altoparlanti popolari magnetizzando l’attenzione e innalzando l’adrenalina dei militanti.
“Abbiamo una situazione eccezionale, dobbiamo dare un messaggio netto. Ieri Calenda si è candidato a fare il presidente del Consiglio, oggi ha censurato gli interventi che non gli piacevano alla direzione del Pd. A Calenda lancio un appello: Datti una calmata". E che è successo? Parla addirittura di “situazione eccezionale” e uno pensa subito alla guerra, al Covid, alla mafia, alla fame nel mondo, all’atomica e invece lui parla di Calenda.
Delusione e mormorii in sottofondo, conditi con parolacce testaccine, veri capolavori di raffinatezza linguistica da far arrossire un ergastolano. Quindi gli avventori, animati da quel cinico spirito romano di chi ha ormai visto tutto in quasi tremila anni di Storia con la S maiuscola, riprendono a sganasciare e non se lo filano più. Qualcuno compassionevole cerca nel palco di sfilargli il microfono, ma lui –forse ispirato dalla location storica- non molla la sua “Calendiade”.
Alla fine gli staccano brutalmente il microfono come solo gli eredi di quel partitone popolare che fu quello comunista sanno fare, il tutto simulando un inesistente guasto tecnico. Questo avveniva ieri sera ed è solo uno spunto per parlare un po’ di quello che ormai è il nuovo “’o Ministro” una volta appellativo di Paolo Cirino Pomicino.
Andrea Orlando (53) è uno di quei misteri della Repubblica italiana che quando gli storici studieranno questo periodo non riusciranno a risolvere. Carneade gli fa un ampio baffo. Come può infatti un oscurissimo dirigente comunista ligure, senza né arte né parte, scalare quel monolito che è stato il Pci, poi Pds, poi Ds ed infine Pd fino a diventare per ben tre volte ministro, prima Ambiente, poi Giustizia ed attualmente del Lavoro, oltre che pluriDeputato?
Con la sua vocina che al naturale è stridula, garrula e con quegli occhiotti palpebrosi che se la battono con quelli di Maurizio Molinari. Misteri della fede? Diciamo che il caso ha svolto, come sempre nelle umane vicende, la sua parte, ma poiché da nipotini degli Illuministi crediamo più alla razionale legge di causa ed effetto possiamo individuare alcuni rilevanti “aiutini” dati al caso stesso.
Il principale si chiama Re Giorgio, al secolo Giorgio Napolitano (97). Un uomo che è stato due volte presidente della Repubblica più tutto il resto e che ha attraversato un intero secolo. Il primo comunista sdoganato ad andare in America, grazie alla sua provvida intuizione migliorista dopo anni di duro e puro sovietismo e dedizione a Mosca, soprattutto nei fatti di Ungheria.
A quanto pare fu proprio lui a prenderlo sotto la sua ala protettrice e a sospingere amorevolmente il rampollo che con quella faccina da topo Gigio bastonato, di carriera, come visto, ne doveva fare parecchia. Ma c’è un particolare che non tutti ricordano.
O’ Ministro 2, una volta che il suo “nemico” prima Pierluigi Bersani aveva sbancato la segreteria del Partito democratico aveva solo due strade: tornare in Liguria ad allevare grilli da corsa per le sue notti brave in riviera oppure “combattere dall’interno”, locuzione che in politichese significa “ricattare” il segretario con una minoranza interna di cui si diventa (possibilmente) leader. Insomma roba da abc del manualetto di sopravvivenza del politico trombato. Però il Nostro fece le cose in grande.
Avendo letto sul Manuale delle Giovani Marmotte che era esistito un gruppo politico chiamato “Giovani turchi” che ad Istanbul si ispirava al nostro Giuseppe Mazzini lo volle riesumare, anche perché di “Giovani turchi” ce ne erano stati anche altri nostrani guidati da Francesco Cossiga.
E così insieme a Matteo Orfini, Giuseppe Civati e Stefano Fassina (che ne uscì presto) ricostituirono il glorioso movimento specializzandosi nella rottura di zebedei all’allora segretario Pierluigi Bersani che alla fine cedette posti ministeriali, strapuntini e strapuntoni, atlantici e non. Poi rifecero il giochetto con Renzi. Ora del gruppo iniziale ne è sopravvissuto (politicamente) solo uno il più scaltro e lagnoso e cioè il prode Orlando.
Gli altri sono scomparsi soprattutto lo spiritato Orfini che è stato visto aggirarsi solitario per l’Idroscalo di Ostia molestando popolane accaldate a cui grida disperato: “Anche io sono stato una volta segretario (sebbene ad interim)!”. Loro dicono sì sì, hai ragione caro, hai preso la pillolina? e si battono con l’indice la testa. Sic transit gloria mundi.
Ma la domanda che rimbalza da una stanza all’altra dei sacri Palazzi del Potere è: ora che non c’è più (politicamente) Re Giorgio come mai questo continua a prosperare anche sotto Letta? Chi gli permette di disturbare le cene popolari della festa dell’Unità? (con quello che costano poi!). Misteri, appunto, della fede.