Elezioni Europee: che la trattativa abbia inizio. Svolta a Dx? Analisi

Oltre il 50% dei membri del Parlamento dovrebbe cambiare

di Taggart Davis*
Politica

PGIM: Elezioni Europee: un vero e proprio "anno di cambiamento"

Le elezioni europee potrebbero non essere il primo appuntamento che balza alla mente nell'affollato calendario di esercizi democratici del 2024, anno in cui circa il 50% della popolazione mondiale si reca alle urne. Tuttavia, con un elettorato di 359 milioni di persone che sceglieranno 720 deputati per un mandato di cinque anni, le elezioni per il prossimo Parlamento europeo presentano la più ampia portata al mondo tra le consultazioni di quest’anno. Si prevede che il ricambio sarà consistente: oltre il 50% dei membri del Parlamento dovrebbe cambiare. Allo stesso tempo il voto anticipa un più ampio rimpasto della leadership dell'UE: un vero e proprio “anno di cambiamento” che determinerà la futura direzione di marcia della terza economia mondiale. I leader dell'UE e il neoeletto Parlamento decideranno chi vogliono alla guida della Commissione europea, l’organo esecutivo dell'UE; l'attuale presidente Ursula von der Leyen è favorita ma non c’è la certezza di un secondo mandato.

Nel frattempo, gli eurodeputati esamineranno i futuri commissari nazionali e giudicheranno la loro idoneità a guidare le diverse aree politiche, mentre è necessario trovare un nuovo presidente del Consiglio europeo che possa presiedere i vertici dei primi ministri e dei presidenti europei. Ciò significa che, invece di un momento elettorale di fuoco seguito da un processo di raffreddamento, Bruxelles attraverserà un periodo prolungato di lotte per gli incarichi, per la conquista della titolarità nei programmi e di contrattazione politica. Al centro di tutto questo c'è Ursula von der Leyen, ex ministro della Difesa tedesco, salita alla ribalta internazionale quando è comparsa come scelta a sorpresa per la presidenza della Commissione nel 2019: il suo nome è emerso da più giorni (e notti) di intrattabili negoziati al vertice tra i leader dell'UE. Nel 2019 Von der Leyen è riuscita a essere confermata per un soffio dal Parlamento per 9 voti - dimostrando adattabilità politica con il sostegno di una forte agenda green dell'UE e conquistando allo stesso tempo i voti critici di una destra nazionalista scettica nei confronti delle grandi ambizioni dell'UE. Considerata la composizione attesa per il nuovo Parlamento, potrebbe dover imparare a fare qualche piega e torsione politica ancora più notevole. Se i sondaggi attuali sono attendibili, dobbiamo aspettarci un considerevole spostamento a destra. I partiti di destra e anti-establishment potrebbero arrivare primi in otto o nove Stati membri dell'UE e secondi in altrettanti.

Leggi anche: Incoronare Draghi, silurare Ursula. Vertici Ue, la strategia di Macron

Se il Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen ha vinto le elezioni europee del 2019 con un piccolo margine, si prevede che nel 2024 batterà il centrista Renaissance del presidente francese Macron con un margine molto più ampio. I sondaggi prevedono 27 seggi per RN e alleati contro i 17 dei candidati di Macron. In Germania, i socialdemocratici del cancelliere Olaf Scholz potrebbero piazzarsi al quarto posto dietro al partito anti-europeo e anti-immigrazione Alternative für Deutschland (AfD). Sebbene i cristiano-democratici di centro-destra (CDU) siano al primo posto nei sondaggi in Germania, essi si sono spostati significativamente a destra per evitare un'emorragia di voti, una tendenza riscontrata in gran parte d'Europa. Le conquiste dei leader e dei partiti di destra “anti-élite” - il Partito per la Libertà (PVV) di Geert Wilders nei Paesi Bassi, il CHEGA! di André Ventura in Portogallo, il Vlaams Belang di Tom Van Grieken in Belgio - stanno diventando una nuova normalità in tutto il continente. E i partiti di centro-destra si stanno orientando molto di più verso queste posizioni anti-establishment.

PROSPETTIVE A CINQUE ANNI: UNA BRUSCA SVOLTA A DESTRA NELLA POLITICA DELL'UE?

Forse no. Le tre maggiori famiglie politiche: il Partito Popolare Europeo (PPE) di centro-destra, i Socialisti e Democratici (S&D) di centro-sinistra e i centristi/liberali di Renew Europe manterranno molto probabilmente una maggioranza risicata. Su di essa si baseranno per prendere le grandi decisioni in una grande coalizione, ad esempio consegnare a Von der Leyen le chiavi della Commissione per altri cinque anni e adottare il prossimo quadro di bilancio a lungo termine dell'UE. Se un'enfasi molto più forte sulla crescita economica e sulla competitività sarà più evidente, non ci si aspetta un'inversione di rotta completa sul Green Deal. Nonostante il loro crescente numero, i seguaci di Le Pen e altri esponenti dell'estrema destra probabilmente non parteciperanno alle decisioni più importanti a Bruxelles. Ma quando si tratterà di prendere decisioni minori e ordinarie in materia di regolamentazione al Parlamento europeo, come ad esempio l'imposizione di norme più severe per il ripristino degli ecosistemi naturali in tutta Europa, ci sarà un grande gruppo di centrodestra su cui il PPE potrà contare per ottenere voti quando gli farà comodo. Gli schieramenti politici dei socialisti e dei verdi potrebbero trovarsi fuori dal processo decisionale in misura molto maggiore nel prossimo Parlamento.

Sebbene l'agenda green non scompaia, ci si aspetta un serio ammorbidimento, soprattutto in presenza di un compromesso tra crescita e green. Oltre all'agenda green e alla competitività, la sicurezza e la difesa stanno emergendo come il terzo punto chiave dell'agenda politica di Bruxelles. Ciò comporta sia il rafforzamento delle capacità di difesa dell'Europa attraverso la politica industriale, sia maggiori misure di sicurezza economica - strumenti di protezione commerciale, possibili restrizioni agli investimenti in entrata e in uscita, requisiti di localizzazione. Il che avrà inevitabilmente un impatto sull'apertura dell'Europa agli investimenti e alle imprese extra-UE. Un'agenda nativista potrebbe scontrarsi con l'agenda della competitività, che potrebbe richiedere maggiori investimenti extraeuropei e la dipendenza da altre giurisdizioni globali come gli Stati Uniti e la Cina. Una cosa è certa: i prossimi cinque anni promettono di essere complessi e turbolenti, mentre l'UE naviga tra le acute sfide globali del nostro tempo in un panorama politico frammentato. Nel 2019 von der Leyen ha promesso una “Commissione geopolitica”; nei prossimi cinque anni, l'Europa esplorerà le frontiere di un'UE geopolitica.

Articolo a cura di Taggart Davis, vice President, Government Affairs EMEA di PGIM* 

Tags:
analisielezioni europeepgim