Tentata estorsione ad Appendino: chiesti 9 anni per ex portavoce della sindaca

Luca Pasquaretta è accusato di peculato, traffico di influenze e tentata estorsione ai danni della prima cittadina e dell'ex viceministra Castelli

di redazione politica
Politica

Caso Appendino, la procura di Torino chiede 9 anni di carcere per l'ex portavoce della sindaca

Una dura richiesta di condanna, quella avanzata dalla procura di Torino alla fine del processo in corso a Luca Pasquaretta, l’ex portavoce della sindaca Chiara Appendino, che oggi è deputata del Movimento 5 stelle. L'imputazione: peculato, traffico di influenze e tentata estorsione.

L’esponente della pubblica accusa ha anche chiesto di trasmettere alla procura gli atti del processo per valutare la genuinità della testimonianza di Appendino e di Laura Castelli, ex viceministra dell’Economia e parlamentare dei 5 stelle (poi uscita dal Movimento al seguito di Luigi di Maio). Secondo i pm le due politiche sono state vittima di una tentata estorsione di Pasquaretta. Appendino e Castelli non si erano costituite parti civile.

Pasquaretta, riporta il Fatto Quotidiano, è a processo per una vicenda che riguarda una consulenza pagata con 5mila euro (poi restituiti) per l’edizione del Salone del Libro di Torino del 2017. Consulenza che per la procura sarebbe fasulla e che era stata assegnata al giornalista, all’epoca portavoce della sindaca Appendino, solo per consentirgli di aumentare le sue entrate. “Pasquaretta – ha detto il pm durante la requisitoria, riportata da LaStampa.it – non ha mai svolto il lavoro di supporto alla Fondazione del Libro per il quale è stato pagato. Nessuno lo ha visto in sala stampa, i comunicati non erano né prodotti né supervisionati da lui. Quell’incarico è stato una messa in scena per consentirgli di guadagnare più soldi, cosa che lui stesso aveva sollecitato, ma per un lavoro che non ha mai svolto: ha solo accompagnato pedissequamente Appendino, ruolo per il quale era già pagato dal Comune. Tanto che – e questo ce lo dicono i tabulati e i badge – quando Appendino è al Salone lui si trova lì, quando la prima cittadina è altrove lui risulta presente in Comune. Quel pagamento da 5mila euro è solo stato un modo di aggirare il tetto stipendi che il Movimento Cinquestelle riteneva per motivi di immagine insuperabile”.

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Caso Appendino, la presunta tentata estorsione ai danni della sindaca e dell'ex viceministra Castelli

Dall’inchiesta, riporta ancora il Fatto Quotidiano, era emersa anche un’altra vicenda, quella relativa a una tentata estorsione di Pasquaretta nei confronti di Appendino e di Castelli, per la quale era poi andato a lavorare in qualità di addetto stampa. In pratica, secondo la procura, dopo l’esplosione della vicenda Pasquaretta aveva fatto pressione sulle due politiche. “Pasquaretta – ha sostenuto il pm – una volta scoppiato il bubbone politico sull’inopportunità di quell’incarico, e divenuta pubblica l’inchiesta a suo carico, comprendendo che il Movimento era contro di lui e avrebbe dovuto lasciare l’incarico in Comune, inizió a minacciare. Disse all’ex assessore Sacco che si era preso un avviso di garanzia per gli altri. E che non se ne sarebbe andato fino a quando non fosse saltato fuori in incarico di pari stipendio. E così avvenne quando – naufragata l’operazione di diventare portavoce dell’europarlamentare Beghin – l’onorevole Castelli decise di aumentare lo stipendio a Pasquaretta da 600 a 2000 euro al mese”.

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