Riforma pensioni, novità importanti. Chi andrà in pensione prima (e chi no)
Riforma pensioni, che cosa accadrà dal primo gennaio 2024
Pensioni, ultime notiizie sulla riforma 2024
Pensioni, verso la riforma. Che novità ci sono? Ecco che cosa scrive il sito www.investireoggi.it.
Perché la pensione in Italia è un miraggio lo sanno tutti. Dipende da quello che fu fatto nel 2011 con la riforma Fornero. Le pensioni diventarono difficili da centrare e quindi si allontanarono di colpo dai lavoratori. A tal punto che adesso l’attuale Governo è chiamato a varare una riforma delle pensioni degna di questo nome con nuove misure e nuovi strumenti previdenziali. Nulla di nuovo perché in passato anche altri Governi sono stati chiamati allo stesso obbiettivo. Ma se ancora oggi siamo al punto di partenza significa che nulla è stato fatto. E in effetti negli ultimi anni molte sono state le misure introdotte in materia pensionistica, ma nessuna vera riforma. Nella stragrande maggioranza dei casi si è trattato solo di misure tampone, che hanno prodotto solo piccoli interventi correttivi ma non hanno certo cancellato le problematiche che la riforma Fornero ha causato.
Le difficoltà restano tante, ma sono tante anche le possibilità che entro la fine della legislatura la riforma delle pensioni veda finalmente i natali per davvero.
“Buongiorno, sono Davide, lavoratore di 55 anni di età che sta pensando alla sua pensione futura. Lo so che sono ancora giovane per andare in pensione, ma programmare è sempre una cosa giusta da fare. E allora ecco che vi chiedo se avete notizie riguardo a qualche nuova misura pensionistica che potrebbe fare capolino nel prossimo futuro. Perché so che potrebbe nascere una vera riforma delle pensioni, almeno stando alle indiscrezioni che trapelano. Davvero qualcosa cambierà e noi potremo andare in pensione prima del previsto?”
Uno dei nodi più intricati da sciogliere per chi intende portare a compimento la riforma delle pensioni è senza dubbio il restyling delle pensioni anticipate.
Perché dal 2012 questi strumenti sono quelli che hanno sostituito le pensioni di anzianità. E fu proprio la riforma delle pensioni di Elsa Fornero a determinare questo cambiamento epocale. In primo luogo infatti le pensioni distaccate dai limiti anagrafici, come proprio le pensioni di anzianità permettevano, sono diventate pensioni anticipate.
L‘unico requisito valido da centrare, che è quello contributivo, è passato dai 40 anni fino al 2011, ai 42 anni e 10 mesi di oggi. Parliamo delle pensioni anticipate per gli uomini, perché alle donne è ammessa l’uscita con 41 anni e 10 mesi di contributi. Ma come sarà possibile correggere questo evidente peggioramento dei requisiti? La soluzione da tempo individuata è quella della quota 41 per tutti. Una misura che resta talmente difficile da varare nonostante tutti ne parlino da tempo.
La quota 41 per tutti una volta varata, diventerebbe una nuova pensione anticipata per tutti. Infatti la misura non avrebbe vincoli di platea o possibili limitazioni. Perché verrebbe consentito il pensionamento per tutti i lavoratori una volta raggiunti i 41 anni di contributi versati senza alcun vincolo di età. Una netta inversione di tendenza rispetto alla pensione con quota 41 per i precoci. Che resta la misura attualmente in vigore ma limitata come platea a soggetti con problematiche di natura lavorativa, fisica o sociale.
La quota 41 per i precoci di oggi, vale per caregiver che assistono familiari disabili a carico da almeno 6 mesi, invalidi al 74% almeno, disoccupati senza Naspi da almeno 3 mesi e lavori gravosi svolti in 7 degli ultimi 10 anni o in 6 degli ultimi 7 anni. La versione per tutti invece riguarderebbe l’universo intero dei lavoratori, senza distinzioni di platea.
Una pensione anticipata più facile da centrare con la quota 41 per tutti
La quota 41 per tutti di fatto sostituirebbe la pensione anticipata, riportandola indietro, se non ai 40 anni delle anzianità, almeno ad una quota più vicina di quanto oggi funzionano le pensioni anticipate ordinarie.
Perché i tempi sono particolari. Sono sempre meno i lavoratori che riescono a maturare carriere e contributi in numero elevato. La disoccupazione, il precariato e il lavoro intermittente, minano la lunghezza delle carriere dei lavoratori. A tal punto che è diventato complicatissimo trovare lavoratori che riescono ad arrivare ai circa 43 anni che servono per le pensioni anticipate ordinarie oggi.
Naturalmente tra le varie cose che si dicono sulla pensione con quota 41 per tutti, le penalizzazioni di assegno la fanno da padrona. Perché una misura del genere si scontrerebbe profondamente con la necessità di non gravare sulle casse dello Stato in maniera profonda. Se è vero che i peggioramenti introdotti dalla riforma Fornero furono dettati da una crisi economica grave, è altrettanto vero che i correttivi dovrebbero nascere in virtù di tempi economici migliori. Tempi di crescita che oggi non esistono, anzi, la crisi attuale sembra essere peggiore persino di quella crisi economica grave che dovette affrontare il governo del 2011, quello del Premier Mario Monti e della Ministra del Lavoro Elsa Fornero.
E allora ecco che i progetti di quota 41, mirano alla salvaguardia delle casse statali. E se non si può risparmiare sulla spesa pubblica, partendo da un taglio di platea, allora ecco che si mira ad intervenire sugli importi delle pensioni. Ed entra in scena il calcolo contributivo. Perché si pensa ad una quota 41 che preveda l’obbligo di calcolare l’assegno pensionistico con il sistema contributivo. Una cosa che oggi per esempio accade ad opzione donna. Tagliando la pensione a chi esce con quota 41 per tutti, il taglio di platea non verrebbe imposto dallo Stato, ma lasciato alla facoltà di scelta dei lavoratori.
La scelta sarebbe questa per i lavoratori. Perché il varo di quota 41 per tutti produrrebbe una misura parallela alla pensione anticipata ordinaria, senza cancellare quest’ultima. E la platea dei beneficiari di questa misura si ridurrebbe di quanti non accetteranno il taglio di assegno restando a lavorare fino ai 42 anni e 10 mesi. Perché tra coefficienti di trasformazione penalizzanti e carriere che si interrompono a 41 anni senza arrivare a 42,10, il contributivo andrebbe a peggiorare un assegno già di per se inferiore fisiologicamente. Lo stesso taglio di assegno, che subirebbero i pensionati a cui verrebbe concessa anche la facoltà di uscire a 62 anni di età con la pensione flessibile una volta raggiunti i 20 anni di carriera.
Infatti si ragiona pure sul concedere la facoltà di uscita a partire dai 62 anni di età con 20 anni di contributi. Rendendo la pensione più facile anche per chi non ha quelle carriere lunghe e continue che sono alla base della quota 41 per tutti o della pensione anticipata odierna. Flessibilità in uscita che sempre per via delle carriere interrotte prima e dei coefficienti di trasformazione peggiorativi a 62 anni rispetto ad età più elevaste, produrrebbero pensioni più basse.