Ronzulli: "Che emozione il primo sì alla Riforma della giustizia, nel nome di Silvio Berlusconi"
Il via libera alla separazione delle carriere è un successo ma solo il punto di partenza di una riforma profonda, ma necessaria, come ha sempre sostenuto il fondatore di Forza Italia
Quando ieri la Camera ha approvato in prima lettura la separazione delle carriere mi è venuta in mente una sola parola: “Finalmente”. Sono consapevole che questo è un primo passo ed altri ce ne dovranno essere perché la distinzione dei ruoli fra pubblico ministero e giudice diventi legge. Ci sarà anche un referendum, sul cui esito sono assolutamente ottimista, perché i cittadini sono le prime vittime di una giustizia che non funziona e pretendono che tutto cambi. Ma il mio “finalmente” ha un significato più ampio e profondo, perché ho pensato subito al presidente Berlusconi, a quanto e come si sia battuto con ogni energia per raggiungere questo obiettivo e garantire quel principio di imparzialità della giustizia che deve guidare ogni processo.
Sarebbe però riduttivo pensare che per lui fosse sufficiente la separazione delle carriere, perché questa ha sempre rappresentato il tassello di un mosaico ben più grande ed ambizioso: la riforma delle riforme, quella della giustizia.
Sono certa che sia contento di vedere come il governo, grazie all’impulso determinante della sua Forza Italia, stia procedendo speditamente, senza fermarsi davanti agli ostacoli rappresentati dallo scontro ideologico e corporativo messo in atto dalla magistratura associata (in particolare da Magistratura Democratica) per impedire qualsiasi tipo di intervento legislativo, rifiutando il dialogo e dimostrando sempre più di essere una sorta di "partito politico".
Se guardiamo al progetto del presidente Berlusconi e ai provvedimenti che stiamo approvando, possiamo notare come si si sovrappongano alla perfezione. Abbiamo abolito l’abuso d’ufficio, che ha visto migliaia di processi nascere e morire senza esito, paralizzando la realtà amministrativa del Paese. Abbiamo messo un freno ai processi mediatici, intervenendo per impedire la pratica selvaggia della pubblicazione indiscriminata di intercettazioni, comprese quelle riguardanti persone estranee alle indagini, che ha distrutto vite e carriere, fatto cadere governi, condizionato la politica.
Tanto ancora c’è da fare, come abrogare la legge Severino, introdurre una vera responsabilità civile dei magistrati, ridurre i tempi dei processi penali e civili, perché i cittadini che si trovano a che fare con la giustizia non possono vivere un calvario senza fine. Ma, come dicevo, finalmente la macchina si è messa in moto e non si fermerà, perché la riforma della giustizia non è solo un dovere politico: è una responsabilità morale nei confronti degli italiani.
*Sen. Forza Italia