Se vince il Cdx Saviano emigra. E' una promessa o una minaccia?
Salvini lo querela per la spia russa
Insieme ad alcuni intellettuali radical-chic Saviano paventa la vittoria del centrodestra e il suo successivo abbandono dell’Italia
Come al solito ha iniziato Roberto Saviano che non riesce proprio a non esternare più di un paio d’ore e così attacca il leader della Lega: “La notizia di una spia russa alla base Nato di Napoli può davvero stupirci? I più fedeli sostenitori di Putin li abbiamo avuti, per anni, soprattutto in politica. Silvio Berlusconi è colui che ha aperto le porte al leader del Cremlino. La loro “bromance”, così l’hanno definita i media, è stato uno spettacolo indecoroso: l’apice si è raggiunto quando, alla domanda di una giornalista rivolta a Putin, ospite di Berlusconi in Sardegna, questi ha risposto mimando il gesto di un mitra… A due anni dalla morte di Anna Politkovskaja, uccisa nell’androne di casa nel giorno del compleanno del presidente russo. Sull’ambiguità dei rapporti di Salvini e Putin è davvero necessario aggiungere altro? In ogni caso, la comunicazione di Salvini sulla guerra in Ucraina, il suo non aver mai preso le distanze, se non con una conveniente (e finta) svolta pacifista, sono circostanze che parlano da sole…”
Al che Matteo Salvini replica: “Io ho sempre difeso l’interesse nazionale italiano, nel mio Paese e nel mondo, a testa alta. A prendere i soldi dei russi per anni sono stati i comunisti tanto cari a Saviano, non certo i leghisti. Da ministro ho combattuto le mafie coi fatti, con leggi e sequestri, abbattendone ville e confiscandone patrimoni. C’è chi chiacchiera e copia, c’è chi fa e ottiene risultati. P.S. Caro Roberto, hai vinto una querela che spero servirà a portare soldi a qualche associazione di volontariato che combatte la mafia coi fatti, non con le parole”.
Ma il linguacciuto autore di gialli napoletano non demorde e vuole l’ultima parola: “Salvini spera forse di potermi querelare di nuovo su carta intestata del Viminale con l’appoggio del governo… come ha fatto al tempo del Conte I. Ma pare ignorare che quella foto sulla piazza Rossa e tutta la sua sperticata difesa di Putin, da lui definito come leader democratico mentre ammazzava i suoi oppositori politici, renderà impossibile questa eventualità. Se poi mi vuole querelare, che lo faccia. Magari avrà voglia di venire a riferire sotto giuramento sui suoi rapporti con il regime russo”.
Si dirà una delle tante querelle (non querele) estive che infarciscono le afose giornate di caldo spropositato. In questa campagna elettorale sono a decine ogni giorno, razzi che illuminano il cielo della politica, ma questa è particolare perché Saviano non è un autore qualsiasi. Infatti, grazie al suo romanzo d’esordio Gomorra, con cui ancora ci campa (i romanzi successivi hanno avuto un successo prossimo allo zero), Saviano viene considerato il paladino della giustizia sociale, l’antimafia – man, il virtuoso e archetipale Saggio della Montagna.
Il che non sarebbe invero male perché denoterebbe un grande coraggio ed impegno civile se non fosse che Saviano ha due peccati originali.
Il primo è che Gomorra è stato inizialmente un grande romanzo–verità di denuncia di una realtà terribile, ma poi l’autore non è più stato capace di staccarsene come capita spesso agli autori di un personaggio famoso. Inoltre Saviano ha vissuto - come detto - proprio di questo successo in maniera inusitata, partecipando anche alla creazione delle infinite serie televisive che hanno ammorbato il pubblico italiano, alla fine annoiandolo, producendo anche una reazione dei magistrati anti – mafia che hanno visto il concreto pericolo di emulazione dei personaggi negativi.
Saviano ha sfruttato Gomorra per fare carriera. Ora vive a New York e c’ha la scorta.
Leonardo Sciascia parlò tanti anni fa di “professionisti dell’anti–mafia” e di lui si potrebbe dire “professionista dell’anti – camorra”, così lo definì nel 2009 l’allora Procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia.
Tutta la sua carriera è stata costruita solo su questo tema, definito ormai il “gomorrismo”.
Il secondo è che Saviano è un autore politicizzato, il che gli fa perdere gran parte della sua credibilità come Saggio della Montagna.
Il suo essere smaccatamente di sinistra estrema lo fa rintoccare come una campana fasulla.
Ogni suo giudizio, sia pur accettabile dal punto di vista della critica sociale, viene sempre letto e filtrato attraverso la lente di una smaccata ideologia.
Con il che è finito per essere considerato solo come un partigiano nel senso peggiorativo del termine, come uno che è costretto sempre e comunque a tirare l’acqua al suo mulino.
Saviano appare uno scrittore poco coraggioso che non ha fino in fondo il coraggio delle sue azioni.
Pontifica, fa di fatto politica, ma non si presenta mai al giudizio degli elettori. Facile fare il politico con il deretano degli altri.
Insieme ad alcuni intellettuali radical-chic paventa la vittoria del centrodestra e il suo successivo abbandono dell’Italia, ma a questo punto con gli attuali sondaggi la sua è una promessa o una minaccia?