Schlein sotto attacco dopo il ko alle amministrative: Pd verso la scissione?

La batosta alle amministrative manda un messaggio politico nazionale evidente: nel partito c'è divisione, nell'elettorato insoddisfazione

Di Massimo Falcioni
Elly Schlein
Politica

Pd sotto sopra dopo il ko tecnico alle amministrative, i dem non pensino solo ai diritti LGBTQ+ ma anche a temi concreti come lavoro e pensioni. Il commento 

Fatti due conti, dopo la botta nelle parziali elezioni amministrative del 28 e 29 maggio e la successiva figuraccia alla Ue dove gli europarlamentari del Pd non seguono la linea del segretario e sulla legge a sostegno della produzione di munizioni pro Ucraina votano in tre modi diversi (10 a favore, 4 astensioni, un voto contrario), si potrebbe dire che Elly Schlein, se non cotta, è sui carboni ardenti. E sono passati solo tre mesi dalla sua elezione alla guida del Partito Democratico. La batosta alle amministrative può essere considerata “questione locale”.

Tuttavia, il messaggio politico nazionale è evidente: nel partito c’è divisione, nell’elettorato c’è insoddisfazione. Altro discorso sul voto Ue dove la linea della neo leader sull’ Ucraina era stata netta: “Il Pd ha due punti fermi: non abbiamo dubbi sul pieno supporto all’Ucraina con ogni mezzo necessario per la difesa, così come siamo favorevoli all’avanzamento di una difesa comune europea”.

Poi, la realtà, con una parte dei suoi europarlamentari che le hanno voltato le spalle, cartina del tornasole di una situazione tesa – su questo nodo dove il motto è “meno armi e più pace” e su altri nodi quali immigrazione clandestina, sicurezza del territorio, mantenimento dell’ordine sociale – dentro il Pd, nei suoi gruppi dirigenti, fra gli iscritti e gli elettori.

Il clima interno al Pd era già surriscaldato dopo la batosta del voto nei comuni, specie in mancanza di una attenta analisi politica, con la segretaria che aveva affidato a un breve messaggio su Instagram il suo giudizio: “A chi pensa che sia finita, io dico che abbiamo solo cominciato: il cambiamento non è un pranzo di gala, è scomodo. Abbiamo un lavoro lungo davanti”.

Apriti cielo! Schlein citava Mao Tse-Tung: “Il cambiamento non è un pranzo di gala. La rivoluzione è un'insurrezione, un atto di violenza con il quale una classe ne rovescia un'altra". Sintetizzando: non è un pranzo di gala ma un atto di violenza. E questo la dice lunga sulla Schlein che attinge al pensiero del dittatore cinese, lo fa suo e, appunto, lo cita per rilanciare il Partito democratico. Altro che Gramsci: “Ogni movimento rivoluzionario è romantico per definizione. Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza”.

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Poi, si sa, fra Mao e Gramsci, ci si può ritrovare in mezzo al guado, se il partito è tutto preso nella difesa dei diritti Lgbtqia+, diritti sacrosanti… ma non popolari come il lavoro, le pensioni, la pace. La domanda s’impone: nel Pd siamo all’ennesima resa dei conti, a un’altra scissione annunciata? Base Riformista, la corrente degli ex renziani, è già all’ultimatum: “O si cambia tutto, o ce ne andiamo”.

Le elezioni europee fra un anno sono già qui. Qual è il messaggio che Schlein lancia agli italiani? Se passa l’idea che Schlein sbanda fra Mao e i diritti Lgbtqia+, non c’è scampo per questo Pd e per questa sinistra sempre “fuori tema”.

Così, Meloni, la sua destra nuova nella sostanza o riverniciata, hanno la strada spianata. Il rischio, per la Schlein, ma anche per il Pd tutto, è di rimanere in mezzo al guado, come accadde, in tutt’altro contesto nazionale e internazionale e facendo le debite differenze, a Berlinguer, isolato nel movimento comunista e mai accolto nella sinistra europea e nell’establishment occidentale, Usa in testa. Allora il Pci (34,3% alle Eureopee 1976) fu bocciato, obbligato a stare all’opposizione, perché, pur impegnato nella sua “via italiana al socialismo” restava prigioniero della sua identità marxista e comunista. Così la sinistra italiana si consumerà poi nel braccio di ferro fra Berlinguer e Craxi.

Il fallimento di quella sinistra, incapace di costruire un’alternativa alla Democrazia Cristiana, non può essere addebitato solo a una parte, quella craxiana. L’Italia ha oggi bisogno della politica vera su questioni che non si limitino ai nuovi diritti, pur importanti, ma che tornino a mettere al centro il modello di società, il livello di democrazia, le disuguaglianze, il lavoro, il nodo immigrazione, la coesistenza pacifica globale. L’Italia ha bisogno di partiti veri, organizzati, base della formazione dei gruppi dirigenti selezionati dal basso, partiti che vadano oltre la gestione amministrativa della realtà.

C’è bisogno di persone, autentiche, portatrici di un progetto politico concreto, non solo predicatori di un mondo che non c’è e che mai ci sarà. Elly Schlein, affronti a viso aperto, “primus inter pares”, la battaglia politica, dentro e fuori il partito e dimostri, con i fatti, qui e subito,  che ha un proprio progetto politico valido per il Paese, che non è la “donna dell’armocromia”, una carneade già con la valigia in mano.    

 

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