Schlein in ripresa, Meloni in calo: l'inutile ossessione per i sondaggi

De Gasperi amava ripetere che "un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista guarda alla prossima generazione"

di Vincenzo Caccioppoli
Giorgia Meloni, 46 anni, premier dal 22 ottobre 2022. Elly Schlein, 37 anni, segretaria del Pd dal 12 marzo 2023
Politica

Schlein e Meloni: l'ossessione italiana per i sondaggi

Da quando Elly Schlein ha sconfitto il suo rivale Stefano Bonaccini, conquistando la segreteria del Pd, è partita la caccia ad analizzare gli spostamenti percentuali del consenso dei vari partiti negli ormai quasi quotidiani sondaggi politici. Al di là della felicità dei sondaggisti, che ormai sono stati reclutati nell’ampia pletora dei commentatori politici, negli altrettanti frequenti salotti di approfondimento politico televisivo e radiofonici, questo vezzo tutto italico, certamente non aiuta la politica e i politici. Ed è anche per questo motivo che forse in Italia, nei momenti di grande difficoltà, si ricorre, forse troppo spesso, all’ausilio di un governo cosiddetto tecnico, che scevro da qualsiasi tipo di interesse elettorale, può prendere anche decisioni magari impopolari, senza temere nessun tipo di contraccolpo a livello di consenso elettorale. 

Perché in questo caso non può non venire in mente il celebre aforisma di un grandissimo uomo politico italiano unanimemente riconosciuto Alcide De Gasperi, quando affermò che “un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista guarda alla prossima generazione”. Ed è proprio di questo che per anni è il mantra che viene utilizzato dall’antipolitica per far risaltare come i politici guardino troppo al consenso elettorale e meno all’interesse comune. I sondaggi devono essere considerati per quello che sono, rilevazioni statistiche, spesso divergenti le une dalle altre, che devono essere valutate con la giusta misura da parte di tutti. Perché il rischio è quello di generare illusioni, speranze, dissidi e fraintendimenti che non giovano certo né a chi sta al governo, ma nemmeno a chi sta all'opposizione.

Senza contare che gli stessi sondaggi (forse occorrerebbe una maggiore attenzione nella loro diffusione perché come si sa le esagerazioni sono sempre nocive ) sono assai illusori e soprattutto poco indicativi sul lungo periodo, perché essendo frutto delle impressioni momentanee di singoli cittadini, si prestano a componenti, non ultima la contingenza del momento e la spinta emotiva di determinati avvenimenti o fatti dell’attualità che possono portare ad interpretazioni difformi e a volte fuorvianti, il cui loro sentire e la percezione cambiano nel tempo. 

Ed è proprio questo che può portare i politici ad agire spinti da ragioni differenti da quelli che dovrebbero invece motivare l’azione politica, soprattutto se ricoprono ruoli di governo. Chi governa ( ma anche nel rispettivo ruolo chi sta all’opposizione) dovrebbe farlo senza la necessità e l’affanno derivanti dalla rincorsa affannosa al consenso. Questo dovrebbe essere la conseguenza dell'azione politica e non viceversa. Purtroppo questo troppo spesso non è avvenuto, soprattutto da quando sulla scena politica è apparso Silvio Berlusconi, che è stato il vero mentore dei sondaggi e della politica spettacolo, basata sugli slogan e sulle frasi e le azioni ad effetto. Ma alla lunga, senza scomodare gli statisti di de gasperiana memoria, questo tipo di atteggiamento non può che ritorcersi contro chi lo pratica

Gli esempi in questi anni si sprecano, a cominciare dall' exploit di Matteo Renzi nel 2014 con il Pd, fino a quello della Lega di Salvini nel 2018-2019, per arrivare a quello della nascita e della crescita del movimento dei grillini. Tutti casi che dimostrano ampiamente come governare guardando al facile consenso e ai movimenti dei sondaggi ( i 5 stelle sono state una grande operazioni di marketing del guru del settore Gianroberto Casaleggio supportato da un comico, Beppe Grillo, abilissimo a sfruttare sempre il tema caldo del momento per costruire una carriera ) portano inevitabilmente ad un cortocircuito che fa perdere il contatto con quella che è la realtà che ci circonda, e che spesso come il successo da alla testa ma è effimero.

Giorgia Meloni, e questo bisogna certamente dargliene atto, ha preso provvedimenti e decisioni a volte scomode, come quella sulle accise sui carburanti, che certamente ha rappresentato un primo stop della crescita senza sosta nei sondaggi, così come tutta l'architrave della legge di bilancio, in cui per la prima volta non si è assistito al classico assalto della diligenza, che portava i politici a cercare di afferrare al volo un capitolo di spesa per far contento il suo bacino elettorale di riferimento

In questo la premier ha cercato di tenere la barra dritta, per quanto possibile, e anche adesso che i sondaggi vedono un calo di popolarità sia in termini di fiducia personale che di consenso al suo suo partito, fisiologico in parte  se vogliamo, dopo anni di crescita senza sosta, la sua azione di governo giustamente non sembra troppo influenzata da questi refoli di vento. Non si sa ora se la sua rivale Elly Schlein, che appare  altrettanto concreta e poco propensa ai troppo facili proclami, non si faccia troppo lusingare e esaltare da sondaggi favorevoli, che vedono premiare, proprio grazie al suo arrivo, il suo partito, tornato sopra il 20%, dopo un lungo periodo che pareva prevedere un lento ed inesorabile declino senza fine.

Anche perché anche se in misura minore la stessa cosa era accaduta con l’arrivo alla segreteria del partito di Enrico Letta ( e sappiamo tutti come è andata a finire). Le conseguenze potrebbero anche essere esiziali sia per lei che per il suo partito. La Meloni non ci pare che l'abbia fatto né all'opposizione né tantomeno oggi al governo, e forse questo sta anche alla base del suo grande successo. Se la Schlein che al di là dei naturali distinguo e delle ovvie differenze, se vorrà provare ad emularne le gesta, non potrà che seguire il suo esempio anche e soprattutto su questo aspetto.

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