Riccardo Luna attacca Elon Musk. La “democrazia mondiale” è persa
La sinistra in ambasce
Musk ora ha abbracciato la destra a cominciare dall’odiatissimo Donald Trump
“C’eravamo tanto amati”.
Il titolo del famoso film di Ettore Scola sembra ritagliarsi perfettamente al caso di Riccardo Luna, eclettico giornalista tecnologico che ha iniziato la sua attività a Il sabato per poi occuparsi di robe pallonare. Entra in seguito a Repubblica dove diventa caporedattore. Wikipedia ci informa, in maniera invero sospetta, che “è il primo giornalista ad occuparsi di calciopoli”, ma il colpaccio lo fa nel 2009 quando viene preso come direttore di Wired Italia, che è l’edizione di quella famosa americana anche se da noi si contamina quasi subito con la politica perdendo di autorevolezza.
Luna dunque abbandona velocemente il primo amore, cioè il calcio, per gettarsi anima e corpo sulla tecnologia. Fa iniziative bizzarre come proporre “Internet” per il Nobel per la Pace. Aggancia il presidente Giorgio Napolitano e lo incastra in una mostra. Napolitano non capisce di cosa si tratti, ma ci va uguale.
La sua passione per il web è dirompente e Luna è tutto “Innovazione, casa e famiglia”. Riaggancia Repubblica e si fa ospitare una sua iniziativa in un ennesimo festival.
Nel 2014 il secondo colpaccio: il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, impressionato dal suo dinamismo, lo nomina “Digital Champion”.
La Federcalcio si preoccupa. Si tratterrà dell’ennesima fregatura che il politico toscano sta architettando ai suoi danni? Infantino vola in Qatar per un consulto con gli emiri che lo rassicurano benevolmente, scuotendo le loro barbe del deserto.
Renzi spiega: Il Digital Champion è una figura incaricata di guidare le iniziative nazionali per “rendere ogni europeo digitale”.
Questa volta è però Bruxelles che si preoccupa, perché pensa sia una iniziativa ostile.
Nel 2019 Luna torna a collaborare con la Repubblica con l’ennesima rubrica futuristica provocando invidia e risentimento negli epigoni di Marinetti.
L’amore per la Scienza non gli impedisce di fare però un libro con Roberto Giacobbo dall’inquietante titolo “Chi ha veramente costruito le piramidi e la sfinge”. Il sospetto dell’immane opera edilizia si addensa sui braccianti di Soumahoro, ma i tempi non sono ancora maturi e la notizia passa sostanzialmente inosservata.
Wikipedia su di lui è particolarmente generosa e ha una biografia più lunga di quella del Papa.
Fa parte di un gruppo di “tecnocrati progressisti” che ha in Repubblica il loro centro operativo e così da qualche tempo se l’è presa con Elon Musk, che prima vedeva come paladino e profeta digitale.
Da quando però l’imprenditore ha comprato Twitter non gli sta più molto simpatico.
Il motivo? Musk ora ha abbracciato la destra a cominciare dall’odiatissimo Donald Trump.
Così Luna ha cominciato a fargli la guerra.
Descrive così la conquista del social, ovviamente su Repubblica:
“Riepilogo delle prime 72 ore di Elon Musk come proprietario di Twitter (“Chief Twit”, recita la sua bio da venerdì scorso): ha licenziato 3 top manager “per giusta causa”, per provare a non pagare le liquidazioni milionarie previste; ha chiesto a tutti gli sviluppatori di presentarsi da lui con il codice sviluppato negli ultimi 30 giorni per poter valutare, in base al lavoro che hanno svolto, se confermarli o licenziarli; ha fatto modificare la homepage di Twitter mettendo in evidenza le ultime notizie e i Trending Topic; ha lanciato un sondaggio per farsi dire dagli utenti se resuscitare Vine, la app dei video brevi che durò per poco ma che potrebbe tornare utile per fare concorrenza a TikTok; ha condiviso (e poi cancellato) una storia, quasi sicuramente falsa, da una testata giornalistica screditata, sull’attentato al marito di una famosa esponente del Partito Democratico (Nancy Pelosi).
Tutto in un weekend. Insomma, anche per i suoi standard adrenalinici, Musk sembra piuttosto scatenato”.
L’attacco al mostro sacro Nancy Pelosi, la nonnetta democratica che piace alla gente che piace, fa impazzire Luna che aveva strappato alla stagionata politica una mezza promessa di un torta party al Congresso.
Ma non contento ieri “The Moon”, come gli amici simpaticamente lo appellano, ha scritto un altro pezzo su La Stampa, in cui ha commentato il ripristino degli account dei giornalisti che Musk aveva bannato perché gli controllavano gli spostamenti del Jet. Ne esce un ritratto impietoso di una specie di “fascista” che domina Twitter con pugno di ferro e che non ha rispetto di niente e di nessuno. Nell’articolo accenti lirici ad un passato meraviglioso nella Silicon Valley in cui latte e miele scorrevano garruli e il Leone e l’Agnello giacevano insieme prima che quel satanasso di destra di Musk si comprasse tutto violando il copyright progressista su bit e reti. Il finale è apocalittico: “Questa cosa non ha nessun senso, porterà alla fine di Twitter e non farà bene alle nostre democrazie”.
Musk, letto l’articolo di Luna, è corso immanentemente a toccarsi i gioielli di famiglia. Ed in effetti il mondo intero è entrato in ambasce. Le principali Cancellerie hanno accolto il grido di dolore di Luna e si sono attivate per porre rimedio all’attacco alla democrazia mondiale, mentre lo stesso Putin -invidioso dello scettro perso- ha dato seguito ad una fase ancora più cruenta della guerra per recuperare terreno. Il titolo deve essere suo e non di altri.