Rischio stangata sulla casa con la riforma del catasto

Ulteriore impoverimento del ceto medio: Affaritaliani intervista il Professor Giuseppe Valditara

di Sara Garino
Politica
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Ancora e sempre di più il mattone, bene rifugio per eccellenza di generazioni di Italiani (soprattutto di quelli che seppero ricostruire l’Italia dalle ceneri fumanti della Seconda Guerra Mondiale) si trova nel mirino di istinti predatori sempre più assertivi e conclamati. Ora, di nuovo, si palesa all’orizzonte lo spettro della Riforma del Catasto: una vexata questio, i cui effetti sulle tasche dei Cittadini risparmiatori non tarderanno a farsi sentire. E pesanti.


 

Affaritaliani ne discute con il Professor Giuseppe Valditara, Ordinario di Diritto privato e pubblico romano presso l’Università degli Studi di Torino, già Senatore della Repubblica nonché Coordinatore di Lettera150, il think-tank costituito nella fase più acuta della pandemia proprio per suggerire un approccio razionale e strategico all’emergenza, e che ora conta oltre 300 aderenti.

Professor Valditara, che cosa rappresenta la casa per gli Italiani e perché è così pericoloso pensare di ta(rta)ssarla ancora?

La proprietà immobiliare è il pilastro e il fondamento di uno Stato solido. La casa, infatti, dal punto di vista psicologico è quanto di più importante possegga un essere umano: il luogo dove si ritrova la famiglia, il luogo dove ci si riposa, dove si studia, dove normalmente si mangia, il luogo della vita intima. Attorno agli immobili, poi, ruota l’intera economia nazionale, fatta di Industria, Artigianato e Commercio. La casa è davvero il perno di tutto un ecosistema produttivo: dall’elettricista all’idraulico, dal negoziante che vende gli accessori  all’industria che produce dalle piastrelle al legno, fino all’artigianato di qualità. Tutto orbita attorno alla casa: vero motore dello sviluppo economico di una nazione.

C’è inoltre da considerare un altro elemento. È indubbio come l’Italia abbia un gigantesco debito pubblico, contratto soprattutto nel passato: tuttavia è altrettanto indubbio come sia notevole il risparmio privato degli Italiani. In Europa - a iniziare dalla Germania - non vi è un risparmio privato così diffuso e generalizzato. Noi abbiamo un indebitamento delle famiglie notevolmente inferiore rispetto a quello di altri membri dell’Unione, in un contesto ove la solidità di un Paese non può parametrarsi sul solo debito pubblico ma deve tenere in considerazione anche il debito privato, fondamentale per affrontare e reggere un eventuale tsunami finanziario. La nostra “riserva aurea” in termini di patrimonio immobiliare risulta dunque molto superiore rispetto a quella media europea, e nord-europea in particolare. E questo fa capire ancora meglio quanto tassare il risparmio e tassare la casa si rivelino manovre assolutamente nefaste e controproducenti.

Da questo attentato al risparmio, tra l’altro, ci mette in guardia anche la nostra Costituzione, che all'articolo 47 afferma come il risparmio debba essere incoraggiato e protetto. Non possiamo, oltre una certa sostenibile misura, colpire ed erodere il risparmio e i sacrifici degli Italiani: altrimenti andremmo contro la volontà dei Costituenti. In più, come già asseriva lucidamente il Presidente Luigi Einaudi, l’imposizione patrimoniale è  iniqua in quanto tassa due volte: il risparmio, infatti, è frutto di un reddito già tassato nel momento della sua produzione.

Professor Valditara, ha toccato un punto nodale. Si sente invocare sempre più spesso l’introduzione di una patrimoniale: in realtà si tratterebbe di “un’altra patrimoniale”, perché le patrimoniali già ci sono.

Assolutamente sì, pensiamo solo all’IMU. In più voglio ricordare dati, illuminanti e incontrovertibili: l’imposizione complessiva sugli immobili da noi ammonta al 6,1% del PIL, risultando dunque già più elevata della media OCSE, ferma al 5,6%, e ben più significativa rispetto al 2,7% della Germania e al 2,2% della Svezia. Anche per quanto concerne la tassazione nel suo insieme, i numeri fotografano per l’Italia una situazione di netto svantaggio: l’incidenza nel nostro Paese è del 42,4% del PIL, contro una media OECD del 33,8%. Per quanto concerne invece i Paesi anglosassoni, è vero che lì il prelievo sugli immobili è più elevato, a fronte però di un’imposizione sul reddito delle persone fisiche nettamente inferiore.

Inoltre l'Imu è già oggi molto più elevata - fino a tre volte - rispetto all’imposta di bollo sui depositi regolamentati. La casa paga in Italia molto di più della ricchezza mobile.

