Pd, ok a Conte premier. Ma in cambio ministeri, nomine, Rai e... Inside
Se il governo Meloni implode e si va al voto, il Pd lascia la premiership a Conte. E in cambio chiede... Lo scenario
Esteri, Interno, Giustizia, Economia, Rai, Inps e Cdp (e non solo) al Pd
Al momento sembra uno scenario di fantapolitica considerando che le prossime elezioni per il Parlamento saranno nel 2027. Ma tutto può accadere, la storia, anche recente, lo insegna bene. La maggioranza di Centrodestra che sostiene Giorgia Meloni potrebbe implodere e i temi di divisioni sono parecchi, come dimostra lo scontro Giorgetti-Tajani su Superbonus e sugar-tax. Senza parlare poi del dopo elezioni europee e delle ripercussioni dei risultati sull'esecutivo e, soprattutto, il nodo della Legge di Bilancio per il 2025 tutta da scrivere con moltissime richieste dei partiti e pochissimi soldi, anche a causa dei vincoli europei del nuovo Patto di stabilità.
Ed è così che a sinistra si ragiona sull'ipotesi, anche se per ora lontana, di frattura nel Centrodestra e ritorno alle urne, magari con una spaccatura sulle riforme (autonomia, premierato e giustizia). Nel Partito Democratico sono convinti di arrivare alle Europee dell'8-9 giugno con almeno 5 punti di vantaggio sul Movimento 5 Stelle, ma i numeri non bastano. Ieri Giuseppe Conte, al congresso dell'Associazione Nazionale Magistrati, ha fatto un discorso da vero e proprio presidente del Consiglio attaccando a testa bassa Giorgia Meloni con quel roboante paragone al progetto della P2.
I Dem sanno bene che Elly Schlein non ha lo standing nazionale e internazionale per andare a Palazzo Chigi e che non c'è nessuno spendibile del Pd, fatto salvo Paolo Gentiloni che però ha come ambizione il Quirinale (anche se c'è la concorrenza di altri leader del Centrosinistra come Walter Veltroni). Ed è così che fonti qualificate Dem spiegano che il Nazareno, pur essendo il primo partito dell'opposizione alle Europee (salvo colpi di scena), in caso di elezioni politiche anticipate o di elezioni con il premierato ora all'esame del Parlamento (quindi anticipate rispetto al 2027) sarebbe disposto a lasciare la guida del governo a Conte. 'Giuseppi', come lo chiamava l'ex (e forse futuro) presidente Usa Donald Trump, grazie alla guida del governo durante l'epoca Covid e la scrittura del Pnrr, gode di una certa autorevolezza e di un certo standing nelle cancellerie europee.
Il Pd farebbe quindi un passo indietro indicando Conte come premier, già prima del voto, costruendo un'alleanza più ampia possibile (escluso Renzi, bisognerà vedere che cosa farà Calenda) che ovviamente comprenderà anche Alleanza Verdi Sinistra, in cambio però di importanti pedine alla guida dei posti chiave. D'altronde per molti il Pd è il partito del potere e della gestione del potere. Il Nazareno, stando allo scenario descritto in queste ore in Parlamento, chiederà sicuramente il ministero dell'Economia con Francesco Boccia, fedelissimo di Schlein, gli Esteri con Lorenzo Guerini, leader della minoranza stimato negli Usa e alla Nato, Andrea Orlando alla Giustizia per garantire l'Anm e anche l'Interno con Emanuele Fiano, candidato al Nord-Ovest alle Europee e da tantissimi anni esperto di sicurezza e immigrazione per il Pd.
Non solo, spazio anche alle donne e in particolare a due fedelissime della segretaria: Chiara Braga andrebbe all'Ambiente e Chiara Gribaudo sarebbe in pole position per il dicastero che fu tanti anni fa di Meloni con Berlusconi premier: le Politiche Giovanili con delega anche allo Sport. Ma il potere non vuol dire solo ministeri. Il Pd, in cambio del via libera a Conte premier, chiederebbe la guida della Rai con Lucia Annunziata, capolista Dem al Sud alle Europee, nel ruolo di amministratore delegato. E i Dem, anche se in questo caso non ci sono ancora nomi che circolano, puntano anche ad altre due pedine fondamentali, ovvero Cassa Depositi e Prestiti e Inps. Ma l'appettito per il potere del Pd è - come dicono la malelingue in Parlamento - insaziabile. Nel 2026 scadono importanti vertici di partecipate come Enel, Eni, Terna e Poste. Salvo terremoti, tra due anni ci sarà ancora Meloni a Palazzo Chigi, ma laddove dovesse crollare tutto prima e si verificasse lo scenario di Conte premier, i Dem farebbero la voce grossa anche in questa infornata di super-nomine.
Insomma, il Pd e Schlein sono pronti - in caso di implosione del Centrodestra - a lanciare Conte a Palazzo Chigi ma in cambio di una importante infornata di poltrone e di molto, molto potere. Non solo politico.