Quirinale, Renzi ininfluente: ormai ha perso il tocco magico
Il centrodestra non gli consentirà di fare l'ago della bilancia. Le carte stavolta le darà Berlusconi. Così il leader di Italia viva rischia la fine di Fini
Quirinale, il nervosismo di Matteo Renzi tra il timore di un voto anticipato e quello dell’ininfluenza nell’elezione del presidente della Repubblica
Manca grossomodo un mese e mezzo all’elezione del presidente della Repubblica, l’appuntamento con la finale di partita che tutte le forze politiche e i rispettivi leader non vogliono mancare. Persino il segretario del Pd Enrico Letta comincia ad abbandonare quel suo granitico convincimento, diventato anche un appello a tutte le forze politiche, di non parlare di Quirinale almeno fino a gennaio. Ognuno insomma vuole stare in campo e contare. Qualcuno più degli altri, in realtà. E questo qualcuno è Matteo Renzi che, mai come stavolta, raccontano a Palazzo, è particolarmente nervoso.
“Per una ragione molto semplice - dicono ad Affari -: perché non sa a cosa appigliarsi. Da un lato teme il voto anticipato, ma dall’altro teme anche l’ininfluenza nell’elezione presidenziale, qualora si dovesse delineare l’ipotesi di un capo dello Stato eletto all’unanimità”. Ecco perché lo spauracchio della fine anticipata della legislatura agitato alla Leopolda svela in primis un suo personale timore. Ed ecco spiegato pure il motivo dell’atteggiamento tiepido da parte del leader di Italia viva, per non dire contrario, all’ipotesi Draghi al Quirinale. Con l’attuale premier sul Colle più alto, infatti, entrambi i suoi peggiori incubi – voto e ininfluenza – diverrebbero realtà.
C’è anche chi, dietro garanzia di anonimato, sostiene con il nostro giornale che l'alt su Draghi da parte di Italia viva sia dovuto a “una sorta di ripicca nei confronti dell’inquilino di Palazzo Chigi che non dedica le giuste attenzioni a Renzi. Dopo tutto, è stato proprio il leader di Iv tra i principali sponsor dell’’ex presidente della Bce al governo”. Se anche fosse, però, riflette un parlamentare dem, “c’era da aspettarselo. Draghi è un uomo di scuola democristiana, per cui guarda alle grandi forze del Parlamento e quindi a Pd, Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Movimento cinque stelle. Pure ammesso che il premier stia conducendo una silenziosissima campagna di sponsorizzazione del suo nome al Colle, non si appoggerebbe certo a un partito del 2 per cento. E’ un po’ come se il governatore della Banca centrale europea si affidasse alla linea politica del Lussemburgo piuttosto che a quella di Italia, Francia e Germania”.
Quirinale, Renzi ha perso il tocco magico e ora rischia la fine di Fini
Sia come sia, a conti fatti, la verità è che Renzi sembra aver perso il suo tocco magico e che l’operazione che portò Sergio Mattarella sul colle più alto - e di cui è stato tra i principali king maker - non sarà neppure in piccola misura replicabile. Non solo, ma stavolta, elezioni anticipate o no, il leader di Rignano rischia davvero di fare la fine di Gianfranco Fini e Iv quella di FlI. “Con una differenza, però - continua il deputato Pd -: Fini non diede mai l’impressione di voler saltare nell’altra coalizione…”.
La parabola pare tracciata. Per quanto ci provi, l'ex premier difficilmente riuscirà a dare le carte. Sono lontani i tempi del Patto del Nazareno, quando riuscì a sparigliare i giochi politici, creando in un colpo solo zizzanie sia dentro il suo partito di allora, il Pd, e sia dentro Forza Italia. L'uomo con l'ambizione delle rotture – lo ha fatto mettendo fuori gioco la Lega e agevolando la nascita dell'esecutivo giallorosso e poi mettendo fuori gioco Conte per spianare la strada a Draghi e spaccare l’asse Pd-M5s -, non sembra essere in grande spolvero. “Mettiamola così - aggiunge il parlamentare -: Renzi avrebbe voluto essere un po’ un Craxi, con un partito dell’8-9 per cento, poi via via del 10-12 e forse anche del 14, in grado di costituire, in uno schema bipolare, una avanguardia necessaria tra le due grandi componenti dei comunisti e dei democristiani. Ma il leader di Iv questa forza non ce l’ha”.
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Quirinale: altro che Renzi, sarà Berlusconi a dare le carte
L’ex presidente del Consiglio potrebbe, tuttavia, essere ago della bilancia, giocando di sponda col centrodestra. Gli indizi che ha disseminato sul campo conducono in tale direzione. Per quale ragione, infatti, se non per mandare un chiaro segnale a quest’area politica, avrebbe dovuto bruciare nomi che potevano risultare in qualche modo appetibili nel centrosinistra? Vale per Pierferdinando Casini, eletto nel collegio uninominale di Bologna col sostegno del Pd, ma pure per Paolo Gentiloni, protagonista di recente di un incontro con Renzi talmente riservato che la notizia alla fine è trapelata.
“Ipotesi plausibile”, dicono diverse fonti incrociate alla alla Camera da Affari, “ma non sarebbe una mossa vincente. E’ difficile che in questo campo gli lascino condurre le danze. Non glielo faranno fare. In generale, i partiti non si fidano di lui, a maggior ragione perché dovrebbe farlo Berlusconi? Il Cavaliere ha un a memoria di ferro e non ha dimenticato gli accordi traditi con l’elezione di Mattarella”.
Niente da fare, allora, questa mano di poker è quasi persa. “In politica tutto è sempre possibile- concludono -, ma guardiamo i fatti. Intanto, se il leader di Italia viva scegliesse di offrire una sponda al centrodestra, il suo partito non lo seguirebbe compatto. C’è inoltre un altro elemento da considerare: stavolta un ruolo importante per il Quirinale lo giocherà proprio il Cavaliere. Altro che Matteo Renzi”. Appena sarà riuscito a dimostrare di prendere o poter prendere 450 voti circa in Parlamento, “le carte le darà lui. Tornato da protagonista nell’agone politico per quale motivo dovrebbe intavolare trattative e soprattutto fidarsi di una forza minuscola come Iv?”.