Qatar-gate, Avramopoulos imbarazza il Ppe: era il candidato per il Golfo

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, amico del politico greco, “traccheggia” ma è in difficoltà: non può appoggiare Giggino, ma…

di Marco Scotti
Politica

Qatar-Gate, Avramopoulos imbarazza il Ppe (e Tajani)

Il coinvolgimento di Dimitris Avramopoulos nel Qatar-gate è un bel grattacapo per tutto il Ppe. Il politico greco, infatti, una lunghissima militanza nel partito Nea Demokratia che nel 2012 – all’indomani della cura “lacrime e sangue” che la Troika Bce-Fmi-Ue impose alla Grecia – lo portò a diventare prima ministro degli Esteri e poi della Difesa prima di iniziare una carriera in Europa, è finito nella black list per essere nell’advisory board della Ong Fight Impunity

Al di là della portata dello scandalo, potenzialmente esplosivo per l’intera Europa, sono anche i singoli gruppi a preoccuparsi, non poco. Così, il Ppe si ritrova con il cerino in mano: aveva proposto per il ruolo di inviato dell’Europa per il Golfo proprio il nome del greco Avramopoulos. E ora non può ovviamente sostenerlo, ma non può neanche spingere per Luigi Di Maio – che ha una storia politica e un’appartenenza completamente diversa – né gli altri due “papabili”: lo slovacco Jan Kubis, che ha militato in un partito di estrazione socialista, né il cipriota Markos Kyprianou, della formazione di centro-sinistra Partito Democratico Cipriota. 

Nella giornata di ieri, domenica 11 dicembre, il Ppe ha trasmesso il suo imbarazzo ai vertici di Nea Demokratia. Avramopoulos ha rassegnato le dimissioni, ma intorno al commissario Borrell sono ormai in molti a credere che non possa essere la figura adeguata per rappresentare l’Europa nel Golfo. La sua candidatura era fortemente spinta da Atene, ma da Bruxelles dicono che nelle ultime 48 ore dal governo ellenico non sia arrivato più nessun segnale. 

Il caso rischia di aprire una crepa anche nei rapporti tra Roma e Bruxelles, perché Avramoroulos è membro storico del Ppe, ha un'amicizia di lunga data con molti parlamentari di Forza Itala, così come con Tajani naturalmente, con cui era collega quando il ministro era al Parlamento Ue. Il ministro, in un punto stampa a margine del Consiglio degli Esteri a Bruxelles, ha provato a glissare. Quella di Luigi Di Maio come inviato speciale Ue per il Golfo "è una candidatura personale", ha detto, "non è il candidato italiano e sarà Josep Borrell a decidere, non tocca al governo decidere".

Insomma, ha lanciato come si suol dire la palla in tribuna, sapendo di non poter avere molte altre frecce da spendere. Tajani non a caso fino ad oggi ha continuato a ribadire la sua neutralità, ma mai l'opposizione, alla candidatura di Di Maio come inviato Ue nel Golfo, malgrado il panel tecnico lo avesse individuato come prima scelta, proprio per assecondare forse l'amico candidato ellenico. La scalata di quest'ultimo, arrivato persino terzo, dopo il cipriota, alle selezioni della commissione indipendente per il ruolo di inviato Ue nel Golfo, aveva trovato finora il sostegno del governo ellenico e, indirettamente, anche del ministro Tajani

In un solo colpo però da Atene è calato il silenzio, a Bruxelles hanno cominciato a nutrire un forte imbarazzo e bisognerà capire come tutto questo si ripercuota sugli assetti del Ppe e di Forza Italia. Attenzione, perché questa defaillance potrebbe addirittura ridisegnare gli equilibri di governo: il partito di Berlusconi, infatti, è l’unico al momento coinvolto nel Qatar-gate, mentre Fratelli d’Italia (che fa parte del Gruppo dei Conservatori e dei Riformisti Europei) e la Lega (membro di Id) sono per ora estranee alla vicenda. A quanto si sa, la Lega sta prendendo la palla al balzo chiedendo di venire a riferire in Parlamento sulla vicenda. La situazione si fa complessa
 

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