Salis lancia l'allarme carceri: "L'Italia viola i diritti dei detenuti. San Vittore? Un inferno"
La visita dell'eurodeputata nel penitenziario milanese. "Molti si tagliano con le lamette da soli, l’autolesionismo è un fenomeno quotidiano"
Ilaria Salis: "Bisogna andare verso il superamento delle carceri. In quei luoghi, anche se entri pulito esci criminale"
Ilaria Salis è tornata in carcere, ma questa volta non da detenuta ma da eurodeputata, per verificare le condizioni in cui vivono i detenuti. L'esponente di Avs è andata a San Vittore a Milano e lo ha descritto come "un inferno". Sono passati tre mesi da quando ha riguadagnato la libertà dopo l'arresto in Ungheria ma il ricordo di quei momenti vissuti in cella a Budapest non l'ha mai abbandonata. "Mi sono rivista - spiega Salis a La Repubblica - nelle stanze soffocanti, dove dormono in tre e non possono alzarsi dalla branda perché non hanno spazio. Ho rivissuto la sensazione di smarrimento quando i detenuti stranieri che ho incontrato mi hanno detto che sono dentro da due mesi e non hanno ancora potuto fare una telefonata".
Leggi anche: Le detenute di Torino contro Salis: "Perché lei è tornata libera? Ora candidateci tutte"
"Ho visto - spiega - lunghi corridoi con celle chiuse e braccia che spuntano dalle sbarre piene di ferite e fasciature. Molti si tagliano con le lamette da soli, l’autolesionismo è un fenomeno quotidiano". San Vittore è stata la prima incursione in un penitenziario per l’eurodeputata che ha conosciuto il carcere ungherese per necessità, e ora - prosegue La Repubblica - vuole conoscere quelli italiani per missione politica. Ne seguiranno altre, di visite. "Io però credo - continua Salis - che si debba andare verso una società che superi il carcere. Davanti ai rapporti di ingiustizia un approccio è l’espulsione delle persone dalla società, chiuderle in un luogo per sentirsi al sicuro e non prendersene più carico. Io penso invece che si debba lavorare sulle cause, sulla prevenzione, creando una società basata sulla giustizia e l’uguaglianza. Poi c’è sempre chi sbaglia, l’obiettivo deve essere il reinserimento nella società, invece di concentrare un sacco di persone in un unico luogo dove anche se entri pulito esci criminale".