Eppure molti politici oggi chiedono una revisione delle rendite catastali in nome di una maggiore equità. Che cosa ne pensa?

Mi inquietano le dichiarazioni dei politici che sono a favore di una  revisione delle rendite catastali per colpire il ceto medio. LeU, Pd e M5S dicono di voler realizzare una redistribuzione della ricchezza: così però colpiscono i produttori, quel ceto che già Luigi Einaudi individuava essere la spina dorsale di una Nazione sana.

Da posizioni diverse FMI e BCE hanno a più riprese invitato il Governo italiano a spostare l’incidenza del Fisco dal reddito al risparmio, con l'intento di favorire i consumi. Nondimeno mi sembra evidente che colpendo i patrimoni – ovvero aumentando la tassazione su quelli che potenzialmente possono spendere – in mancanza di una drastica riduzione delle imposte sulle persone fisiche, l’effetto sortito sarà esattamente opposto: perché questi ultimi saranno disincentivati, se non addirittura impossibilitati, a spendere.

C’è una profonda iniquità nella manovra che alcuni vorrebbero, posto che colpisce anche coloro che hanno ereditato degli immobili, senza tuttavia disporre di un reddito sufficiente per sostenere imposte così elevate. Trovandosi dunque nella triste condizione di dover svendere per non incorrere nell'insolvenza. Dissipando tra l’altro un’eredità generazionale che – per quanto immateriale – è altrettanto preziosa.

Professor Valditara, purtroppo l’Italia sconta ancora un pregiudizio nei confronti dei Proprietari – così come degli Imprenditori del resto – considerati troppo spesso immeritevoli “padroni” e non, invece, Cittadini che con il loro lavoro hanno costruito ricchezza per sé e per la collettività. Perché secondo Lei?

 

Di fondo, viviamo in un Paese dove una parte della cultura politica vede ancora all’origine della Proprietà una sorta di colpa, lo sterco del demonio per alcuni, indice di un’accumulazione frutto di discriminazione e sfruttamento, per altri. In una parte importante del panorama politico italiano l’atteggiamento nei riguardi della proprietà è dunque marcatamente ostile. Guardiamo la questione del Catasto: l’esigenza di modernizzare i riferimenti catastali, adeguandoli ai valori di mercato, è in sè  comprensibile. Il problema però sono le imposte. Osserva il Corriere della Sera che in una grande città italiana, un appartamento del valore stimato dall’Agenzia delle Entrate in 391.800 euro, ha un valore catastale di 142.900 euro. Sostituire gli attuali valori con quelli di mercato significa in molti casi quasi triplicare le imposte. Rischiamo che un settore cardine come quello immobiliare – con la connessa galassia di indotto – entri in un vicolo oscuro, dove si sa come si entra ma non come si esce. C’è il pericolo di una stangata, soprattutto sul ceto medio risparmiatore.

Ceto medio che Luigi Einaudi, da Lei più volte citato, indicava come il migliore e più atto a occuparsi della cosa pubblica, proprio in virtù della sua propensione al risparmio. Professor Valditara, i più strenui sostenitori di questa riforma dicono che servirà per fare emergere gli “immobili fantasma” non accatastati. Che ne pensa?

Penso si tratti di un’argomentazione semplicemente ridicola, di uno specchietto per le allodole. Per accatastare un immobile sfuggito al Fisco non è necessario riformare le rendite catastali, operazione la quale presuppone invece che gli immobili siano già ben noti. È necessario piuttosto realizzare un censimento di tutti quei beni che non risultano ancora registrati, magari usando i droni o i satelliti, cosa che finora non si è voluta fare.

Un’altra delle conseguenze della modifica degli estimi sarà la variazione dell’ISEE, per cui molte famiglie finora esenti dovranno pagare le tasse universitarie o l'asilo nido, pur non avendo magari un reddito adeguato per sostenere queste spese.

Inoltre le conseguenze influirebbero anche sulle compravendite immobiliari, sulle successioni e sulle donazioni con un aggravio dei costi. Se il valore di mercato è anche 3 o 4 volte quello catastale significa pagare 3 o 4 volte in più di imposte di registro o pagare la tassa sulle successioni quando oggi si sarebbe esenti.  Uno scenario ben fosco.

Professor Valditara tutto nasce da una raccomandazione inviata all’Italia dalla Commissione europea, a guida Ursula Von der Leyen, nella quale si caldeggia una “riforma degli estimi catastali non aggiornati” nonché la “revisione delle agevolazioni fiscali”. D’altro canto, lo stesso MEF ha inviato alle Agenzie Fiscali l’atto di indirizzo 2021-2023, raccomandando di “presidiare la qualità e la completezza delle banche dati catastali”, con un “costante aggiornamento dell’Anagrafe immobiliare integrata”.

