Quirinale, dopo il voto al Colle è venuto il momento del presidenzialismo

Avere un Presidente della Repubblica votato con giochi di palazzo e spartizioni di prebende è segno evidente che ci vuole una seria riforma delle istituzioni

L'opinione di Vincenzo Caccioppoli
Politica
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Quirinale, Mattarella-bis è una chiara prova dell'inadeguatezza della classe politica italiana

A rompere gli indugi era stato, in tempi non sospetti, Giancarlo Giorgetti auspicando una soluzione gollista per le consultazioni di gennaio (“Draghi potrebbe guidare il convoglio anche dal Quirinale”), certificando di fatto, anche se in maniera forse un po irrituale, quello che questa assurda settimana per le elezioni dell’inquilino del colle ha palesemente dimostrato: occorre una riforma presidenzialista in Italia!

Come da tempo invoca la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, che sul tema ha presentato a giugno 2018 un proposta di legge alla Camera per una riforma in questo senso del nostro ordinamento. E non è un caso se proprio la Meloni sia stata l'unica, tra i vari leader di partito in questi sette giorni di trattative desolanti, a mostrare coerenza, fermezza e una certa lucidità di pensiero.

Il voto che dopo estenuanti trattative senza alcun costrutto (ma non potevamo pensarci un pochino prima..?) ha portato alla riconferma di Sergio Mattarella, che da mesi ha ripetuto come un mantra la sua indisponibilità a proseguire nell'incarico, deve essere l'ultimo capitolo di una stagione che ha irrimediabilmente mostrato l'inadeguatezza di una classe politica e di un sistema politico che già in occasione della formazione del nuovo governo esattamente un anno fa, non era stato in grado di svolgere la sua funzione per nominare un nuovo premier.

La proposta presidenzialista va, come giustamente sostenuto dal giurista Agostino Carrino, “interpretata innanzitutto come la presa di coscienza, politica e dottrinale, dei limiti dei parlamenti e della loro irrilevanza in presenza di una irresponsabile e pregiudiziale ideologia parlamentarista.

Non è vero che i presidenzialisti sono contrari alla democrazia parlamentare, anzi, al contrario, essi sono gli unici che si sforzano di proporre una via d’uscita per ridare senso e dignità alla rappresentanza parlamentare, determinandone i limiti, limiti che sono strutturali prima che funzionali.” Ecco proprio qui crediamo sia insito il senso dell'urgenza e della necessarietà di una riforma presidenzialista, se pura come in Usa o semi come in Francia si vedrà, nel nostro paese. Il fronte che potrebbe unirsi è ampio e va dalla già citata Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, fino a Renzi, la Lega di Salvini, ma anche pezzi di Forza Italia e Pd potrebbero sicuramente appoggiare una simile riforma, soprattutto ribadiamo alla luce di quello accaduto in questi giorni.

A dicembre scorso proprio alla festa di Atreju, anche un costituzionalista e galantuomo (che tristezza aver coinvolto anche lui in tal maniera nella contesa) come Sabino Cassesse ha appoggiato senza esitazioni la riforma presidenzialista che Fdi vorrebbe portare in Aula. Questo perchè il discorso presidenzialista è ormai la presa d’atto sotto gli occhi di tutti del fallimento del parlamentarismo, che ormai viene svilito nel suo ruolo, proprio a causa di una classe politica assolutamente inadeguata a compiere il compito per il quale è stato votato. Il fatto che da troppo tempo non si faccia decidere gli italiani con il voto per decidere da chi essere governati, è il plastico esempio di quale cortocircuito si sia creato nella repubblica parlamentare del nostro paese.

Il risultato poi inevitabile è quello di assistere a tassi di astensionismo altissimi, come alle ultime elezioni suppletive per il seggio lasciato vacante dal neo sindaco di Roma Gualtieri, in cui sono andati ad esprimere il proprio voto, poco più del 12% degli aventi diritto. Perchè la rappresentanza è svilita, il voto perde di valore e significato e la gente reagisce non ottemperando a quello che dovrebbe essere la massima espressione di una democrazia: il voto popolare.

Se non è una bocciatura questa. Ma la politica dei partiti ancora troppo autoreferenziale fa finta di nulla e tira a campare, e addirittura esulta e si abbraccia per una votazione che dovrebbe invece renderla quantomeno imbarazzata di fronte alla sua incapacità a trovare un nome diverso dall'attuale inquilino del Colle.

Avere un Presidente della Repubblica votato con giochi di palazzo e spartizioni di prebende come in passato oppure non riuscire ad esprimere una preferenza come in questo caso (ma anche già nel 2013 in occasione delle riconferma a tempo di Napolitano) è segno evidente che ci vuole una seria riforma delle istituzioni, che non può non partire dal presidenzialismo. La massima carica dello Stato, nei fatti nell'ultimo decennio è diventata già altro dal semplice garante o custode della costituzione, proprio a causa della incapacità di una classe politica inadeguata.

Tanto vale allora renderlo nei fatti espressione di un voto diretto dei cittadini (che hanno mostrato spesso di scegliere molto meglio di chi dovrebbe rappresentarli) e che abbia in sé sanciti dalla costituzione i poteri che sta in qualche modo già assumendo de facto.