Rutelli, Craxi, Prodi e Di Pietro. La sinistra era a favore del Ponte...

Salvini: "Economicamente più conveniente farlo che non farlo"

Di Giuseppe Vatinno
Francesco Rutelli
Politica

Quando Marx non abitava gli attici dei centri storici e soprattutto non girava in monopattini elettrici

 

Infuria in Italia, come al solito, da secoli potremmo dire, la polemica Ponte sì Ponte no.

Una polemica più che altro ideologica perché i dati scientifici e tecnologici ne dimostrano la fattibilità e la tenuta.

Ieri è stata una giornata di festa, la Pasqua. Poche notizie, alcune surreali. Come una nuvola di sabbia sahariana che ha occupato l’Italia. Qualcosa che ricorda un racconto di Calvino, anche se lì si trattava di una strana schiuma.

Ma nel frattempo, in tempi di social, la politica va avanti lo stesso e sul profilo di Salvini è comparso un video dal titolo “Avanti con il Ponte degli italiani, la migliore risposta al partito del NO”.

“Qualche anno fa non c’erano questi investimenti miliardari, quindi il Ponte sarebbe stata un’opera straordinaria ma non risolutiva adesso non avere il Ponte sarebbe economicamente, ambientalmente, infrastrutturalmente masochistico, perché mentre stai spendendo sessanta miliardi di euro per arrivare più velocemente in macchina, in treno, da Palermo a Catania, a Messina e da Salerno a Reggio Calabria, fermarsi per quei 3 km di mare sarebbe un assurdo quindi non è il Ponte fra Messina e Villa San Giovanni, è un corridoio europeo fra Palermo, Reggio, Roma, Milano, Berlino, Helsinki. I dati che stanno uscendo anche da enti terzi, l’ultimo che leggevo ieri era quello di Open Economics, quando parli di 37.000 posti di lavoro diretti a tempo indeterminato ed un incremento di Pil di circa 20 miliardi distribuito nell’intero territorio nazionale, insomma parli di qualcosa di epocale. Penso che possa essere per l’Italia quello che l’Autostrada del Sole fu nel secondo dopoguerra, cioè un acceleratore di sviluppo, soprattutto in territori negli ultimi decenni non particolarmente interessati dallo sviluppo infrastrutturale”.

Del resto l’idea del Ponte non è –come si pensa- appannaggio della destra, anzi.

“Gli altri dicono fanfaluche, noi interverremo su strade, autostrade, aeroporti. E il Ponte sarà la ciliegina sulla torta. Anzi, c’è anche una data d’auspicio per l’inaugurazione del Ponte sullo stretto di Messina: il 2 giugno del 2012, una data simbolica per la festa della Repubblica”. 

Indovinate chi disse queste parole? Berlusconi? Salvini? no. Furono pronunciate il 26 aprile 2001 da un insospettabile Francesco Rutelli durante un convegno gremito all’inverosimile che si tenne presso la Fiera di Messina. La coalizione era quella dell’Ulivo e Rutelli indicò addirittura un dettagliato cronoprogramma dal 2011 al 2012 con la posa della prima pietra prevista per il 2005.

E poi ancora:

“Il Ponte non sarà una cattedrale nel deserto ma un simbolo positivo dell’Italia che si allunga. Inoltre si riduce l’inquinamento marittimo locale, si limita il processo di erosione delle coste, diminuisce l’impatto del gommato, ci saranno 15 mila posti di lavoro, rilancio del turismo e riqualificazione di tutta l’area”.

Allora nessuno disse niente, anzi.

Prima di lui fu Bettino Craxi nel 1985, segretario del Partito socialista che addirittura firmò una convenzione per costruire il Ponte: “Entro il 1994 sarà ultimato”.

In quello stesso anno, come riporta il sito ilsicilia.it, lo stesso Romano Prodi che allora era presidente dell’Iri dichiarò: “I lavori per la costruzione cominceranno al più presto”.

L’allora ministro dei lavori pubblici, Claudio Signorile, entrò nei dettagli: “Nel 1988 vedremo la posa della prima pietra e nel ‘96 la fine dei lavori”.

Certo, c’era ancora una sinistra non ideologica, che credeva nel progresso e nello sviluppo. Non erano ancora sorti o almeno non erano strutturati i verdi integralisti e i No Tutto. La sinistra pensava ai lavoratori e al lavoro e Marx non abitava gli attici dei centri storici e soprattutto non girava in monopattini elettrici.

In tempi più recenti, nel 2006- 2008, l’allora ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro si batté per il Ponte ma dovette cedere ai No Tutto, che allora avevano già iniziato la loro opera di congelamento dell’Italia.

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