L’Europa può chiedere ciò che vuole ma noi siamo ancora un Paese sovrano e la nostra politica fiscale non può essere imposta da qualche burocrate europeo, non eletto dagli Italiani. Altrimenti non siamo più in una democrazia.

 

Che cosa ne pensa del possibile aumento indiretto anche delle imposte di successione?

Il nostro Paese ha sempre goduto di un regime successorio favorevole: infatti nel DNA dell’Italiano c’è l’attaccamento alla famiglia e ai figli, la volontà di trasmettere e passare loro il nostro patrimonio. Va poi osservato che spesso – e nella congiuntara socio-economica odierna in misura vieppiù crescente – i patrimoni ereditati non corrispondono a un reddito adeguato, compatibile o comunque atto a mantenerli.

Quali  conseguenze può avere un aumento della tassazione sullo stato di salute del nostro patrimonio immobiliare?

È degno di nota l’aumento vertiginoso degli immobili che versano in gravissime condizioni manutentive, per effetto dell’impossibilità dei proprietari di provvedervi. Secondo gli ultimi dati resi noti da Confedilizia, il numero degli immobili in condizioni di degrado è aumentato, rispetto al 2011, del 107%, con un ulteriore incremento percentuale del 2,2%, se confrontato con i valori del 2019. Una desertificazione immobiliare che sta già accentuando il livello di degrado dei nostri centri urbani.

Anche questo fatto conferma come spesso non ci sia corrispondenza fra patrimonio potenziale e reale capacità di mantenerlo: e il tutto si innesta su un impoverimento complessivo della società, che alla lunga rischia di sfilacciare anche il tessuto sociale. Mantenere una proprietà è difficile già oggi, figuriamoci se dovessimo tassarla di più.

Il risultato, inevitabile, è quello di assistere a un ulteriore aumento della povertà.

Professor Valditara, il tema della riforma del Catasto si inserisce in un contesto ove il mattone risente anche di altre criticità.

Il mercato delle locazioni, sia abitative sia commerciali, si è fortemente contratto a causa del Covid. Pensiamo solo agli effetti dello smart-working e della didattica a distanza negli Atenei: molti lavoratori e studenti universitari non hanno più avuto necessità di spostarsi, per non parlare di quanti hanno perso il lavoro. C’è stata una forte riduzione sia nel numero di affitti sia nell’entità dei canoni. I proprietari hanno già dato con il blocco degli sfratti, che tra l'altro premia anche l'inquilino moroso e persino gli inquilini già morosi prima del Covid, una palese iniquità.

Questo è un altro tema importante. Se l’inquilino è inadempiente, il Fisco pretende comunque che il proprietario paghi quanto previsto nel contratto e l’eventuale credito d’imposta si ottiene solo ex post, dopo aver presentato una consistente mole di documenti e aver espletato fastidiose pratiche burocratiche.  Tutto ciò è moralmente inaccettabile, oltre che contrario a una sana logica economica. Da una parte lo Stato aumenta la tassazione per i proprietari, dall’altra incoraggia de facto gli inquilini a non rispettare gli impegni contrattuali e dunque ad essere "evasori".

Professor Valditara, qual è il valore intrinseco e irrinunciabile della Proprietà immobiliare?

 

Proprietà e Libertà sono due facce della stessa medaglia. In un contesto dove la Proprietà venga osteggiata, è difficile esercitare anche la Libertà. Disporre dei propri beni liberamente, acquistare, vendere, avviare iniziative economiche senza vincoli o ostacoli fastidiosi sono aspetti cruciali della libertà individuale. E attentare alla Proprietà significa proprio questo: attentare alla libertà individuale.

La difesa della proprietà è anche il presupposto di uno Stato democratico. Uno stato di liberi Proprietari è infatti uno Stato in grado di resistere molto meglio agli attacchi di qualsiasi totalitarismo. Questo perché i Proprietari hanno interessi da difendere e rivendicano la loro sfera di autonomia. Limitare la proprietà significa aumentare lo spazio del pubblico a danno del privato, da sempre prodromico di una trasformazione del cittadino in suddito.

La Proprietà è inoltre la "protesi della persona umana": ridurla, o contrarla significa indebolire il valore sociale e le potenzialità della persona umana.

Infine la Proprietà presuppone il riconoscimento di limiti e confini, presuppone la pretesa che un estraneo non vìoli lo spazio del privato. È un principio che deve valere anche per gli Stati: democrazia significa porre dei limiti e dei confini.

Professor Valditara, Lettera150 si sta mobilitando per cercare di contrastare questa riforma, questa “cronaca di una morte annunciata”?

Certo, abbiamo già costituito un gruppo di tecnici per contrastare una revisione degli estimi catastali che rischia di impoverire il Paese e il ceto medio. Noi diciamo e diremo sempre no alle stangate.